
I contenuti dell'articolo:
In marcia con i lupi
Titolo originale: Marche avec les loups
Anno: 2019
Nazione: Francia
Genere: Documentario
Casa di produzione: MC4, Paprika Films
Distribuzione italiana: Wanted Cinema
Durata: 88 minuti
Regia: Jean-Michel Bertrand
Sceneggiatura: Jean-Michel Bertrand
Fotografia: Marie Amiguet, Boris Jolliet
Montaggio: Laurence Buchmann
Musiche: Armand Amar
Attori: Jean-Michel Bertrand
Trailer di “In marcia con i lupi”
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
Il regista francese Jean-Michel Bertrand nasce nel 1959 a Saint-Bonnet, pittoresca capitale del Champsaur, nel cuore delle Hautes-Alpes. In una terra in cui vallate fertili si intrecciano alla severità delle alte montagne, fin da giovane mostra scarso interesse per la scuola, preferendo perdersi nella natura e nella solitudine delle cime, in compagnia degli animali. A soli 16 anni inizia a lavorare, alternando l’insegnamento dello sci al ruolo di piantatore di alberi per l’Office National des Forêts.
Profondamente legato all’ambiente sin dall’infanzia, Bertrand viaggia in tutto il mondo, spinto dal desiderio di esplorare e documentare paesaggi remoti. Appassionato di immagini, realizza il suo primo lavoro in Islanda, ottenendo il primo premio al Festival des Films de Grands Voyageurs di Super Dévoluy. Da allora non ha mai smesso di filmare: a Belfast e Dublino documenta la vita dei bambini di strada che allevano cavalli, mentre in Mongolia segue per un anno la quotidianità nomade, lontana dal caos urbano.
Tornato in Francia, intraprende un progetto più intimo: la ricerca della propria aquila interiore, creatura mitica che abita da sempre la sua immaginazione. Nel paesaggio familiare delle sue montagne, filma con ostinazione lo sguardo rivolto al cielo, fino a un incontro che segnerà per sempre la sua opera. Nel 2009 conclude le riprese di Vertige d’une rencontre, che con tenerezza e ironia racconta la vita nascosta degli animali selvatici.
Nel 2015 inizia a girare La vallée des loups, uscito nel 2016 e accolto con entusiasmo dal pubblico, superando i 200.000 spettatori. Il film segna l’inizio di una nuova fase del suo percorso, proseguita con Marche avec les loups, ulteriore capitolo della sua esplorazione poetica e selvaggia della natura.
Ho trascorso tre anni cercando di avvicinarmi a un branco di lupi selvatici in una valle remota delle Alpi. Questa avventura mi ha portato ben oltre quello che avevo immaginato… L’immersione nella natura è un modo molto rituale di operare nel territorio dove i lupi mi hanno permesso di penetrare. Dopo lunghi mesi di domande e dubbi, di preparazione e pazienza, sono riuscito ad essere tollerato dal branco. Ho potuto finalmente incontrare gli occhi del mitico predatore e persino vedere i cuccioli crescere. Ma alla fine di questo magnifico viaggio, è sorta la domanda sui limiti di questa intimità… Il lupo non ha solo ammiratori. Io sono un essere umano e l’animale braccato sa che non deve mai abbassare la guardia. Così, alla fine di questi tre anni straordinari, ho deciso di lasciare il territorio e di lasciarli stare.. Quindi sì, ho dovuto lasciare la valle, ma ora so che mi aspetta un nuovo viaggio. Un viaggio che mi darà molte risposte. Questa opportunità mi è stata data dai lupi stessi. I complessi meccanismi che regolano la vita sociale dei lupi e l’organizzazione del branco hanno suscitato la mia curiosità e mi hanno portato a ripartire al loro fianco, senza sapere dove e per quanto tempo. Una nuova immersione, una nuova ossessione e un nuovo respiro di libertà… – Cit. di Jean-Michel Bertrand
Marche avec les loups, dopo essere stato presentato in anteprima mondiale al Festival Salamandre (Svizzera) il 19 ottobre 2019, e distribuito nei cinema francesi a partire dal giorno seguente, arriva in Italia soltanto nel 2025 grazie a Wanted Cinema, che propone il lungometraggio documentario — diretto da Jean-Michel Bertrand — dal 16 al 18 giugno.
Questo film rappresenta il secondo capitolo di una sorta di trilogia cinematografica firmata dal cineasta, iniziata nel 2016 con La vallée des loups e proseguita nel 2023 con Vivre avec les loups: tre opere incentrate sul mondo del lupo e sulle complesse dinamiche di convivenza tra animali selvatici e esseri umani.
Trama di “In marcia con i lupi”
Un viaggio attraverso le Alpi, tra paesaggi incontaminati e zone fortemente urbanizzate, fino al raggiungimento di una remota capanna immersa in una foresta del Giura. Per un anno e mezzo, Jean-Michel Bertrand ha seguito da lontano — e con estrema discrezione — i movimenti di un giovane lupo in dispersione, cercando di decifrarne il comportamento complesso, al di là delle dinamiche sociali tra simili e delle difficoltà nel trovare un partner.
Attraverso questa osservazione silenziosa e paziente si racconta la condizione dei lupi erranti, costretti a varcare territori già occupati da altri branchi — spesso ostili — oppure ad attraversare ambienti sempre più modellati dalla presenza umana: villaggi, strade trafficate, distese industrializzate. A tutto ciò si aggiunge la costante minaccia dei cosiddetti “prelievi”, abbattimenti legalizzati da chi ancora considera il lupo un pericolo.
Ne scaturisce una domanda tanto semplice quanto cruciale: chi è il vero invasore? L’esperienza cinematografica si trasforma così in un viaggio immersivo, quasi ancestrale, alla riscoperta di un mondo selvatico e fragile, in cui ogni equilibrio naturale reclama protezione. Il lupo diventa emblema di resistenza, di adattamento, di speranza: avamposto di un territorio che può ancora accogliere vita nuova e libertà.
Recensione di “In marcia con i lupi”
Un film tematicamente urgente, che andrebbe mostrato nelle scuole per avvicinare i giovani — gli adulti di domani — alla madre terra con una nuova consapevolezza interiore e una comprensione più profonda del significato di vivere in armonia con il mondo naturale.
L’essere umano adotta da secoli una visione spiccatamente antropocentrica del pianeta, tendendo a modellare l’ambiente a proprio favore, ignorando le esigenze del mondo animale e anteponendo in maniera esclusiva la propria sicurezza. Una sicurezza che giustifica, troppo spesso, l’uccisione sistematica di tutte le specie ritenute pericolose — anche solo potenzialmente. L’essere umano, invece di percorrere vie pacifiche e intelligenti nella gestione della convivenza con animali selvatici e grandi predatori, preferisce ricorrere alle armi, trascurando la ricerca di un equilibrio naturalistico che andrebbe invece custodito e rispettato.
Marche avec les loups, come già accade in altri documentari naturalistici — si pensi a Pericolosamente vicini (2024) — affronta con forza questa frattura tra civiltà e natura, tra predatore e umano. Sebbene non si tratti di una tematica rivoluzionaria, resta una questione di straordinaria importanza, soprattutto alla luce della vocazione espansiva dell’essere umano, che distrugge a ritmo crescente paesaggi incontaminati per costruire alberghi, case, sentieri e insediamenti, allontanandosi progressivamente dalla propria appartenenza alla natura.
Il film si configura così come un’opera di denuncia etica contro una mentalità predatoria che giustifica ogni gesto con l’esigenza di “sicurezza”. Emblematica in tal senso la sequenza della volpe impiccata: un momento crudo e sconvolgente, simbolo della crudeltà gratuita dell’uomo, che è anch’esso un predatore — non diverso, in fondo, dal lupo.
Eppure, attraverso una riflessione intima e rispettosa, il cineasta ci mostra come sia possibile condividere gli stessi spazi, convivere con la fauna selvatica — dai lupi alle volpi — senza timore, con rispetto e fiducia. In questo senso sono profondamente affascinanti le sequenze di montaggio che raccolgono le immagini catturate da telecamere nascoste: fotogrammi in cui si alternano cacciatori, podisti e animali — lupi, cerbiatti, volpi — nel medesimo luogo, spesso senza che l’uomo ne sia consapevole. La natura e l’uomo coabitano. Lo hanno sempre fatto. Ma siamo stati noi, lungo i secoli, ad allontanarci da ciò che eravamo.
Accanto alla tematica ecologica che prende forma nella seconda parte della pellicola, la narrazione si concentra su un altro aspetto fondamentale: la dispersione dei giovani lupi, osservata nel tentativo di comprendere meglio la territorialità dei grandi predatori e l’equilibrio numerico all’interno dei branchi. Vediamo così Jean-Michel Bertrand immergersi nel cuore della natura selvaggia, attraversando paesaggi invernali ostili, dormendo all’aria aperta o in una caverna, allestendo telecamere nascoste e seguendo — con rispetto e distanza — le tracce di un giovane lupo in dispersione. Con l’ausilio di un semplice smartphone, osserva da lontano, raccogliendo segnali, tracce e movimenti. Lo scopo è duplice: scovare e inseguire l’animale nel tentativo di comprenderne il cammino solitario, le sfide territoriali contro branchi rivali e, soprattutto, l’interazione con il mondo umano.
In questo senso, la pellicola assume i tratti di un film on the road documentaristico, in cui Bertrand — in solitudine o forse affiancato da una piccola troupe — attraversa le Alpi affrontando condizioni climatiche complesse, fino a spingersi ai margini del Giura, seguendo le orme di un lupo errante in cerca di un nuovo territorio dove stabilirsi. L’osservazione però non va come sperato: il cineasta perde le tracce del lupo per lungo tempo, fino a un’apparizione finale — forse lui, forse no. Ma il dubbio, in questo racconto, è parte della verità.
Il film ruota attorno alla figura del Canis lupus, una specie sociale le cui popolazioni sono organizzate in gruppi familiari (i branchi), composti da una coppia riproduttiva dominante e dai cuccioli dell’anno, talvolta con la presenza residua di un paio di esemplari dell’anno precedente. In Francia, i branchi contano generalmente da due a sei individui alla fine dell’inverno, raramente più di otto. Il territorio di ciascun branco varia in base all’abbondanza e alla distribuzione delle prede, oscillando sulle Alpi tra i 200 e i 400 km². La riproduzione avviene una sola volta all’anno, con cucciolate da 4 a 8 piccoli, ma il tasso di mortalità nel primo anno è elevato. I giovani lupi abbandonano il branco tra i 2 e i 4 anni: questi individui in dispersione (l’esempio qui indago è esattamento uno di questi) rappresentano dal 10 al 40% della popolazione e, inesperti e vulnerabili, si ritrovano a cacciare da soli in territori sconosciuti, esposti ai pericoli della solitudine e del mondo umano.
Il film, pur offrendo immagini documentaristiche di straordinaria qualità — dalle riprese ravvicinate degli animali ai suggestivi panorami — presenta una significativa lacuna: una narrazione non sufficientemente profonda e dettagliata sul modo di vivere del lupo grigio, soprattutto nella prima parte del racconto. In questo senso, per comprendere a fondo questi animali, sembra quasi imprescindibile la visione del primo capitolo della trilogia firmata dal cineasta.
L’assenza di un racconto più strutturato e descrittivo della vita del lupo indebolisce la componente empatica della pellicola: lo spettatore fatica a instaurare un legame emotivo con l’animale — con quel giovane lupo che dovrebbe essere il cuore del film. Bertrand non riesce a generare quella sintonia narrativa che altri documentari naturalistici sanno creare, rendendo le storie animali epiche, coinvolgenti, quasi mitiche. E non solo: fatichiamo anche a entrare in empatia con il protagonista umano. Intuiamo la sua curiosità, la sua dedizione, ma restiamo spettatori distanti. Questa doppia frattura — con l’animale e con l’uomo — produce nel tempo una certa monotonia narrativa, accentuata da un ritmo statico e privo di picchi emotivi, sia di tensione che di dolcezza.
È un film che racconta, ma lo fa con una regia e un montaggio che non riescono a infondere forza drammaturgica alla narrazione documentaristica. Nessun artificio, nessuna finzione: solo un anno e mezzo di riprese, restituito nella sua nudità, senza costruzione narrativa, senza arco trasformativo. Il viaggio di Jean-Michel Bertrand viene mostrato per quello che è — contemplativo, sincero, ma forse, narrativamente, troppo piatto.
In conclusione
In marcia coi lupi è un documentario che vale la visione per chi desidera riconnettersi alla natura con uno sguardo più consapevole e rispettoso. È un’opera che si rivolge a un pubblico sensibile alle tematiche ambientali, capace di cogliere la forza simbolica e la delicatezza del rapporto tra uomo e animale. Tuttavia, l’assenza di un vero arco narrativo e una regia poco dinamica potrebbero limitarne l’impatto emotivo su chi cerca una narrazione più avvolgente e costruita. Ideale per chi ama l’osservazione lenta e sincera, meno per chi si aspetta un racconto emozionalmente trascinante.
Note positive
- Tematica ecologica urgente
- Approccio rispettoso e contemplativo all’osservazione animale
Note negative
- Narrazione debole nella prima parte
- Assenza di connessione emotiva con il protagonista e l’animale
- Ritmo monotono e poco drammaturgico
L’occhio del cineasta è un progetto libero e indipendente: nessuno ci impone cosa scrivere o come farlo, ma sono i singoli recensori a scegliere cosa e come trattarlo. Crediamo in una critica cinematografica sincera, appassionata e approfondita, lontana da logiche commerciali. Se apprezzi il nostro modo di raccontare il Cinema, aiutaci a far crescere questo spazio: con una piccola donazione mensile od occasionale, in questo modo puoi entrare a far parte della nostra comunità di sostenitori e contribuire concretamente alla qualità dei contenuti che trovi sul sito e sui nostri canali. Sostienici e diventa anche tu parte de L’occhio del cineasta!
| Regia |
|
| Fotografia |
|
| Sceneggiatura |
|
| Colonna sonora e sonoro |
|
| Emozione |
|
|
SUMMARY
|
2.9
|

