Light of My Life (2019): Uomini e donne

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Light of my life locandina


Light of My Life

Titolo originale: Light of My Life

Anno2019

Paese di produzioneUsa

Genere: Drammatico

Durata: 1h 59 m

Produzione: Black Bear Pictures, Sea Change Media

DistribuzioneNotorious Pictures

Regia: Casey Affleck

SceneggiatoreCasey Affleck

Montaggio: Dody Dorn, Christopher Tellefsen

Dop: Adam Arkapaw

Musica: Daniel Hart

Attori: Casey Affleck, Anna Pniowsky, Tom Bower, Elisabeth Moss, Hrothgar Mathews, Timothy Webber, Michael Ching, Thelonius Serrell-Freed, Jesse James Pierce, Dee Jay Jackson

Trailer italiano di Light of My Life

Presentato in anteprima a Roma, l’ultima prima dell’uscita ufficiale italiana programmata per il 21 novembre, Light of My Life è il primo lungometraggio diretto dal 44enne Casey Affleck (secondo se consideriamo il mockumentary “I’m Still Here” del 2010), il quale l’ha anche personalmente scritto e interpretato accanto alla giovane Anna Pniowsky.

Trama di Light of My Life

Un padre e la sua unica figlia, di undici anni, si nascondono tra boschi e case disabitate, dopo che un virus ha sterminato buona parte della popolazione femminile. La giovanissima Rag è costretta a un vagabondaggio continuo e a fingersi maschio, celando la sua reale identità di genere attraverso camuffamenti, cappelli e capelli corti, ogni volta che non può evitare il contatto con altri esseri umani, tutti uomini, di cui è impossibile fidarsi a primo intuito poiché resi brutali e senza scrupoli dalla mancanza di femmine.

Recensione di Light of My Life

Sono l’unica ragazza della mia specie. Ho la peste?

Rag (Anna Pniowsky) in Light of My Life

Ambientato in un panorama post-pandemico in cui la popolazione femminile è pressocché annientata, il film si concentra sul rapporto fra un padre senza nome e sua figlia Rag, costretti ad affrontare un’avventura dai toni survival in cui il nemico da evitare e combattere lungo il loro infinito tragitto è l’uomo. Infatti, in un mondo che non può più facilmente essere accolto in un grembo materno, il genere maschile si riscopre profondamente brutale, cinico, pericoloso verso quelle donne viste come merce preziosa e quegli uomini che cercano di proteggerle.

Il film ha come chiari fonti d’ispirazione pellicole come “The Road” e “I figli degli uomini”, nonché il videogioco “The last of Us”, con cui è assurdo non fare un confronto che a tratti può rivelarsi un’uguaglianza. Ma nonostante ciò, il film mantiene nel suo minimalismo e nella sua linearità una sincera originalità. L’attenzione e il fuoco della camera rimangono sempre concentrati sul rapporto genitoriale, sul bisogno pre-adolescenziale di Rag di iniziare a mostrare e indagare la propria identità, sulla difficoltà di un padre a trovare le giuste parole, in un mondo post-apocalittico, per creare discorsi istruttivi sulle basilari dinamiche sociali, politiche, etiche e perfino biologiche che accompagnano e scandiscono la vita degli esseri umani.

Sono l’ultima femmina della mie specie?” domanda Rag al papà in una delle innumerevoli notti passate in tenda. E ancora: “Io non conosco nessuno”. Fin dai primi secondi il film ci abitua a vivere momenti di quotidianità, seppur anomala, in cui la giovane protagonista è tempestata da una serie d’interrogativi e timori che sono l’inevitabile frutto di un’infanzia e di un’imminente pubertà funestate da eventi tragici ed inattesi, trascorse in una realtà inumana, isolata e profondamente solitaria.

Ma Light of My Life è anche e soprattutto una metafora contemporanea sul ruolo della donna. In questo, la sceneggiatura elaborata da Affleck si dimostra più complessa e articolata di quel che potrebbe apparire dalla lettura della sua sinossi. Non a caso il film si apre con una lunga e calda scena in cui il padre racconta alla figlia la favola di un maschio di volpe che, per amore della propria compagna, riuscirà a salvare lei e l’intero mondo animale costruendo una simil Arca di Noè. Ma nel corso della storia di cui siamo spettatori la figlia prenderà sempre più coscienza della propria condizione e non esiterà, in conclusione, a prendersi lei cura del padre, dell’uomo. E infatti anche la favola narrata all’interno del film si ribalta nel momento in cui, in una delle tante sere, sarà Rag a inventarsi un nuovo finale per la favola dell’Arca. Non sarà il maschio a salvare l’indifesa e sciocca femmina di volpe, ma quest’ultima, astutamente, riuscirà sia a badare a se stessa che a riportare a casa il proprio compagno.

Affleck mostra, in una maniera che si tiene lontana dal buonismo e rivelando una sua dolce originalità, come perfino in un mondo del genere l’uomo abbia usurpato il ruolo alla donna, la quale è e dovrebbe ricoprire la posizione dominante, nonostante i pericoli che questo comporta. Il finale, caratterizzato da un prevedibile aumento del dinamismo e della violenza, si mantiene pienamente su questo binario, donando a Rag il ruolo d’ineluttabile protagonista.

Light of My Life non brilla per una regia o fotografia particolarmente ispirata, queste non conquistano mai un loro spazio autonomo di narrazione, bensì sono al servizio di una storia che vuole far riflettere. E lo fa attraverso un delicato simbolismo che non naufraga in un astruso ermetismo, ma rispecchia una necessaria leggiadria e si confà a quel dolce linguaggio che si viene normalmente a creare fra un padre e la sua giovane figlia.

Note positive

  • Il rapporto padre-figlia è ben interpretato e ben scritto;
  • Regia lineare e accogliente;
  • Sono offerti buoni spunti di riflessione.

Note negative

  • Ambientazione già vista e poco approfondita;
  • I personaggi secondari e antagonisti sono scarsamente caratterizzati.
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