Intervista a Stefan Jäger, Maresi Riegner e Max Hubacher su Monte verità (2021)

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La pellicola storica – drammatica Monte Verità, arriva al cinema in Italia il 29 giugno 2023, dopo essere stata presentata al 74° Festival di Locarno.

Stefan Jäger – Regista

“Monte Verità” trae origine dalla stessa modalità che la gente del Monte Verità avrebbe messo in campo quando fondò la comunità intorno al 1900: una visione collettiva, libera da costrizioni e alimentata dalla fiducia nel potere della creatività. Ho cercato di scavare a fondo nelle resistenze interne ed esterne che una donna in cerca della sua strada deve aver vissuto in quel periodo. Nella consapevolezza che possiamo narrare sempre e solo dal nostro punto di vista, mi sono affidato all’intelligenza collettiva del nostro team per verificare il mio punto di vista. Con il 77% dei nostri capi reparto donne, siamo forse riusciti a sottolineare il cambiamento positivo che sta attraversando il mondo: ogni genere e ogni orientamento sessuale merita tutto il rispetto. Spero con “Monte Verità” di contribuire a mettere le ali a questo spirito di apertura e al desiderio di libertà, proprio come i fondatori del Monte Verità si sono presentati ai loro tempi – nella prima comune hippie del mondo. Dalla prima volta che sono stato sul Monte Verità alla fine degli anni ’80, le immagini di quel luogo sono rimaste nella mia testa e mi hanno accompagnato negli anni. Immagini di silenzio e concentrazione ma anche di caos e risveglio. Per molto tempo sono stata incerto se fosse il mio sguardo ad essersi beato sulla collina vicino ad Ascona, intrecciata da miti e leggende e dove gli artisti avevano trovato ispirazione, o se io stesso avessi davvero trovato una fonte che potesse influenzare la mia creazione artistica. Quando l’autrice Kornelija Naraks mi ha contattato con il materiale, ho capito che attraverso il suo sguardo su questo luogo era accaduto quel qualcosa che mi ha sempre interessato nel cinema: raccontare temi del passato che riguardano il nostro presente. L’autrice è riuscita a creare un arco verso il presente, raccontando una storia purtroppo ancora attuale e scruta la posizione della donna nella nostra società odierna. Quanto può considerarsi libera una donna che ancora oggi sa di essere pagata meno per il suo lavoro rispetto ad una controparte maschile? Quanto può dedicarsi alle sue ambizioni se anche persone liberali che enfatizzano l’apertura e la libertà come paradigma di vita, pensano in fondo che il suo primo dovere è nella famiglia? Ci sono diversi documentari e libri sul Monte Verità che hanno ispirato la nostra ricerca. Con lo storico Andreas Schwab (“Monte Verità – Sanatorium der Sehnsucht”) avevamo inoltre dalla nostra parte un consulente che poteva darci un prezioso contributo. Comprimendo la storia in una finzione, crediamo di poter narrare qualcosa che risuona più fortemente nel presente rispetto a una retrospettiva storica oggettiva. Da qui, a posteriori, c’è il rischio dell’incompletezza, soprattutto con un luogo come il Monte Verità che ha visto andare e venire tante personalità illustri, come il premio Nobel per la letteratura Hermann Hesse, l’anarchico Erich Mühsam o l’artista Sophie Taeuber-Arp. In tal senso è stato fondamentale nello sviluppo della storia tracciare un arco temporale che abbracciasse certe personalità passate dalla montagna, che riflettesse il nostro materiale e mettesse alla prova la nostra protagonista immaginaria definendo chiaramente il nucleo della storia: come può la protagonista avere successo nel suo percorso di liberazione e a che prezzo? Come concederle di mettere l’arte davanti alla famiglia senza che gli spettatori la condannassero e in modo che capissero che la scoperta della sua identità e delle sue inclinazioni fosse divenuta una priorità in una società che non le avevo permesso alcuna autorganizzazione e alcuna scelta? Sono un uomo, motivo per cui ho ritenuto importante lavorare con quante più donne possibile. Perché la mia visione della storia doveva rendere giustizia a coloro di cui racconta la storia. E potevo farlo solo nella misura in cui ero pronto a portare la mia visione al collettivo artistico che ha realizzato questo film. In questa visione mi trovo nella posizione di Hanna. Quasi ogni individuo arriva a un punto della propria vita in cui è chiamato a porre un accento o forse anche a prendere una decisione: per il sogno della libertà, della propria realizzazione artistica, o per una vita sicura – che può significa voler creare una famiglia e doverla proteggere. È possibile fare entrambe le cose contemporaneamente ma per le donne, che lottano per la libertà, è molto più complesso ed è ancora oggi un atto che può provocare clamore, quanto più l’artista e donna coraggiosa compie quel passo verso la creatività autonoma (e lontana da una famiglia). Volevo condurre emotivamente gli spettatori verso il personaggio di Hanna, accompagnarli al Monte Verità e farli immergere lì in un mondo che è stato fondato da una coppia di idealisti con l’obiettivo di consentire il recupero (psicologico e fisico) di ogni individuo per, infine, poter realizzare se stessi. In tal modo voglio raggiungere tutti i generi e le identità, perché le nostre domande sono universali, immediate e attuali.

Come vedi i personaggi storici, che sono rappresentati nel film, riportandoli al mondo d’oggi?

Stefan Jäger – Regista

Ida Hofmann, una delle fondatrici, si è battuta per i diritti delle donne e con veemenza per l’auto- determinazione individuale. All’epoca si è imbattuta in ogni tipo di opposizione, anche all’interno del gruppo fondatore c’erano conflitti dovuti alle sue opinioni e richieste radicali. Il dottor Otto Gross era un sostenitore del suicidio assistito ma anche un controverso psicanalista, la cui empatia per le sue pazienti era già ai suoi tempi motivo di scandalo. Visto oggi è una figura che sarebbe estremamente polarizzante nei giudizi, per la sua ambivalenza. Lotte Hattemer, figlia del sindaco di Berlino e anch’essa fondatrice del Monte Verità, ha cercato attraverso il suo radicale rifiuto della civiltà una via per tornare alla natura, con la quale voleva essere tutt’uno. Con ciò rappresenta anche molte persone che desiderano qualcosa al giorno d’oggi, qualcosa che le liberi dalle costrizioni della società. Isadora Duncan è stata una delle prime danzatrici moderne. Come artista ha cercato una strada che nessuno aveva mai percorso prima di lei. Hermann Hesse ha trovato la sua verità interiore al Monte Verità, che ha segnato il lavoro creativo della sua vita e con cui ci commuove ancora oggi. Il cibo vegano sul Monte Verità, l’apertura a ogni punto di vista, il tentativo di vivere in armonia con la natura e le influenze su molte altre colonie di artisti in tutta Europa, hanno trasformato il sanatorio in un faro la cui luce è palpabile ancora oggi.

Il modo in cui vedi la tua vita personale è cambiato lavorando al film e, in tal caso, cosa ne hai tratto?

Stefan Jäger – Regista

Durante la preparazione del film mi sono reso conto che “Monte Verità” richiedeva qualcosa di più della mia singolare prospettiva di regista. Allora ho pensato a come, nel lontano 1900, quando fu fondata la “Montagna”, la cooperazione avrebbe potuto funzionare. Cercando di rimanere aperti, ascoltando tutti gli interessati e confidando nel loro know-how istintivo ma anche pratico, abbiamo creato una visione comune che si spera si avvicini al luogo e mostri qualcosa che abbiamo vissuto insieme. Mi piacerebbe anche portare questo tipo di collaborazione con me nei miei futuri sforzi creativi. Inoltre, i numerosi sopralluoghi che ho fatto in Ticino mi hanno insegnato a vivere davvero la natura e, in una fase molto precoce, insieme alla sceneggiatrice Kornelija Naraks, a scrivere in luoghi della storia che oggi sono ancora gli stessi di allora: luoghi selvaggi e senza tempo.

Che tipo di sensazione vuoi che gli spettatori del film portino con sé quando escono dal cinema?

Stefan Jäger – Regista

Voglio che siano commossi dalla storia di una donna forte. Ma anche che si siano lasciati trascinare in una fase affascinante della storia svizzera, poco dopo la fondazione del sanatorio del Monte Verità, in cui un paesino vicino a Locarno ha creato un clamore mondiale che riecheggia ancora oggi.

Quale è l’impianto produttivo del film?

Stefan Jäger – Regista

Le emozioni che compongono questa storia erano in primo piano nella produzione: invece di una tonalità solenne, volevamo cercare uno stato d’animo sottile, delicato e immediato, per far dimenticare allo spettatore il contesto storico. Per farlo abbiamo usato un processo di prove per prepararci alle riprese. Abbiamo provato il ritmo, ridotto al minimo i dialoghi per leggere i volti e abbiamo fatto questo viaggio nel tempo nella conoscenza del presente. In molte scene abbiamo lavorato con due telecamere per dare spazio agli attori e per non logorarsi in tante riprese ripetute. In questo modo è stato importante per noi ricercare i ritmi delle scene centrali, per poi nella realizzazione lavorare con riprese più lunghe in cui la tensione doveva essere orientata all’interazione tra gli attori. Ciò ha permesso di avvicinarsi ai giorni delle riprese in modo concentrato – nella conoscenza degli archi ritmici nelle singole scene e con un concetto visivo chiaro. I miei anni di esperienza con la più ampia gamma di formati di regia per cinema e teatro, la mia collaborazione con numerosi attori, la mia esperienza con film e anche documentari mi hanno insegnato ad essere umile e lasciare che quel momento accada, il momento in cui il cinema diventa reale.

Quale è l’impostazione visiva e concettuale del film?

Stefan Jäger – Regista

Da molto tempo desideravo lavorare con l’operatore di ripresa austriaco Daniela Knapp (POLL, KATHARINA LUTHER, UND MORGEN DIE GANZE WELT, DIE FETTEN JAHRE SIND VORBEI ecc.), con la quale mi sono diplomato alla fine degli anni ’90 della Filmakademie Baden-Württemberg. Che il momento fosse finalmente giunto ha molto a che fare con il contenuto della storia che volevamo raccontare e con il nostro approccio artistico. Insieme abbiamo fatto diversi viaggi di ricerca di location e abbiamo elaborato un concept visivo. Abbiamo visto molti film storici, anche serie, ambientati in quell’epoca, per determinare un look che fosse appropriato alla nostra storia e prospettiva narrativa. In questo modo ci siamo resi conto che nei film storici l’ambientazione è spesso troppo enfatizzata e gli attori hanno a malapena spazio per svolgere la loro interpretazione. Abbiamo voluto rendere giustizia a questo aspetto in MONTE VERITÀ perché abbiamo immaginato un film che mettesse al centro i personaggi. Volevamo raccontare le loro storie con forza attraverso i loro volti ma anche attraverso la loro postura e fisicità. I personaggi dovevano agire in modo diretto e trasparente. La loro recitazione doveva determinare i movimenti della macchina da presa, volevamo che la loro apertura fosse dolorosa ma anche commovente.

Come avete raccontato nel film il rapporto con la natura e che importanza ha avuto la fotografia?

Stefan Jäger – Regista

La nostra storia inizia a Vienna. La crescente industrializzazione all’inizio del XIX secolo vede la natura respinta in modo massiccio. Di questo abbiamo voluto tener conto, dando spazio alla natura solo con l’arrivo di Hanna al Monte Verità. Volevamo catturare la natura, sia attraverso il vento, attraverso i cambiamenti della luce diurna o la composizione delle inquadrature. Anche a questo va data ferma validità nel nostro concetto visivo, perché il Monte Verità era per i fondatori un “Paradiso in Terra” e la natura incontaminata li affascinava. Nel ricavare le fotografie abbiamo voluto focalizzare lo sguardo di Hanna sempre più a lungo, sempre di più: abbiamo voluto rendere percepibile il modo in cui seleziona i dettagli della fotografia, come disegna la lunga esposizione e “coglie” gli istanti. Knut Schmitz, direttore della fotografia della seconda unità, si è occupato delle fotografie di Hanna Leitner. Qui si è lavorato con lievi cambi di tempo nella velocità, con movimenti sfocati che sono stati resi visibili e con una limitazione del formato dell’immagine che però viene utilizzata solo in questi momenti. Abbiamo trovato l’ispirazione per questo nelle immagini di fotografe dell’inizio del XX secolo, come, ad esempio, Berenice Abbott, Claude Cahun e Imogen Cunningham. All’inizio e fino all’arrivo “vero” di Hanna al Monte Verità ci siamo astenuti dall’utilizzare ampi campi nelle riprese esterne ad Ascona per mettere al centro l’esperienza di Hanna e il suo sguardo particolare. La sua percezione determina lo svolgimento della storia, il suo sguardo sugli uomini ma anche sulle donne che incontra, diventerà sempre più aperto. Più conosce queste persone, più le percepisce nella loro interezza. In tre anni ho fatto diverse visite in Ticino per esplorare la location. Avevamo anche già elaborato molte scelte, in stretta collaborazione con i vari dipartimenti e la seconda unità. Grazie all’aiuto della Ticino Film Commission abbiamo trovato location perfette per raccontare la montagna originaria. Questo ci ha portato in un prato della Valle Maggia che irradiava una purezza che i fondatori devono aver sentito quando hanno scoperto per la prima volta i pendii e le colline sopra Ascona.
Fotogramma del film Monte Verità (2021)
Fotogramma del film Monte Verità (2021)

Come avete lavorato ai costumi?

Stefan Jäger – Regista

Con la costumista Veronika Albert (DIE LEBENDEN, WESTERN, LICHT ecc.) abbiamo discusso di un approccio che incorporasse i costumi storici così come quelli dell’epoca hippie. Ci sono sorprendentemente molti parallelismi e non volevamo ottenere una precisione storica al 100% nella produzione e nel design dei costumi, ma cercavamo di realizzare la tonalità sensoriale che caratterizzava il luogo. Abbiamo fatto lo stesso per il trucco. La nostra pluripremiata truccatrice Helene Lang (DAS FINSTERE TAL, NARZISS UND GOLDMUND, HINTERLAND ecc.) ha una grande esperienza nei film storici e mi ha mostrato molte fotografie di quel periodo, così come di cantanti della generazione del 1968, per creare un look dai toni moderni. Per quanto riguarda gli oggetti di scena, abbiamo potuto lavorare con Katharina Wöppermann (FINSTERWORLD, LITTLE JOE, LICHT ecc.) e Nina Mader (DYNASTIE KNIE ecc.). Importante per noi in ogni fase è stata la collaborazione e la fiducia reciproca per poter discutere continuamente di immagini e materiali importanti per tutti i reparti.

Quale il ruolo della musica e dei suoni della natura nel film?

Stefan Jäger – Regista

Anche la natura è stata un elemento decisivo nel la definizione del sound concept del film. I suoni della natura, le percezioni di Hanna, il suo arrivo dalla città in questo paesaggio naturale ancora intatto, vogliono comprimere il racconto ed enfatizzare le sue sensazioni. Non con una funzione calmante quanto piuttosto accentuando la dimensione del subconscio e dei suoni che ricorrono, come ad es. il rumore dell’acqua, del vento o dei passi sulle varie superfici su cui cammina appena entra nel bosco che circonda il Monte Verità. Inoltre, volevamo concentrarci acusticamente su ciò che Hanna osserva. In termini concreti significa che – laddove il suo occhio si concentra su un dettaglio – abbiamo voluto concentrare il suono a questo livello in modo che i rumori ambientali si spostassero sullo sfondo. Non che la cosa dovesse diventare scontata, ma la scelta ci ha aiutati ad immergerci nella testa della protagonista durante il suo lavoro di fotografa per rendere percepibile il suo stile di inquadratura delle immagini e a cosa desse origine la sua messa a fuoco. Per le musiche abbiamo potuto lavorare con Volker Bertelmann, noto anche come Hauschka, (LION, HOTEL MUMBAI, PATRICK MELROSE ecc.), che è stato coinvolto nel processo di montaggio in una fase iniziale e a stretto contatto con il sound designer e con la responsabile del missaggio, Gina Keller (BLUE MY MIND, SCHWESTERLEIN ecc.), perché la musica e i suoni naturali andassero spesso di pari passo. La nostra montatrice, Noemi Preiswerk (BLUE MY MIND, THE SERVANT, SOUL OF A BEAST ecc.) era già coinvolta nel processo di sviluppo della sceneggiatura.
Hanna e il dottore in Monte Verità(2021)
Hanna e il dottore in Monte Verità(2021)

Agli attori, come vi siete preparatati per il ruolo e quanto il COVID ha complicato le cose?

Maresi Riegner – Attrice

Il primo casting, il primo contatto con il personaggio di Hanna Leitner, è avvenuto sei mesi prima dell’inizio delle riprese. Da allora mi sono intensamente a Monte Verità e alla sua storia. Ho studiato il periodo intorno al 1906, ho letto testi scritti da donne di quest’epoca e mi sono immersa sempre di più in loro. La coach di recitazione Teresa Harder mi ha supportato, a volte anche con Hanna Herzsprung, che interpreta Lotte Hattemers, che mi ha aiutato a entrare in contatto con uno dei “veri” personaggi del Monte Verità. Nel frattempo ci sono stati anche continui casting per ruoli secondari. Stefan Jäger ed io siamo diventati una squadra ben allenata grazie a questo contatto costante. E poi abbiamo fatto una settimana di prove sul Monte Verità. È stato molto utile. Abbiamo fatto escursioni, assorbito l’atmosfera, ci siamo letti ad alta voce i testi del periodo. In questo modo ci siamo conosciuti meglio e abbiamo creato fiducia. E poi ovviamente c’erano tutte le cose pratiche: imparare a scrivere nello stile dell’epoca, prendere confidenza con le vecchie macchine fotografiche e imparare come funzionavano. Ho incontrato un fotografo che ha una vasta collezione di macchine fotografiche storiche, che – capito il funzionamento – sono in realtà davvero facili da usare. Da un lato il Covid ha reso più semplici i preparativi perché avevo più tempo ed ero molto a casa, soprattutto nel primo lockdown. Dall’altro c’era questa costante incertezza negli interni, se potessimo persino girare in primo luogo o se fosse necessario posticipare, il che sarebbe stato difficile visto il mio impegno con il Burgtheater. Ci sono stati casting tramite Zoom, che all’inizio sembrava strano, ma dopotutto ha funzionato bene. La paura che il progetto potesse fallire a causa del Covid era deprimente.Durante il casting per “Monte Verità” mio figlio era molto piccolo e stavo ancora allattando. Questo mi ha aiutato personalmente a capire il legame che provi con un tuo figlio. Non voglio minimamente giudicare se sia bene o male allattare un bambino. Per me ha semplicemente reso accessibile il personaggio di Hanna Leitner sapendo che a lei, in quanto aristocratica in quel periodo, non era permesso allattare i propri figli. Il contatto con i propri figli a quei tempi era fondamentalmente meno personale di quanto lo sia oggi. I bambini si rivolgevano formalmente alla madre. La madre aveva una funzione educativa, l’amore materno era sullo sfondo. Il contatto fisico e la sensazione di sicurezza: tutto ciò non era minimamente previsto nella classe sociale di appartenenza di Hanna Leitner. Attraverso la mia stessa maternità capivo l’amore per un figlio e quanto deve essere infinitamente doloroso non vederlo per molto tempo o addirittura perderlo.

Max Hubacher – Attore

La particolarità di questo progetto è che sono stato scelto molto presto. Questo è stato un vantaggio perché ho potuto seguire anche lo sviluppo della sceneggiatura e con ogni versione avere più presa sul personaggio, che è realmente esistito. Qui, ho cercato di immaginare una certa fisicità e provarla. Mi sono interrogato sull’aspetto visivo del personaggio, come agisse e reagisse, quanto sicuro o insicuro fosse… Otto Gross ha lasciato una grande quantità di documenti, fortunatamente, e molto è stato scritto su di lui. Sono stato in grado di utilizzare tutto ciò per ricerche approfondite. Un’altra cosa fantastica è stata la conversazione con l’esperto di Otto Gross Emanuel Hurwitz. Lui stesso è uno psichiatra e un’autorità assolutamente eminente in questo campo, oltre ad aver scritto un libro su Gross. Poter fargli delle domande è stato di enorme aiuto perché ha scandagliato tutte le ambivalenze che compongono il carattere di questa figura. La cosa importante con tutta questa intensa ricerca, è che non si è tentati di interpretare un personaggio secondo teoria, ma si lascia emergere qualcosa di nuovo. Importanti anche le prove sul Monte Verità. Siamo stati davvero fortunati che ci siano state anche le prove, specialmente durante il Covid. Quindi noi attori siamo stati a lungo insieme al regista Stefan Jäger nel luogo in cui tutto ha avuto inizio e lì abbiamo cercato verità interne ed esterne. Ciò che era particolarmente importante per il mio personaggio era il dialetto viennese che dovevo fare mio. Sono stato supportato dalla fantastica insegnante di dialetto Susi Stach, con la quale ho lavorato su tutti i dialoghi due volte a settimana per diversi mesi. Questa è stata una parte estremamente importante della preparazione. La sfida più grande in un lavoro di questo tipo è creare una combinazione delle nostre esperienze e del passato con il materiale di ricerca. Inoltre, non dovrebbe diventare troppo personale quando lo fai, perché in tal caso non si renderebbe giustizia al personaggio storico. L’importante è che si inizi ad apprezzare il personaggio e a provare empatia per la persona in tutta la sua complessità, la stessa che ognuno di noi porta dentro di sé; forse non in modo così pronunciato come nel Dr. Gross, ma in ogni caso si deve poter trovare un punto di connessione. La combinazione di questi due approcci mi permette di tenere conto dell’ambivalenza del suo personaggio.

Come hai vissuto il Monte Verità?

Fin dall’inizio, per me è stato un luogo che irradia qualcosa di molto potente. C’è una forte energia ma anche pace e grande magia. Vedere e vivere le tracce di quel tempo con tanta immediatezza mi ha commosso. La natura selvaggia mi ha anche ricordato la mia infanzia. Sono cresciuto lungo il Danubio, con i suoi prati. Per me quello è sempre stato un luogo potente: gli alberi selvaggi, l’acqua, il vento… Accanto a tutto questo, sul Monte Verità ho sentito anche tutto quello che deve essere successo lì nel secolo scorso e quanta energia creativa è ancora conservata lì oggi.

Max Hubacher – Attore

Poiché ero stato a lungo a Berlino, anche durante il Covid e non potevo uscire durante il blocco in Germania, il Monte Verità è stato per me un ricongiungimento con la natura. Quello che in precedenza avevo sempre dato per scontato, da bambino – cresciuto in Svizzera e all’aria aperta così tanto – l’ho ritrovato improvvisamente affascinante e nuovo. Anche grazie alla grande quantità di riprese esterne… Ho noleggiato uno scooter e durante le pause delle riprese giravo molto per il Ticino e questo mi ha regalato una straordinaria sensazione di libertà e indipendenza. Lavorare partendo da una sensazione di leggerezza: questa è la cosa più bella che ti possa capitare e ha reso le riprese di questo film qualcosa di molto speciale.

Cosa ti è rimasto maggiormente impresso nella memoria delle riprese?

Maresi Riegner – Attrice

Abbiamo girato molto all’aria aperta. Questo fantastico sfondo e la natura, che era così presente nella prima parte delle riprese, sentire il vento durante le riprese, la grande libertà che avevamo davanti alla camera, che seguiva i nostri movimenti… lo ricordo ancora oggi. Anche l’ultimo giorno di riprese a Cannobio, l’ultimo giorno di riprese all’aperto, è stato speciale. Stavamo girando su un traghetto storico. Mancavano solo trenta minuti al tramonto e dovevamo filmare una scena importante contro il tempo. Ero ancora truccata e quando sono arrivata al porto il regista mi è corso incontro gridando: “Devi salire sulla nave! Ecco i tuoi oggetti di scena! Tutte le comparse sono pronte! La macchina sta girando!” Sono corsa sulla nave senza una sola prova – mi sono divertita così tanto, non ho avuto un secondo per pensare a quello che stavo facendo. Dovevo solo farlo, ma non riuscivo a sbagliare niente. Girare sotto stress in quel modo, quando tutto scorre insieme e ognuno fa il proprio lavoro e hai questa enorme macchina lì, questa nave – che sprigionava un’energia incredibile – è stato un momento magico… E mentre il sole tramontava ho visto la mia famiglia al porto, era appena venuti a trovarmi e mi salutavano dopo la scena.

In cosa pensi che questa storia abbia a che fare con il nostro presente?

Maresi Riegner – Attrice

In tutto! “Monte Verità”, ai miei occhi, racconta una storia modernissima. Per molte donne, che hanno un sogno, è esattamente lo stesso oggi come allora. Sono ancora ridotte al loro ruolo di madri. E se le donne vogliono vivere come artiste, hanno davanti a sé una strada molto più tortuosa rispetto agli uomini. D’altra parte il modo di vivere sul Monte Verità era modernissimo: il cibo vegano, l’uguaglianza tra donna e uomo, la forma di libertà, l’amore libero e qualunque tipo di amore si viva – non giudicandolo ma avendo la libertà di decidere per se stessi… Tutto ciò non potrebbe essere più moderno.
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