La febbre del sabato sera: L’amarezza della vita a ritmo di disco-music

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La febbre del sabato sera

Titolo originale: Saturday Night Fever

Anno: 1977

Paese: Stati Uniti d’America

Genere: Musicale / Drammatico

Casa di produzione: Paramount Pictures

Prodotto da: Robert Stigwood

Durata: 2 hr (120 min)

Regia: John Badham

Sceneggiatura: Norman Wexler

Montaggio: David Rawlins

Dop: Ralf D. Bode

Musiche: David Shire, Bee Gees

Attori: John Travolta, Karen Lynn Gorney

Trailer di La febbre del sabato sera

RECENSIONE DI LA FEBBRE DEL SABATO SERA

Candidato all’Oscar nella categoria del Miglior Attore Protagonista (John Travolta), La febbre del sabato sera si ispira all’articolo Riti tribali del nuovo sabato sera per trasporre su schermo ciò che è stata la gioventù statunitense negli anni Settanta, all’indomani del conflitto insensato in Vietnam. Scritto con intelligenza da Norman Wexler, questo cult movie ha certamente contribuito ad alimentare il mito della disco-music e dei suoi numi tutelari, I Bee Gees presenti in colonna sonora, ma non va trascurato in ogni caso il suo più profondo valore antropologico.

Film generazionale ed epocale, quello di Badham parte dal fenomeno di costume per parlare delle maggiori piaghe sociali del tempo quali disoccupazione, contraddizione religiosa e violenza giovanile, temi che fanno di La febbre del sabato sera un autentico saggio che cristallizza con fredda lucidità un’epoca. Ricordato anche per le coinvolgenti scene di ballo, il film ha costruito la futura carriera del protagonista John Travolta, che nei panni del “re della pista da ballo” Tony Manero ha fatto innamorare innuverevoli fan, tornando anche nel sequel Staying Alive, piacevole ma parecchio kitsch, diretto da Sylvester Stallone.

Gli argomenti trattati, particolarmente scomodi, hanno causato non pochi grattacapi con la censura, che obbligò Paramount a operare diversi tagli, recentemente reintegrati nella cosiddetta versione “director’s cut” rilasciata da pochi anni.

TRAMA DI LA FEBBRE DEL SABATO SERA

Tony Manero (John Travolta) è un giovane italo-americano di belle speranze che tira a campare come può tra le difficoltà della Brooklyn anni Settanta. Tra lotte di quartiere, lavori malfamati e promiscuità, l’unico vero talento del ragazzo è il ballo, e il sabato sera in discoteca è una sorta di rituale grazie a cui rifugge l’amarezza della vita e riesce a farsi davvero valere agli occhi di amici, rivali e spasimanti…

John Travolta in La febbre del sabato sera
John Travolta e Karen Lynn Gorney in La febbre del sabato sera

ANALISI DI LA FEBBRE DEL SABATO SERA

La febbre del sabato sera è stato prodotto dal Robert Stigwood di Jesus Christ Superstar e ben diretto da John Badham alla sua prima prova importante. Il sorprendente taglio registico delle sequenze sulla pista da ballo, avvalorato da carrellate metodiche e angolazioni particolari, restituiscono le giuste scariche di adrenalina sprigionate dalla sfavillante colonna sonora. La disco dance simboleggia l’evasione catartica dalla frustrazione sociale che attanaglia i protagonisti, figli di una classe operaia su cui viene scaricato il peso degli errori dei padri, anche al costo dell’annichilimento della spensieratezza giovanile.

Il tono del film è generalmente cupo e realistico, soprattutto nella descrizione di una mascolinità predatoria che si scontra con il progressismo della nascente emancipazione femminile, sfociando addirittura nello stupro. La crisi identitaria di chi annaspa alla ricerca di un riscatto è il vero tema portante di La febbre del sabato sera, esemplificazione di un tipo di cinema commerciale che lega specularmente la patina luccicante delle scene e l’eloquente erotismo di John Travolta ai lati oscuri delle sue sottotracce.

Tony Manero è senza esagerazione alcuna il simbolo definitivo delle contraddizioni di un decennio, molto più dell’immagine del “maschio alpha” dagli abiti sgargianti a cui solitamente si associa il film. Quello che ci viene narrato da John Badham è il viaggio formativo di un individuo intrappolato in una gabbia di passiva immaturità e disincanto fin troppo adulto, un racconto di crescita e autoconsapevolezza scandito dalle relazioni con gli altri personaggi o con gli ideali di amore, fede e responsabilità. Il talento di un attore del calibro di John Travolta mette in luce tutto ciò e fa di Manero una delle figure cinematografiche più in chiaroscuro e riconoscibili in assoluto, esatto polo speculare del ben più solare Danny Zuko da lui interpretato in Grease.

NOTE POSITIVE

  • Regia.
  • Sottotesto sociale.
  • L’interpretazione di John Travolta.
  • Colonna sonora

NOTE NEGATIVE

  • Nessuna.
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