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Incanto
Titolo originale: Incanto
Anno: 2025
Nazione: Italia
Genere: Family, Sentimentale, Fantasy
Casa di produzione: Propaganda Italia, Rai Cinema
Distribuzione italiana: Adler Entertainment
Durata: 96 minuti
Regia: Pier Paolo Paganelli
Sceneggiatura: Pier Paolo Paganelli, Jacopo Del Giudice, Davide Rossetti
Fotografia: Martina Cocco
Montaggio: Manuel Grieco
Musiche: Mattia Carratello, Stefano Ratchev
Attori: Vittoria Puccini, Mia McGovern Zaini, Claudio Gregori, Giorgio Panariello, Mia Benedetta, Stefano Pesce, Zackary Delmas, Giorgio Colangeli
Trailer di “Incanto”
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
“Incanto” è un film per famiglie, dalle note fantastiche, diretto da Pier Paolo Paganelli e interpretato da Mia McGovern Zaini, Vittoria Puccini, Claudio Gregori, Giorgio Panariello, Mia Benedetta, Stefano Pesce e Giorgio Colangeli.
La pellicola, scritta dallo stesso regista, Jacopo Del Giudice e Davide Rossetti, esce il 3 luglio 2025. Il lungometraggio è prodotto da Propaganda Italia e Rai Cinema e distribuito da Adler Entertainment. È stato presentato al Bif&st – Bari International Film&TV Festival 2025.
Trama di “Incanto”
In punto di morte Ludovico affida la figlia di 10 anni Margot alla governante di casa, Felicia, chiedendo che la villa di famiglia venga trasformata in un orfanotrofio affinché la piccina possa crescere in allegria con altri bimbi. Ma la perfida Felicia vuole solo il patrimonio della piccola e non occuparsi di lei. Con la complicità del suo spasimante, Max, sfrutta i bimbi orfani e tiene Margot segregata e negletta al punto che la bimba si chiude in sé stessa e non parla più. Una notte però Margot riesce a fuggire e, superato il buio del bosco, s’imbatte in un circo. La bambina viene accolta da Charlie, il clown bianco, che la introduce al segreto che rende unico il loro circo: il grande vecchio tendone è magico. Accolta dalla sua nuova famiglia circense, Margot risplende e, senza nemmeno rendersene conto, ritrova la parola. Ma Felicia la sta cercando… Riuscirà la piccola a rivendicare le sue radici e liberarsi dalle grinfie della perfida tutrice?
Recensione di “Incanto”
“Incanto” è un film che affonda le radici nella grande tradizione delle fiabe europee, reinterpretandole attraverso un linguaggio visivo contemporaneo e una sensibilità narrativa che riesce a toccare corde profonde dell’animo umano, soprattutto, dei più giovani. Il film di Pier Paolo Paganelli è un racconto per famiglie, una riflessione complessa sui temi dell’abbandono, della resilienza e della capacità umana di rinascere anche dopo i traumi più profondi.
La storia di Margot, interpretata con naturalezza dalla giovane Mia McGovern Zaini, rappresenta un microcosmo delle sofferenze infantili che troppo spesso rimangono nascoste dietro le mura domestiche. La scelta del regista di ambientare la prigionia della protagonista in una villa storica trasformata in orfanotrofio non è casuale: l’edificio stesso diventa metafora di un passato glorioso corrotto dalla cupidigia umana, dove l’architettura nobiliare nasconde l’orrore della manipolazione e dell’abuso psicologico.
Mia McGovern Zaini offre una buona performance, riuscendo a comunicare attraverso gli sguardi e i gesti quella sofferenza muta che caratterizza i bambini traumatizzati. La sua evoluzione nel corso del film, dal silenzio alla riscoperta della parola, è resa con una delicatezza che evita ogni forma di melodramma artificioso. L’attrice riesce a incarnare quella fragilità infantile che si trasforma gradualmente in forza interiore, cadendo, ogni tanto, nella trappola della recitazione enfatica.
Vittoria Puccini, nei panni dell’antagonista Felicia, costruisce un personaggio complesso, un pò lo stereotipo della “cattiva di turno”. La sua interpretazione svela le sfaccettature di una donna che, pur commettendo atti deplorevoli, mantiene una credibilità psicologica che rende il suo personaggio inquietantemente reale. Puccini riesce a bilanciare la crudeltà con momenti di apparente normalità che rendono Felicia ancora più minacciosa, proprio perché riconoscibile nella sua banalità del male.
Una fiaba contemporanea tra ombre e luci
Giorgio Panariello abbandona i soliti registri comici per abbracciare una dimensione più malinconica. Il suo Charlie è il classico clown spensierato, un uomo che ha fatto della propria arte un mezzo per guarire le ferite altrui, trovando in questo processo la propria redenzione. Il circo immaginato da Paganelli non è un semplice spettacolo di intrattenimento, ma uno spazio sacro dove avviene la trasformazione interiore.
La scelta di presentarlo come un luogo dove “ogni persona, entrando nel tendone, ritrova se stesso” eleva la narrazione dal piano puramente realistico a quello simbolico-allegorico. Il tendone diventa una sorta di utero materno dove i personaggi possono rinascere, liberandosi dalle catene del passato. La fotografia accompagna questa trasformazione attraverso un uso sapiente della luce e del colore.
Le sequenze ambientate nella villa-orfanotrofio sono caratterizzate da tonalità fredde e sature, che creano un’atmosfera claustrofobica e opprimente. Al contrario, il mondo del circo esplode in una palette cromatica calda e vibrante, dove i rossi, i gialli e gli ori dominano la scena, creando un contrasto visivo che sottolinea la dicotomia tra prigionia e libertà. La fuga di Margot attraverso il bosco rappresenta un vero e proprio viaggio iniziatico, un passaggio simbolico dalla morte alla vita.
Il bosco, nella migliore tradizione fiabesca, diventa il luogo dell’incertezza e della paura, ma anche dello sviluppo del coraggio necessario per affrontare il futuro. La sequenza, anche se breve, è girata bene e riesce a rendere credibile l’angoscia della bambina senza mai risultare eccessivamente traumatica per il pubblico più giovane. L’incontro con il mondo circense rappresenta la scoperta dell’arte come strumento di guarigione.
Ogni artista che Margot incontra incarna una diversa forma di espressione creativa: dall’acrobazia alla musica, dalla giocoleria alla danza. Attraverso queste diverse discipline, la bambina non solo ritrova la voce, ma scopre anche la propria identità artistica, suggerendo che l’arte possa essere un linguaggio universale capace di superare qualsiasi trauma. “Incanto” affronta tematiche di attualità attraverso il filtro della narrazione fiabesca.
La magia del circo: simbolismo e realtà
Il tema dello sfruttamento minorile, dell’avidità che corrompe i rapporti umani e della resilienza infantile viene trattato con una sensibilità che riesce a essere incisiva, risultando, ogni tanto, didascalica. Il film, purtroppo, offre soluzioni semplicistiche ai problemi complessi che presenta; suggerisce che la famiglia possa essere scelta e costruita attraverso l’affetto e la solidarietà reciproca. La figura della famiglia allargata del circo rappresenta un modello alternativo di convivenza basato sull’accettazione delle diversità e sulla valorizzazione dei talenti individuali.
In un’epoca in cui i modelli familiari tradizionali sono in continua evoluzione, il film propone una visione inclusiva e accogliente che può risultare particolarmente significativa per il pubblico contemporaneo. Pier Paolo Paganelli dimostra una buona maturità registica nel gestire un cast misto di attori professionisti e giovani talenti. La sua direzione degli attori è efficace nel far emergere le sfumature emotive, ogni tanto, però, la recitazione risulta sopra le righe.
Il ritmo narrativo è calibrato con precisione, alternando momenti di tensione a sequenze più distese che permettono allo spettatore di elaborare emotivamente quanto sta accadendo sullo schermo. Dal punto di vista tecnico, il film si distingue per una fotografia che riesce a creare atmosfere diverse attraverso un buon uso dell’illuminazione. Le musiche, sobrie ma efficaci, accompagnano la narrazione senza mai sovrastare l’azione, creando un sottofondo emotivo che sostiene le performance degli attori.
Gli effetti speciali servono a creare atmosfera e a stupire, dimostrando una maturità produttiva che cerca in tutti i modi di equilibrare la sostanza e la forma. Il design dei costumi e delle scenografie del circo riesce a creare un mondo credibile ma al tempo stesso magico, dove la quotidianità si fonde con l’extraordinario. Se “Incanto” presenta alcuni momenti in cui la narrazione rischia di scivolare nel sentimentalismo eccessivo, la solidità dell’impianto drammaturgico e la qualità delle performance riescono a riportare il film sui binari di una narrazione equilibrata.
Alcuni passaggi della seconda parte potrebbero risultare leggermente prevedibili per un pubblico adulto abituato ai meccanismi narrativi del cinema mainstream, ma questo non compromette l’efficacia emotiva dell’opera nel suo complesso, soprattutto, per i ragazzi. Il finale non evita il facile happy ending. Una scelta che conferisce al film profondità, ma anche intrattenimento, suggerendo che la vera vittoria stia nell’eliminazione del male e nella capacità di costruire una nuova vita nonostante le ferite subite.
In Conclusione
“Incanto” si configura, quindi, come un’opera che offre ai più giovani una storia avvincente e ricca di magia, mentre agli adulti propone una riflessione sui temi della genitorialità, della protezione dell’infanzia e del potere trasformativo dell’arte. È un film che ricorda come il cinema possa ancora essere uno strumento di crescita e di comprensione, capace di unire intrattenimento e riflessione. Il risultato finale è un’opera cinematografica che utilizza gli archetipi fiabeschi per costruire una narrazione contemporanea sui temi universali dell’amore, della perdita e della rinascita.
Note Positive
- Regia
- Effetti visivi
Note Negative
- Ogni tanto la recitazione appare forzata
- Alcune dinamiche si concludono con troppa facilità
Regia |
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Fotografia |
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Sceneggiatura |
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Colonna sonora e sonoro |
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Intepretazione |
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Emozione |
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3.8
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