Intervista ad A. Fella, R. Gudese e L. Rossi su Il punto di Rugiada di Marco Risi

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Il film “Il Punto di Rugiada,” diretto da Marco Risi, presentato in anteprima al 41° Torino Film Festival, è una commedia che tratta di Carlo Guerra, un giovane ricco e annoiato costretto a scontare una pena presso una casa di riposo per anziani. Durante il suo soggiorno, incontra Manuel, un altro giovane obbligato ai lavori socialmente utili per spaccio, e insieme si ritrovano lentamente a immergersi nelle intricate storie di coloro che risiedono nella struttura.

Tra le pieghe di vite segnate dal tempo, i due protagonisti scoprono, tra medicinali, giornali e pasti regolari, un’eco di meraviglia. Essa si materializza nel fruscio discreto delle piccole cose e si insinua tra i pensieri belli e quelli brutti, persino tra quelli dimenticati. Con un coraggio impacciato, ma necessario, i personaggi si trovano ad affrontare un nuovo inizio improvviso, sfidando la parola “fine” e aprendo la porta a possibilità inaspettate. Il film esplora la vitalità che persiste nelle situazioni più apparentemente desolate, suggerendo che, anche tra le rughe della vita, c’è spazio per la riscoperta, la speranza e un nuovo inizio.

L’occhio del cineasta è riuscito a intervista, in modalità online, i tre attori protagonisti del lungometraggio: Alessandro Fella (Monterossi 2; Il paradiso della signore, La compagnia del cigno), Roberto Gudese (In fondo al bosco; Leoni; Mi chiamo Maya) e Lucia Rossi (Tre tocchi; La patente, Il Bosco – Il gigante). Per visionare la nostra intervista v’intiamo a visionare il video.

Il regista e i vari interpreti del film, durante la promozione del film, hanno rilasciato altre dichiarazioni, presente nel pressbook del film che qui vi riportiamo.

Marco Risi

Una decina di anni fa ero andato a presentare “Fortapàsc” a Pordenone ed ero stato avvicinato da un tipo, un certo Enrico Galiano, un insegnante di scuola media diventato in seguito uno scrittore di successo. Mi raccontò della sua esperienza con il servizio civile in una casa di riposo per anziani. Gli chiesi di scrivere un trattamento che però non mi convinceva, ma dentro di me sentivo che c’era del buono e quell’idea soprattutto non mi abbandonava. Sono passati alcuni anni in cui ho diretto altri film e ho scritto il libro “Forte respiro rapido”, sul rapporto con mio padre Dino. E quella storia di vecchi, forse anche per via del libro, continuava a fare capolino, ogni tanto. Così alla fine mi sono deciso, ho coinvolto Riccardo de Torrebruna e Francesco Frangipane con i quali avevo già lavorato, ci siamo chiusi nella mia casa al mare per un mese e ne siamo usciti finalmente con una “scaletta” che mi soddisfaceva. Sentivo che era arrivato il momento, forse anche per via dell’età, la mia, di parlare di vecchi e dell’incontro tra due generazioni che mal si sopportano e sono costrette a convivere in una stessa struttura, quella di una casa di riposo. Mi interessava l’abisso generazionale tra chi è vicino al grande traguardo e chi ha ancora davanti tutta la vita. Il film nasce intorno a queste relazioni e al sentimento che si sviluppa nell’arco del film tra i vecchi e i due giovani destinati ad accudirli, se all’inizio c’è sarcasmo da parte di quelli e insofferenza da parte di questi, andando avanti prenderà un altro tipo di piega. Quello che non volevo fare era un film triste, a cominciare dalla struttura nella quale risiedono “gli ospiti”, come il direttore esige che vengano chiamati i vecchi. Ci sono molti momenti di commedia, anche se il film non può definirsi tale, ma che ricordano un cinema di altri tempi.

Il regista riguardo al testo ha dichiarato

Si tratta di un’espressione che ho ascoltato per caso da un vecchio solitario che avevo conosciuto in un ristorante vicino casa. Lui è un pianista ma anche un appassionato di meteorologia, gli chiedevo: “Come vedi oggi la situazione?” e lui rispondeva “mah, diciamo che probabilmente verso le 16:30 dovrebbe piovere”. Poi capitava che, dopo una giornata di sole, veramente alle 16:30 piovesse. Una volta disse “sono un po’ preoccupato per il punto di rugiada”, eccolo là. Quello era il titolo. Lui voleva indicare un momento di cambio di temperatura quando si raggiunge una certa gradazione (e questo può portare meteorologicamente anche a una nevicata, che c’è infatti nel film). L’umidità e il freddo dell’aria si scontra con il tepore e il calore della terra dando vita a un fenomeno particolarmente temuto dai piloti degli aerei perché è possibile che si formi del ghiaccio sulle ali. Quando si raggiunge il punto di rugiada, per semplificare, c’è lo scontro tra il freddo e il caldo; metaforicamente, nel mio caso, tra il vecchio e il nuovo, dove però non è detto che il caldo sia per forza il nuovo; lo si può intendere anche come il passaggio dal prima al dopo, da quello che era a quello che è, il passato e il futuro: i vecchi e i giovani.

Altra dichiarazioni del cast

Massimo De Francovich

È stata un’esperienza di lavoro bellissima in una splendida villa vicino Frascati in cui lavoravamo e alloggiavamo. Ero molto soddisfatto, mi era piaciuto subito il copione, frutto del lavoro accurato di Marco Risi, che mi è stato sempre molto vicino, e mi è piaciuto molto recitare in un film che è insieme commovente e divertente, girato con grande grazia. Il personaggio che interpreto – un anziano piuttosto burbero chiamato Dino – è molto intrigante, ha la morte nel cuore e la cerca. Quando incontra sulla sua strada Carlo, un ragazzo venuto a lavorare nell’ospizio, in un primo tempo lo tratta in modo antipatico anche per testarlo, metterlo alla prova, fino a quando capisce che è una persona sensibile e cerca di ingraziarselo al fine di servirsi della sua amicizia per un certo scopo segreto.

Alessandro Fella – Riguardo il suo rapporto con De Francovich

È nato un rapporto bellissimo. Ancora oggi, a distanza di tempo dalle riprese, ci sentiamo e ci vediamo; credo sia nata una bella amicizia. Ci siamo visti la prima volta per la lettura di una delle ultime stesure del copione. Prima di incontrarlo, avevo nei suoi confronti un certo timore reverenziale perché è un vero pilastro nella storia del teatro italiano. Massimo, poi, è stato molto gentile e disponibile fin dal primo momento che siamo rivisti nel giardino della villa in cui giravamo: mentre lui fumava su una panchina da solo, mi sono presentato a lui di nuovo, mi sono seduto davanti a lui e mi ha dato subito l’impressione di essere una persona molto magnetica ed empatica. Non è stato difficile per me infatuarmi di lui artisticamente – ascoltavo quest’uomo di 86 anni parlare in maniera così carismatica e poi ho realizzato che si era messo al mio stesso livello (cosa affatto scontata), così si è creato da subito un rapporto consolidato destinato a durare. È stato facile calarci nel rapporto tra i nostri due personaggi, Carlo e Dino, nel quale riecheggia quello tra Marco e suo padre. De Francovich è un uomo che può contare su un’immensa cultura e un’altrettanta immensa esperienza, mi raccontava tanti episodi relativi al periodo dell’Accademia d’Arte Drammatica o degli spettacoli con Luca Ronconi. Io e Roberto Gudese (Manuel) ci siamo detti spesso che questo film ha rappresentato per noi un… punto di rugiada in cui tutto si allinea, non solo per i nostri due personaggi, ma anche per noi due che eravamo gli unici attori giovani del cast. Siamo stati immersi in talmente tanta Storia che assorbire così tanto dal punto di vista umano era inevitabile. Grazie a Marco Risi e ai grandi attori che ha voluto accanto a sé, che si sono interfacciati con noi in un confronto sempre alla pari e con grande umiltà, di giorno interagivamo in scena e di sera andavamo a cena con dei veri e propri “mostri sacri” dello spettacolo, ascoltavamo affascinati tanti racconti e aneddoti e abbiamo avuto la possibilità di arricchirci a livello sia artistico che umano.

Roberto Gudese

Il film racconta l’evoluzione umana di due giovani, Manuel e Carlo, che per motivi diversi devono
scontare una pena alternativa al carcere attraverso un lavoro socialmente utile in una casa di riposo
per anziani, in cui entrano baldanzosi e scettici per uscirne poi più “uomini”, fortificati dal contatto
con le persone che incontrano – nel caso del mio personaggio soprattutto con Federico, un vecchio
smemorato interpretato da Luigi Diberti. Col tempo Manuel, specialmente dopo un avvenimento
importante che lo smuoverà dentro, scoprirà che quella esperienza può offrigli una prospettiva
professionale, che quello potrebbe diventare addirittura il suo lavoro e rappresentare una strada
alternativa ad un futuro già segnato da furtarelli e piccoli spacci.

Lucia Rossi – Riguardo il suo personaggio

È la capo infermiera della casa di riposo che controlla i due giovani che arrivano a lavorare a Villa Bianca per scontare la loro pena alternativa al carcere. Il primo dei due, Carlo, ha provocato un incidente in cui lei aveva rischiato di essere una delle vittime. Quando il rapporto dei due ragazzi si consolida grazie a un comune cinico sarcasmo verso le persone intorno a loro, si rafforza in lei la convinzione che il tempo che trascorreranno a Villa Bianca non li aiuterà a reinserirsi nella società. L’infermiera cerca di coordinare il lavoro di tutti e, quando è necessario, placa gli animi e interviene con la propria concretezza e la propria saggezza, soprattutto nei confronti dei due giovani verso i quali si mostra piuttosto severa e inflessibile. Con gli anziani invece è più protettiva, indulgente, quasi materna, e li accudisce con cura e attenzione pur mantenendo comunque una certa rigidità.
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