
L’Armata Brancaleone
Titolo originale: L’Armata Brancaleone
Anno: 1966
Paese di produzione: Italia
Genere: commedia, avventura, storico
Durata: 120 minuti
Produzione: Fair Film
Distribuzione: Titanus
Regista: Mario Monicelli
Sceneggiatura: Age & Scarpelli, Mario Monicelli
Montaggio: Ruggero Mastroianni
Fotografia: Carlo Di Palma
Attori: Vittorio Gassman, Gian Maria Volonté, Catherine Spaak, Carlo Pisacane, Enrico Maria Salerno
Recensione del film L’armata Brancaleone
È un medioevo straccione e malandato, quello che il regista Mario Monicelli narra attraverso le avventure dell’impavido cavaliere Brancaleone da Norcia e della sua armata. Presentato in concorso al diciannovesimo Festival di Cannes e vincitore di tre Nastri d’Argento, il film è il frutto della stretta collaborazione fra il cineasta romano e il binomio Age & Scarpelli, i quali già avevano cooperato alla stesura delle sceneggiature di capolavori come Padri e Figli (1957), I soliti ignoti (1958), La grande guerra (1959) e I compagni (1963). Per il progetto de L’armata Brancaleone, viene concepito uno script caratterizzato da un linguaggio immaginario, frutto dell’incrocio fra un latino maccheronico, espressioni dialettali e l’idioma volgare medievale; una scelta destinata non solo a rimanere negli annali della storia del cinema italiano, ma anche a permeare e sedimentarsi nella cultura del Belpaese.
Trama de L’armata Brancaleone
Brancaleone da Norcia (Vittorio Gassman) è lo spiantato rampollo di una nobile famiglia decaduta: animato da saldi principi cavallereschi e dotato di una straordinaria eloquenza, viene scelto da una malandata compagnia di miserabili per raggiungere Aurocastro, feudo pugliese indicato da una pergamena sottratta dal manipolo a un cavaliere morto in un combattimento. Nonostante l’iniziale rifiuto di Brancaleone, questi decide infine di accettare e si pone a capo dell’armata per raggiungere la roccaforte. Nel corso del loro cammino, si aggiunge al gruppo di spiantati l’ambiguo Teofilatto de’ Leonzi (Gian Maria Volonté) e il monaco Zenone (Enrico Maria Salerno) con il suo seguito di fedeli Cristiani.
Vittorio Gassman è Brancaleone da Norcia Gian Maria Volonté è Teofilatto de’ Leonzi Il discorso di Brancaleone all’armata
Analisi de L’armata Brancaleone
Nel fervore culturale pre-sessantottino, in concomitanza con l’uscita nelle sale cinematografiche di Uccellacci e uccellini di Pier Paolo Pasolini, Signore & Signori di Pietro Germi e Il buono, il brutto e il cattivo di Sergio Leone, Mario Monicelli si rifugia in un personalissimo medioevo, bislacco e straccione. Da tale sfondo, emerge l’esponente di tale microcosmo: il cavaliere senza macchia e senza paura Brancaleone da Norcia, interpretato da un indimenticabile Vittorio Gassman, che seppur primo fra i perdenti si mostra perennemente animato da saldi principi cavallereschi. Ed è proprio attraverso gli intensi e divertenti monologhi del rampollo che si evince la novità linguistica del film di Monicelli: il linguaggio adottato, che destò non poche perplessità al pubblico dell’epoca, è un calderone di interiezioni dialettali – fra i quali si riconosce il romanesco, il milanese, il veneto e il romagnolo – latinismi ed espressioni appartenenti al volgare medievale. Una lingua fittizia così come i luoghi attraversati dall’armata e citati da Brancaleone: si parla del feudo di Aurocastro in Puglia, di San Cimone oppure Panzanatico; parimenti le battaglie nominate nel corso del film sono inventate dal trio Monicelli-Age & Scarpelli.
Ad adoperare la lingua brancaleonesca sono i membri dell’armata e i personaggi che questi incontrano lungo il loro cammino alla volta di Aurocastro. È un carosello di individui bislacchi e disperati, miserabili e straccioni tanto quanto l’ideale medioevo monicelliano, perennemente divisi fra fede e peccato, purezza e piacere carnale, lealtà ed egoismo. Basti pensare al personaggio interpretato da Gian Maria Volonté, Teofilatto de’ Leonzi, pecora nera di un’antica famiglia bizantina che si unisce all’armata per mero interesse personale, in contrapposizione con la nobile personalità di Brancaleone. Oppure la figura di Matelda, interpretata da Catherine Spaak, promessa sposa al nobile Guccione, che escogiterà una crudele vendetta nei confronti di Brancaleone che, per mantenere fede a un giuramento, non violerà la verginità della ragazza, nonostante questa si conceda al cavaliere.
Una nota di merito va al personaggio interpretato da Enrico Maria Salerno, il monaco Zenone: caratterizzato dallo stesso attore che, leggendo la sceneggiatura, gli attribuì la tonalità in falsetto che tanto piacque a Monicelli, è un fervente cristiano che, con una dialettica simile a quella di Brancaleone, incarna il piacere del regista romano per l’assurdo, reso appieno dall’interpretazione sopra le righe di Salerno che, tuttavia, pare sovente non coesa al contesto filmico, in quanto eccessivamente astrusa.
Oltre all’esatta scelta delle location e all’eccellente scelta dei costumi, L’armata Brancaleone si eleva a caposaldo nella commedia anche attraverso due particolari non trascurabili. In primis, si sottolinei l’apporto di Emanuele Luzzati che firma i titoli di testa e le conseguenti animazioni, così come farà nel sequel del film, Brancaleone alle Crociate del 1970. Inoltre, è necessario citare la colonna sonora scritta da Carlo Rustichelli, la cui Marcia suonata nei titoli di testa e ripetuta più volte nel corso del film (“Branca Branca Branca, Leon Leon Leon!”) è passata alla storia del cinema ed ha guadagnato un posto nella cultura italiana.
Note positive
- L’interpretazione memorabile di Vittorio Gassman nei panni del cavaliere Brancaleone da Norcia
- La scelta delle location
- I titoli di testa realizzati da Emanuele Luzzati
- La geniale sceneggiatura caratterizzata dal linguaggio innovativo elaborato da Monicelli, Age&Scarpelli
Note negative
- Il personaggio del monaco Zenone, a differenza di Brancaleone, pare mal invecchiato e può apparire eccessivamente astruso agli occhi dello spettatore contemporaneo
- Così come era stato indicato per Il sorpasso (D. Risi, 1962), anche ne L’armata Brancaleone stona leggere successivamente al nome di Vittorio Gassman, nei titoli di testa, quello dell’attrice Catherine Spaak, la quale è presente solo in minima parte nel corso del film.