Intervista ai registi di Gagarine – Proteggi ciò che ami

Condividi su

Trama di Gagarine – Proteggi ciò che ami

Youri, 16 anni, ha vissuto tutta la sua vita a Cité Gagarine, un vasto progetto di alloggi popolari in mattoni rossi situato nella periferia di Parigi. Dall’alto del suo appartamento, Youri ha sempre sognato di diventare un astronauta. Ma quando trapelano i piani per demolire il complesso immobiliare, Youri si unisce alla “resistenza”. Con i suoi amici Diana e Houssam, intraprende una missione per salvare Gagarine, trasformando l’enorme complesso residenziale nella sua “astronave”, ​​prima che scompaia nello spazio per sempre.

Le dichiarazioni dei registi Fanny Liatard e Jerémy Trouilh

Possiamo affermare che nel film ci sono due protagonisti: un ragazzo e un imponente edificio…

Fanny: Sì, esatto. Nella nostra mente, l’adolescente Youri e l’edificio Gagarine dialogano costantemente tra loro.

Jérémy: Pensando al personaggio di Youri, ci siamo immaginati i suoi genitori mentre vivevano nel loro appartamento di Gagarine, ancora prima della sua nascita, intenti a decidere il nome del futuro nascituro, ispirati proprio al luogo in cui vivevano. Youri è cresciuto in questo edificio e ha sviluppato una fervida immaginazione. La scomparsa definitiva del palazzo significa per Youri dover seppellire i ricordi della sua infanzia e i sogni che sono cresciuti con lui in quel luogo, oltre a dover abbandonare la comunità di persone che da sempre gli è stata accanto.

Fanny: Volevamo che emergesse una visione positiva di un luogo e di una generazione che spesso è stata descritta in modo caricaturale. Youri ama quel luogo. Per lui, Gagarine Cité non è un’obsoleta utopia, al contrario è il presente che sta vivendo e la base su cui poggia il suo futuro. Abbandonarlo significa perdere tutto: la sua famiglia e il suo mondo immaginario. Quindi decide di unirsi alla resistenza.

Nel film sembra si voglia alterare la percezione che abbiamo di quel luogo e delle persone che ci vivono, e questo viene fatto attraverso una sorta di dualismo. Tutto quello che riguarda Youri ha una doppia facciata infatti: è un ragazzo solitario ma sempre connesso con le persone, è attaccato al passato ma immerso nella modernità…

Fanny: Sì è così, Youri è un ragazzo in equilibrio, o meglio in bilico. Le sue radici sono ben salde nel complesso abitativo, ma la sua testa è fra le stelle, in una continua oscillazione fra sogno e realtà, passato e presente.

Jérémy: Uno degli abitanti del luogo ci ha detto che, negli anni Sessanta, Yuri Gagarin venne a inaugurare il progetto abitativo che porta per l’appunto il suo nome. A pensarci, una scena totalmente surreale, con il primo uomo nello spazio di ritorno dalla sua missione che si ritrova all’inaugurazione di un complesso abitativo nella periferia di Parigi. Abbiamo recuperato i filmati d’archivio della sua visita. É stato incredibile vedere lo sguardo che avevano le persone in quel momento, dai loro occhi traspaiono infinite speranze e altissime aspettative su quel luogo e su quell’uomo. Il cosmonauta e l’edificio sono entrambi simboli di speranza e progresso. Abbiamo deciso di aprire il film con queste immagini di archivio proprio per questo motivo.

Fanny: Volevamo che Youri fosse consapevole e affascinato da questo evento così eroico del passato, tanto da far sì che i suoi sogni rivolti allo spazio prendessero forma proprio in quella casa, in quell’edificio. Volevamo filmare un giovane eroe, un figlio di Gagarine – nato e cresciuto lì – mentre viveva un’avventura epica. Simbolicamente, il complesso abitativo è come un utero materno che il giovane si rifiuta di abbandonare. Il nostro film è una storia di morte e di rinascita.

Nello scrivere il film, quale dei due personaggi è stato ideato per primo?

Fanny: L’idea di raccontare quel luogo ci ha entusiasmato fin dall’inizio. Nel 2014 ci siamo recati a Parigi, non vedevamo l’ora di girare. A quel tempo, alcuni amici architetti furono ingaggiati per studiare un progetto per una possibile demolizione di Gagarine. Ci chiesero quindi di girare dei video che ritraessero il palazzo e i suoi inquilini.

Jérémy: Siamo stati fin da subito catapultati nel palazzo ed entrati in contatto con le persone che lo abitavano. Fin dalla nostra prima visita abbiamo pensato che avremmo dovuto girare un film in quel palazzo. Non abbiamo mai fatto fiction, ma era evidente che quello era il luogo giusto per cominciare. Abbiamo quindi iniziato a scrivere un cortometraggio, che poi è diventato la base del nostro primo lungometraggio, il quale si è arricchito di volta in volta grazie anche al contributo dei residenti che man mano si accingevano a lasciare il palazzo e a dirgli addio per sempre.

Come siete stati accolti dagli abitanti di Gagarine?

Jérémy: Nel 2014, le uniche riprese riguardanti Gagarine provenivano dai principali network d’informazione. Il progetto non era ben visto e aveva una pessima reputazione, e questa immagine diffusa al mondo fece molto male agli abitanti che ci vivevano ai tempi. Quando siamo arrivati con le nostre telecamere, la maggior parte di loro si è mostrata piuttosto diffidente. Per primi abbiamo incontrato un gruppo di giovani che si trovavano al di fuori dell’edificio e che immediatamente ci hanno chiesto un documento d’identificazione e le nostre credenziali.

Fanny: Nel giro di poco tempo siamo entrati in contatto con un’associazione no profit appena fondata, chiamata Neighbors Without Borders, e che consiste in un’organizzazione ombrello dove operano molte donne particolarmente attive nella vita della comunità. Erano un punto saldo di quel luogo, la macchina che metteva in moto tutto. Nel film appaiono anche loro mentre ballano sul tetto dell’edificio. Sono fantastiche. Conoscere queste donne ci ha permesso di arrivare al cuore pulsante del complesso abitativo.

Jérémy: Abbiamo passato anni a filmare i ricordi delle persone e questo ci ha permesso di stringere forti amicizie con persone di ogni età e provenienza. Abbiamo chiesto a tutti di raccontarci la loro prima esperienza a Gagarine. É stato entusiasmante ascoltare i residenti raccontare i loro desideri e le loro speranze una volta entrati negli appartamenti di Gagarine. Politicamente parlando, penso sia fondamentale che venga data una visione diversa su questa giovane, generosa e variegata generazione che spesso, purtroppo, viene descritta e raffigurata in modo negativo… come se non avesse un futuro. Sono solo inutili clichés e danneggiano le persone.  Sono preconcetti che devono essere estirpati con forza dalla mente delle persone!

Fanny: Nonni, figli e nipoti… tre generazioni e molteplici visioni della vita, tutti raccolti in un unico luogo. Quando demolisci un luogo, distruggi anche le storie famigliari che vi sono nate. Tutti qui hanno perso la propria casa, ma non solo…  

Sono questi incontri con i residenti che hanno ispirato il personaggio di Youri e vi hanno aiutato nella sua creazione?

Fanny: La sensazione è la stessa di quando una relazione amorosa sta per giungere al capolinea, senti che la prospettiva della fine è inevitabile. In questo caso era la prospettiva ormai certa della demolizione che si faceva avanti incombendo su di noi… Fu allora che arrivò un nuovo impulso che diede nuova linfa vitale a tutto il progetto. É stato come vedere gli abitanti dispiegare le ali. Abbiamo scoperto un fortissimo senso di comunità e volevamo infonderlo al nostro protagonista. C’è la famiglia di Youri, il suo migliore amico Houssam, c’è Fari (l’attivista di quartiere che si prende cura degli inquilini intorno a lei) e ci sono così tante persone che abitano a una finestra di distanza e tutti loro sono interconnessi, e le loro vite risuonano -passando attraverso i camini – fino a Youri che sta sul tetto. Youri prova una sorta di amore trattenuto per loro.

Jérémy: É lo stesso tipo di energia che abbiamo provato sulla nostra pelle quando abbiamo organizzato un workshop con alcuni dei residenti. C’erano persone di ogni età, una dozzina di loro aveva dai 12 ai 25 anni. Alcuni degli abitanti più giovani erano appena arrivati dalla Siria, altri abitavano lì da sempre. Abbiamo parlato delle loro vite e dei loro sogni. Abbiamo chiesto loro come immaginavano il loro futuro e come si vedevano tra qualche anno. Queste conversazioni hanno dato forma al personaggio di Youri e sono state necessarie per la messa in moto del film. Questi giovani, che sono visti abitualmente da un punto di vista statistico hanno in realtà sogni immensi e una grande immaginazione.

Gagarine - Proteggi ciò che ami, sul set con Fanny Litard e Jérémy Trouilh, i registi del film
Gagarine – Proteggi ciò che ami, sul set con Fanny Litard e Jérémy Trouilh, i registi del film

Alséni Bathily, che interpreta Youri, ha aggiunto qualcosa al dualismo del personaggio?

Jérémy: Prima d’incontrare il nostro attore, avevamo abbozzato l’immagine che Youri doveva avere e lo avevamo immaginato come un ragazzo con un piede ancora nell’infanzia. Judith Chalier, la nostra direttrice dei casting, doveva iniziare a lavorare partendo da questo nostro input, cercando nelle vicinanze del complesso abitativo ed espandendosi poi nei dintorni e all’esterno di quest’ultimo. I casting sono durati sei mesi. Poi a un certo punto, Alséni Bathily si è presentato ai casting. Aveva visto un volantino per i casting nella sua scuola. Non aveva mai recitato prima. Alséni è un ragazzo molto sportivo, alto, possiede una corporatura già adulta, l’esatto opposto del personaggio che avevamo in mente. Ma il contrasto tra il suo fisico e il suo sguardo, il suo sorriso e la sua natura gentile erano perfetti per accentuare quel tratto ancora fanciullesco che volevamo dare al personaggio. Avevamo trovato il nostro Youri.

Fanny: Esatto, era definitivamente lui. Purtroppo non proviene da Gagarine, quella sarebbe stata la ciliegina sulla torta. Ma la vita è piena di sorprese, infatti quando il padre di Alséni è venuto a trovarci sul set abbiamo scoperto che aveva vissuto nel complesso abitativo Gagarine. Uno dei suoi cugini viveva lì e Gagarine fu il primo posto dove visse appena arrivato in Francia. Se non è magia questa!

La magia è un aspetto importante nel film, impregna sia la storia narrata sia le immagini che la compongono…

Fanny: Jérémy viveva in Colombia, io vivevo in Peru. Nel Sud America si respira ovunque un realismo magico, fa parte di noi e continua a ispirarci. Il nostro modo di dirigere è guidato da un’oscillazione continua tra realismo e onirismo.

Jérémy: Si tratta di una dimensione magica che ci permette di approcciarci alla realtà e alla sua violenza da un punto di vista diverso dal solito. Youri si trova a vivere un’esperienza molto intensa e difficile. Youri simboleggia l’esclusione giovanile, ferita da questo abbandono e ritiratasi su se stessa. Parte della battaglia verso l’età adulta che Youri combatte ha origine proprio negli eventi che stanno minando la sua autostima e la fiducia che ripone in se stesso. Un tema che ci interessa molto, in quanto l’asprezza del contesto non deve essere celata, al contrario pensiamo vada avvicinata in un modo che può essere definito da molti come leggermente fuori dagli schemi.

Fanny: L’introduzione di una sorta di realismo magico ha facilitato la creazione di un continuo tira e molla tra realtà e immaginazione, tra il crollo verticale (del palazzo, ma anche del ragazzo stesso) e la sensazione di assenza di gravità. Youri infatti vede la sua abitazione come un’astronave.

Questa idea della vita che penetra e fuoriesce, a dispetto di tutto, è molto presente nel film. Lo si percepisce sia visivamente sia attraverso il corredo sonoro.

Jérémy: Youri è un combattente della resistenza. Nonostante il crollo del palazzo sia ormai pianificato, Youri cerca di mantenerlo in vita ad ogni costo. Nel momento in cui decide di arrendersi, nuove forme di vita prendono forma. Nella capsula prendono vita specie di piante differenti, il mondo vegetale prende la sua rivalsa ed esplode rigoglioso. Attraverso le piante l’universo visivo e auditivo evolve in qualcosa di più acquatico e ovattato. I rumori scompaiono, sostituiti da suoni che si trasformano in modo bizzarro fino a scomparire del tutto.

Fanny: Il suono non viaggia nello spazio. La nostra idea era di seguire una traiettoria che ha inizio nella tumultuosa e rumorosa realtà e arriva fino allo spazio nel silenzio più assoluto. Il racconto giunge fino al momento culminante in cui Youri viene espulso dalla sua abitazione per approdare nel bel mezzo dello spazio e del cosmo. Lì, nel vuoto più assoluto, non vi sono suoni, solo silenzio. Simbolicamente, si tratta di un viaggio sonoro dalla vita alla morte.

Jérémy: Per cercare di creare una connessione tra il viaggio nello spazio reale e il viaggio immaginifico nello spazio, abbiamo cercato fin dalla prima stesura della sceneggiatura di lavorare moltissimo coi suoni della vita reale. Durante il montaggio, abbiamo fatto in modo che questi suoni rivelassero la più grande passione di Youri ancor prima che lo spettatore potesse comprenderla attraverso le indicazioni visive.

Fanny: Lo stesso vale per la musica presente nel film. I fratelli Galperine e Amine Bouhafa hanno fatto uso di strumenti musicali elettronici, come il theremin, che sembra evocare in lontananza delle voci fatate femminili. Youri è un ragazzo solitario, ma non è solo. Le donne hanno un ruolo importantissimo nel film, un ruolo molto diverso da quelli a cui solitamente si associa la figura femminile. Grazie a loro, ad esempio, Youri ha accesso alla tecnologia. Pensiamo ad esempio al personaggio di Diana (Lyna Khoudri).

Fanny: Non è qualcosa su cui abbiamo ragionato troppo, ma credo che tutti i nostri personaggi – sia maschili che femminili – siano molto diversi dalle aspettative comuni. Proprio come Youri, anche Diana vuole capire il funzionamento delle cose. Questa curiosità guida i suoi comportamenti. Rispetto a Youri però, Diana ha uno spiccato senso pratico e una visione più concreta delle cose. É molto meccanica nei suoi gesti. Può aggiustare tutto.

Jérémy: Il personaggio di Diana è nato da una nostra necessità che sentivamo molto forte dentro di noi. Ai piedi dei blocchi della torre Gagarine, c’era una distesa di campi Rom. I piani orizzontali dei Rom e quelli verticali di Gagarine non si intersecavano mai tra di loro. Non esistevano punti di incontro tra questi due mondi e desideravamo fortemente crearne uno. Due personaggi rifiutati dalla società che, nonostante tutto, affermano se stessi fabbricando il proprio mondo con gli strumenti in loro possesso.

Tra le figure femminili che troviamo nel film, c’è anche l’astronauta Claudie Haignéré. Appare nel video che Youri guarda mentre immagina la sua vita nello spazio. I video di archivio sono spesso presenti all’interno del vostro film…

Jérémy: In tutti i nostri cortometraggi abbiamo sempre incluso scene prese da immagini o video che ritraevano i residenti dei quartieri che stavamo filmando. Le immagini di archivio per noi sono materiale vivo, elementi che ci aiutano a sviluppare la nostra storia in fase di montaggio.

Fanny: Assieme a Daniel Darmon, che si è occupato del montaggio fin dalle prime riprese, abbiamo cercato di creare una sorta di dialogo tra girato sul set e archivio. Le immagini di repertorio sono importantissime nel montaggio, servono a dare un momento di pausa allo spettatore, a dare una virata alla narrazione e a introdurre un’altra dimensione. Le immagini di archivio danno una luce nuova al film che a sua volta dona profondità e nuova vita ad esse.

Gagarine Cité ormai non esiste più. Esiste attraverso il vostro film. Il progetto abitativo Gagarine è sia repertorio che finzione adesso.

Fanny: Nella nostra mente, il film vuole essere anche un modo per non dimenticare, per portare avanti una testimonianza della visione architettonica dell’epoca e far conoscere le persone che hanno reso vivo quel luogo. Le persone sono al centro di questo film, sono ovunque – nelle immagini di archivio, sullo schermo e dietro la telecamera. Ad esempio, un gruppo di donne che vivevano a Gagarine hanno formato un’associazione non profit chiamata Simmering Beauty e si sono occupate dei pasti del cast e di tutta la troupe per l’intero periodo delle riprese.

Jérémy: Volevamo che emergesse l’idea che l’edifico è stato indubbiamente importante, ma alla fine ciò che resta sono le persone e la relazione che esse hanno instaurato con questo luogo e che, nonostante tutto, continua ancora oggi. Questo è ciò che vogliamo trasmettere con questo film. Vorremmo che il film fosse lo spunto per una riflessione sulla bellezza e la complessità di quelle vite. Crediamo che il potere delle immagini possa influenzare anche la visione che le persone hanno di se stesse. Questo è il potere dell’immaginazione.

Condividi su

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.