Lei mi parla ancora (2021): Storia di un amore eterno

lei mi parla ancora poster

Lei mi parla ancora

Anno: 2021

Paese produzione: Italia

Genere: drammatico, biografico

Produzione: Duea Film, Bartlebyfilm, Vision Distribution

Distribuzione: Vision Distribution, Sky Cinema

Durata: 100 minuti

Regia: Pupi Avati

Sceneggiatura: Pupi Avati, Tommaso Avati

Montaggio: Ivan Zuccon

Fotografia: Cesare Bastelli

Attori: Renato Pozzetto, Stefania Sandrelli, Lino Musella, Isabella Ragonese, Chiara Caselli, Matteo Carlomagno, Fabrizio Gifuni, Serena Grandi

Trailer del film Lei mi parla ancora

Lei mi parla ancora è un film di genere biografico del regista Pupi Avati, tratto dal romanzo “Lei mi parla ancora – memorie edite e inedite di un farmacista” scritto nel 2016 da Giuseppe Sgarbi, padre del famoso critico d’arte Vittorio e dell’editrice e regista cinematografica Elisabetta.

La pellicola, precedentemente fissata per un’uscita nelle sale cinematografiche grazie alla casa di distribuzione Vision Distribution, venne successivamente ceduta a Sky Cinema a causa del protrarsi delle chiusure delle multisale dovute all’emergenza Covid-19.

Trasmesso in prima visione l’8 febbraio 2021, Lei mi parla ancora ha riscosso un buon successo, tanto da essere candidato ai David di Donatello 2021 nelle categorie miglior attore protagonista per Renato Pozzetto e miglior sceneggiatura adattata per Pupi e il figlio Tommaso Avati.

Il lungometraggio è stato, inoltre, candidato ai Nastri d’Argento 2021, rispettivamente nelle categorie miglior film, miglior regista e miglior attore non protagonista per Fabrizio Gifuni, ottenendo un particolare riconoscimento per l’interpretazione di Pozzetto, dato dal premio del Nastro Speciale 75.

Trama Lei mi parla ancora

Sono passati 65 anni dal matrimonio tra Giuseppe “Nino” Sgarbi e Caterina “Rina” Cavallini, una storia d’amore la loro pura, tenera, segnata da alti e bassi e dalla nascita di due splendidi bambini.

Con la morte della donna, Nino non si rassegna a lasciarla andare e a far tacere quel profondo amore che nutriva nei suoi confronti; e forse dello stesso pensiero lo è anche Rina, visto che continua a parlargli, a far sentire la sua voce.

Preoccupata di sentire il padre chiuso in camera sua a parlare da solo, la figlia Elisabetta, nota editrice, decide di chiamare un ghostwriter, Amicangelo, un uomo che non riesce a trovare nessuno che pubblichi il suo romanzo, allo scopo di raccogliere tutti i pensieri del padre e di metterli in nero su bianco.

Tra i due uomini, inizialmente, non scorrerà buon sangue, dato soprattutto dalla diffidenza del più anziano, ma alla fine, insieme, andranno a ricostruire le tappe più importanti e i ricordi inediti di quella coppia che si è sempre creduta immortale.

Recensione Lei mi parla ancora

L’ultimo capolavoro del regista bolognese segna il suo ritorno a un cinema più romantico, profondo, intimo ma allo stesso tempo nostalgico e malinconico. Lo si nota fin dalle prime sequenze, quando vediamo Nino e Rina sdraiati a letto, con la donna che cerca di memorizzare ogni dettaglio della loro camera perché sa che quella sarà l’ultima volta che passerà in quella casa, a fianco di quell’uomo che ha amato fino alla fine, un amore il loro che è cresciuto pian piano sullo sfondo ferrarese, che non è mai appassito e non morirà mai perché come spesso le ricorda Nino “Siamo immortali, amore”.

A dare il volto di Nino è l’attore Renato Pozzetto, che dopo ben sei anni, ritorna sul grande schermo con un ruolo del tutto inedito, completamente diverso dal suo solito stile comico anni ’90, capace di dare vita a un uomo tormentato per la paura di perdere la sua compagna di vita, interpretata dalla magnifica Stefania Sandrelli, ma allo stesso tempo capace di suscitare con uno semplice sguardo un senso di tenerezza nei confronti dello spettatore, facendoci sentire più vicini a questo personaggio. Pensandoci bene, la pellicola ruota intorno a una domanda: dopo aver passato tutta la tua vita (in questo caso si parla di più di 60 anni) con la tua compagna, cosa succede a rimanere da soli all’improvviso? Come ci si sente?

Una risposta proviene dallo stesso Nino e dai suoi comportamenti. Dopo che la moglie viene prelevata dall’ambulanza per portarla dritta in ospedale, l’uomo si affaccia alla finestra, rifiutandosi di mangiare e chiedendo in continuazione ai suoi governanti quanto tempo ci metteranno i soccorritori ad arrivare a destinazione per poter chiamare la moglie. Solo dopo aver parlato con il medico, e averlo pregato, con voce spezzata, di dire alla sua Rina di non avere paura, l’anziano si addormenta. Quello che succede dopo è solo un piccolo ma doloroso anticipo. Nel suo sogno, Nino rivede il suo vecchio amico nonché cognato, Bruno, morto anni prima, che con sguardo fermo gli domanda: “Ti devi svegliare, lo sai che stai per perderla?”.

Il rifiuto della morte dell’adorata moglie traspare nel giorno del funerale, quando viene vestito dai due figli, che lo pregano di rimanere a casa e di non andare in chiesa. Il suo sguardo pare perso nel vuoto, non capisce perché non può andare dalla Rina, perché non può rivederla. Ma soprattutto non capisce cosa sta succedendo.

Una interpretazione, ritornando a Pozzetto, da storia, che ancora a distanza di giorni rimane impressa per la sua capacità di adattarsi a un ruolo particolare, in grado di tirar fuori quel potenziale che nei suoi film ancora nascondeva.

Sulle note dei Radio Boys e della loro Malagueña Salerosa si apre la pellicola, una canzone questa dal significato importante, perché narra la storia di un uomo che si rivolge alla sua innamorata tessendone le lodi per la sua bellezza, purtroppo rifiutato dalla donna a causa della sua povertà. In soli pochi minuti, il regista Avati ci preannuncia cosa succederà con l’avanzare della storia, perché la stessa sorte ricadrà sulla famiglia Sgarbi, quando la donna, subito dopo il matrimonio, comincerà a nutrire dubbi sul suo futuro perché spaventata dalla povertà del compagno, un uomo tanto ricco d’amore quanto umile d’origine. Un flashback ci mostra il giorno del matrimonio della coppia, quando le loro vite cambiarono per sempre, legandosi a un sentimento unico che solo loro conoscevano e potevano darne un significato. L’espediente del flashback verrà riutilizzato in altri momenti significativi, utili alle volte per introdurre personaggi importanti (come il personaggio di Bruno) che, mescolati col presente, ci permettono di mettere ben in quadro il background di questa coppia, scoprendo dettagli davvero importanti che hanno portato i coniugi a scoprirsi, innamorarsi e a superare i vari ostacoli/insicurezze.

Gran importanza assume anche il paesaggio, e quindi la terra ferrarese e quella veneta di Stienta, capitanate dal fiume Po, cittadine queste che racchiudono tutta una vita degli Sgarbi, una famiglia da tutti conosciuti. Questo per il semplice fatto che i coniugi erano due famosi farmacisti, amati da tutti, che avevano comprato due farmacie, una a Ro e l’altra a Milano. Questa informazione traspare nella scena in cui gli abitanti ferraresi si recano a casa di Nino, facendogli le condoglianze, ricordandogli quanto lui e la moglie fossero stati sempre disponibili nell’aiutare a guarire le persone. Ma non solo. Più di una volta la macchina da presa si sofferma a inquadrare i numerosi dipinti e le varie sculture che abbelliscono la casa patriarcale. Questi non sono altro che opere d’arte famosissime, appartenenti a un’epoca che va dall’inizio del Quattrocento fino alla metà del Novecento, frutto di una ricca collezione dello stesso Nino e della moglie Rina, con un piccolo contributo silenzioso anche da parte del figlio Vittorio, da sempre appassionato d’arte.

Contemporaneamente alla storia di Nino, nel presente, viene sviluppato il racconto del ghostwriter Amicangelo, interpretato da Fabrizio Gifuni, un uomo divorziato, con una figlia minorenne che non vede spesso quanto vorrebbe e frustato dall’incapacità di trovare una casa editrice che riesca a pubblicare il suo primo romanzo personale, scritto in ben cinque anni. Fin dalla sua prima apparizione notiamo come l’uomo mal sopporta il nuovo compagno dell’ex moglie, soprattutto per l’affiatamento che questo ha nei confronti della figlia, divenuto in un certo senso una sorta di figura paterna, tanto da comprarle un cellulare tutto suo e a portarla a scuola. Una combinazione di elementi, questi, che portano lo stesso Amicangelo a chiedere all’ex se la loro figlia chieda mai di lui, se è interessata alla vita che fa e al lavoro che svolge. Sarà grazie ai vari incontri con Nino che alla fine capirà di non aver mai provato fino in fondo a prendersi un po’ di tempo per svolgere il lavoro più bello di sempre: quello del papà. Ma fra il romanziere e il signor Sgarbi non sarà da subito rose e fiori. Il primo incontro con Nino si rivelerà un vero disastro, con quest’ultimo che si rifiuta di parlare della sua vita privata con un estraneo, tanto da invitarlo a visitare la sua casa per ammirare le varie opere d’arte collezionate nel corso della sua vita e ritornarsene a casa. Più volte lo stesso Amicangelo metterà in dubbio il suo nuovo incarico, non considerandosi adatto e credendo che si tratti di una perdita di tempo. Solo grazie all’intervento di Elisabetta (Chiara Caselli), la figlia del capostipite, l’uomo porterà a termine il suo lavoro, riuscendo a immergersi in questa storia passionale, tanto da entrare nelle grazie di Nino, pronto a scrivere un nuovo libro con lui.

Lei mi parla ancora è un film poetico, che emoziona per l’intensità dell’amore trasmessa dai coniugi Sgarbi e che colpisce per l’ottimo cast, capitanato da un magistrale Renato Pozzetto, da Fabrizio Gifuni e da Lino Musella, qui nei panni di un giovane Nino. Con una scrittura semplice, un montaggio che funziona bene per la capacità di non far mai perdere il ritmo, Pupi Avanti regala un vero gioiello cinematografico, che fa riflettere e ci spinge a chiedere come avremmo reagito noi alla perdita del nostro amato, come ci saremo comportanti.

Note Positive

  • Ottima regia
  • Ottima sceneggiatura
  • Ottima interpretazione da parte del cast
  • Ottimo montaggio

Note Negative

  • Niente da rilevare

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