L’impatto emozionale del colore nel cinema digitale

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In questo articolo si parla dell’impatto emozionale del colore, e come nel cinema contemporaneo e nel cinema più recente l’introduzione di una innovazione tecnologica come quella del digitale abbia consentito di trasformare o di amplificare il ruolo del colore all’interno della realizzazione filmica e del linguaggio cinematografico e l’uso della color correction all’interno dei film come Sin City e Pleasantville.

Una delle possibili strategie attraverso cui la correzione del colore può funzionare è quella di mettere insieme nella stessa immagine parti che sono in bianco e nero, e parti che sono a colori. Cosa che nel precedente regime tecnologico, analogico, dell’immagine su pellicola, non era possibile ottenere, se non ricorrendo a tecniche particolarmente complesse da realizzare. Tale evoluzione ha permesso al cinema di avanzare sia sul piano tecnologico che emozionale. Rintracciamo così l’immersività, come caratteristica ricercata da gran parte del cinema contemporaneo, sul fatto che il cinema possa essere un medium che presuppone un coinvolgimento multi – sensoriale, che non riguarda soltanto quei sensi direttamente coinvolti nell’esperienza filmica, come i sensi della vista e dell’udito, che ricevono degli impulsi direttamente rivolti a questi due organi e canali sensoriali, ma cercare di ripensare all’esperienza filmica come un’esperienza multi – sensoriale, considerando che quando io vado al cinema io sono un essere che ho cinque canali sensoriali, che sono introdotti dentro un sistema ancora più grande che li contiene, dentro un hardware (linguaggio che viene dall’informatica e dalla robotica), che io mi porto sempre dietro, che è il mio corpo.  Questa idea si afferma nella riflessione sullo statuto del cinema e dell’esperienza cinematografica, affermato in questi ultimi 15 – 20 anni, passando da un’idea oculocentrista (Cinema prevalentemente o esclusivamente come esperienza visiva, i teorici classici del cinema, il 99 per cento, basando e costruendo le loro riflessioni e le loro teorie) a un’idea.

Michael Chion, studioso, francese, che viene da studi di ambito musicologico è il primo a comprendere dagli anni 80 a 90 e a far capire agli studiosi di cinema di passare da un paradigma oculocentrico verso un paradigma che tenesse in considerazione la componente sonora del film, che non è subordinata a quella visiva, ma sta sullo stesso piano. Ha pubblicato una serie di studi che hanno sottolineato l’importanza nel suono nell’esperienza filmica. Si rimane comunque nell’ambito dei due sensi, vista e udito, ma non si passa all’elemento del corpo come elemento centrale che caratterizza ogni tipo di esperienza filmica

Inizio anni 2000/ Paradigma sul corpo/ Studiosi area anglo – americana: Partendo da un concetto nato nella psicologia cognitiva e nell’ambito della filosofia della mente che è il concetto difficilmente traducibile in italiano, o assume diverse connotazioni dall’inglese    

Embodiment: Incorporazione/Incarnazione, ma termini che non rendono bene, incarnazione si riferisce al religioso, ma non ha niente a che vedere con Embodiment. Tentativo di allargare l’esperienza filmica a tutto il sistema sensoriale che caratterizza la percezione umana, e in secondo luogo cercare di ampliare ulteriormente i confini dell’esperienza filmica, considerando il sistema percettivo umano come istallato e caratterizzato, determinato, dalla struttura del proprio corpo, dal sistema che è riconducibile alla nostra essenza corporea. Quando partiamo da questa percezione, dobbiamo pensare che la percezione filmica non riguarda solo occhi (Sguardo) e orecchie (Udito), ma il nostro sistema sensoriale nel suo complesso. Quando una persona va al cinema, non è ad es. che il tatto mi smetta di funzionare, io porto nella sala cinematografia il mio corpo, e i miei cinque sensi, e il cinema è un’esperienza che coinvolge interamente il mio corpo e i miei sensi. Questa studiosa americana, ci dice che noi vediamo e comprendiamo, e lo sentiamo, il film, con il nostro corpo. La sequenza del taglio dell’occhio di un cane andaluso di Bunuel, è un esempio perfetto di come la percezione cinematografia sia una percezione embodied, incorporata, perché l’immagine aggredisce il mio sistema corporeo e sensoriale; immagine brutale e violenta, che mette a disagio colui che guarda il film, soprattutto la prima volta che vediamo il film. Il cinema è un linguaggio audio – visivo, ma ci sono anche il tatto, il gusto e l’olfatto; come possono essere mobilitati nella mia esperienza filmica?

Attraverso quali modi il cinema ci dà un’esperienza pluri – sensoriale che va oltre la vista e l’udito?

Due strategie che la storia del cinema ha messo in discussione l’una con l’altra:

  1. Sperimentazioni tecniche basate sull’aggiunta di stimoli sensoriali basati direttamente ad uno degli altri sensi; una risposta diretta al tentativo di ampliare il coinvolgimento diretto dei sensi, aggiungendo all’esperienza cinematografica il senso dell’olfatto. Smell-O-Vision (1960), un dispositivo attaccato al retro di ciascuna poltrona di ciascuno spettatore che attraverso la fessura e una sorta di ventilatore diffonde degli odori inseriti nella cabina di proiezione; sperimentazione che ha durata per tre, quattro film, ma non vantaggiosa a livello economico, non ha funzionato, anche perché gli apparecchi ingegnosi costano
  2. Consegnare agli spettatori all’ingresso della sala dei pezzettini di cartoncini che grattando su una parte del cartoncino si diffondeva un aroma nella sala, e il film doveva essere accompagnato dall’indicazione della parte del cartoncino da grattare. Ad es. protagonista che cammina in un campo di fiori/ odore dei fiori. Una sorta di gratta e vinci ancora oggi in uso, nei parchi divertimento, tipo Disneyland, delle poltroncine che si muovono in correlazione a quello che sta accadendo nello schermo, per cui se ci viene fatto vedere un’incidente stradale, la sedia farà dei movimenti che mi daranno l’impressione di essere io stesso coinvolto nell’incidente stradale, aumentando l’immersione all’interno del film e il coinvolgimento sensoriale. Si coinvolge il mio corpo.. Motion Seats Sul gusto è un po’ più complicato; accompagnamento del film con una degustazione di cibi cucinati da grandi o presunti chef. Ampliare le sensazioni associate alla proiezione cinematografica, con un cuoco che cucina mentre il film viene proiettato.

Utilizzare immagini, suoni, montandoli tra di loro, in modo di dare l’illusione che i sensi possano essere implicati/coinvolti guardando il film (Udito, vista, tatto, la sensazione che il corpo riceve da essere avvicinato da una lama tagliente (Un cane andaluso). Un film che ci fa vedere il cibo ad es. in una certa maniera ci fa attivare anche il senso del gusto, o per degli espedienti formali che il film utilizza ci può far attivare una sensazione pluri – sensoriale. 

Immagini/Suoni/Montaggio per ampliare l’orizzonte sensoriale del cinema può andare in due direzione diverse che possono sovrapporsi come no:

  1. Percezione polimodale: Percezione che coinvolge più sensi simultaneamente, e il cinema fa già questo quando c’è l’abbinamento d’immagine e suoni. Nel cinema muto non era invece scontata, a meno che in sala le immagini fossero accompagnate da musiche e rumori, commenti sonori ecc.
  2. Quando il film utilizza altre strategie per aumentare i sensi
  3. Percezione intermodale: Che crea una interazione tra canali sensoriali normalmente separati (sinestesia). Pare sia provato scientificamente che le persone che hanno una conformazione mentale che permette loro di attivare cambi sinestetici in realtà sia molto rara, e sono poche le persone che provano delle sinestesie reali, e resta un fenomeno soggettivo. Associando ad es. un colore a un odore, a un profumo/ Associando una sensazione gustativa a un suono/ una nota musicale a un determinato colore. Sensazioni che alcune persone hanno in forma innata, e alcuni che non hanno. Le sensazioni sinestetiche anche se non sono vissute nella propria esperienza comunque possono essere evocate dai film anche in associazioni di tipo semantico e di tipo culturale ad es. un colore può dare determinate sensazioni. I Film cercano di attivare allo spettatore, e non è detto che ci riescano, è una risposta puramente soggettiva, dandoci sia reazioni polimodali e intermodali associando un canale sensoriale a una sensazione che si colloca ad un altro canale sensoriale, e questa è la sinestesia.
  4. Associare il senso della vista a quello del tatto, e si parla di percezione aptica; una sensazione visiva (L’immagine) ci dà un coinvolgimento diretto o indiretto del senso del tatto (Bunuel il taglio dell’occhio, o sequenze di cinema contemporaneo dove ci viene fatto vedere il corpo con atti violenti che mettono a rischio l’integrità stessa del corpo (tagli, siringhe, aghi, lame). 

Quella che ci interessa a noi non è però una sensazione aptica legata al contenuto del film, ma piuttosto alle componenti formali del film, e dobbiamo considerare il potere del colore per darci e produrci delle sensazioni tattili; spesso si dice che i colori vengono avanti o retrocedono rispetto all’immagine, e si tratta già di una spazializzazione del colore, di un’interpretazione del colore come un  fenomeno spaziale, che coinvolge quindi la nostra percezione aptica, che è quella dello spazio intorno a noi che è orientata dal nostro corpo, dalla nostra possibilità di toccare un’oggetto, di valutare la distanza e le dimensioni di un’oggetto, in base alla nostra posizione del corpo.

Il colore può attivare nei film una sensazione di tipo aptico? E con quali strategie fa ciò?

Interazione di elementi formali: Musica/ Colore/Movimento/Montaggio che possono andare nella direzione di facilitare lo sviluppo di una sensazione/percezione aptica nello spettatore, coinvolgendo lo spettatore, indirizzandolo a sviluppare il senso del tatto, anche se si tratta di un’immagine puramente visiva, gli effetti possono invitare anche il senso del tatto a partecipare indirettamente al tipo di esperienza che quel filmato mi sta mostrando.

[Nel film di Aladdin quando Aladdin spezza il pane con la sua scimmia, a me mi sembra che il pane è buono, e quindi mi attiva il senso del gusto, e quando lo spezza, del tatto]

Strategia importante negli ultimi anni: Manipolazione digitale del colore. Le immagini digitali sono fatte di numeri, e fa anche sì che questi numeri io possa cambiarli completamente per produrre delle nuove immagini che avranno dei diversi colori rispetto alle immagini di partenza.

L’immagine digitale è fatta di punti, di pixel, e che ciascun pixel è basato su tre codifiche numeriche, del rosso, verde e blu, e il colore è l’informazione primaria che definisce ciascun tipo di immagine digitale. Anche se è un’immagine in bianco e nero la sua informazione di base è determinata da un livello di colore.

La manipolazione digitale del colore può andare in una direzione di produrre e di attivare un tipo di percezione che coinvolga non solo la vista ma anche il senso del tatto; questo invito a toccare le immagini e a essere attratti tattilmente dalle immagini lo possiamo trovare nel cinema contemporaneo attraverso 3 strategie principali di cui vedremo altrettanti esempi.

  1. Ritorno dell’immagine ibridata: Colore e bianco e nero si ibridano in una stessa immagine, e hanno un origine diversa l’uno dall’altro. Si riprende prima in bianco e nero, e poi si colora successivamente la parte che vogliamo colorare.
  2. Ritorno dell’immagine in bianco e nero, fenomeno tipico della cinematografia contemporanea
  3. La presenza di colori ipersaturi, che lo spettatore riconosce come puramente artificiali

L’immagine ibridata è una forma di attrazione e che quindi possiamo ricondurre alle origini della cultura delle attrazioni, Panorama e Diorama. E’ un’immagine con una base analogica, fotografica, che viene appunto a costituire la base di una colorazione che viene aggiunta successivamente attraverso l’applicazione di un pigmento colorato, non analogico. Abbiamo un’origine fotografica che caratterizza l’immagine in bianco e nero, e un’origine artificiale che caratterizza il colore che viene sovrapposto come strato aggiuntivo all’immagine originaria in bianco e nero. Pratica che ha tempi e modalità diversi secondo i media utilizzati, utilizzata fin dalla fine del 800 nella stampa e nella pubblicità, fino agli inizi della fotografia per colorare le immagini fotografiche in bianco e nero, e nel cinema l’immagine ibridata si è utilizzata fin dall’origine del cinema attraverso la colorazione a mano dei fotogrammi, o l’immersione delle immagini in bagni e soluzioni coloranti. In questi casi, l’immagine ibridata serve anche per ridare colore a delle immagini che non potevano essere riprodotte a colori, siamo in una fase precedente al cinema e alla fotografia a colori, quindi diventa un mezzo sostitutivo rispetto alla fotografia e al cinema in bianco e nero. E’ però interessante riflettere che in queste immagini il colore viene percepito dallo spettatore come un qualcosa di autonomo, che si stacca rispetto alla base fotografica dell’immagine, è autonomo, il colore ha una sua autonomia, e c’è da chiedersi se ci dà sensazioni aptiche, tattili, per la capacità del colore di venire avanti, capacità che viene ulteriormente accresciuta quando noi percepiamo il colore che vediamo sullo schermo non come un attributo che le cose hanno, connaturato all’oggetto, ma come aggiuntivo, come uno strato che si aggiunge a quello che io sto vedendo, mantenendo sempre un certo livello di autonomia.

  • Cinema delle Attrazioni – Immagine Ibridata – Dettata anche da Necessità tecnlogica: L’impossibilità di ottenere le immagini a colori direttamente attraverso il medium fotografico/cinematografico
  • Perché questo meccanismo e questa tecnologia è tornata prepotentemente nel cinema contemporaneo, a partire dagli anni 90? Non si tratta di esigenza tecnologica, le immagini sono in grado di riprodurre il colore – No necessità tecnologica, ma c’è un altro tipo di motivazione a questo ritorno dell’immagine ibridata, è un ritorno delle attrazioni che abbiamo nel cinema contemporaneo con quello delle origini (Avatar). Il ritorno all’attrazioni è un modo per aumentare l’impatto corporeo e sensoriale dello spettatore, per allargare e ampliare le possibilità multi – sensoriali del cinema.

Casi più interessanti d’ibridazione dell’immagine nel cinema contemporaneo: Due possibilità che ritroviamo anche in altre forme extra – cinematografiche: Pubblicità – Video Musicale. Lo stesso ritorno nel cinema contemporaneo dell’immagine ibridata lo troviamo anche nell’immagine in bianco e nero, che è una forma trasmediale, che attraversa molteplici media, la stampa e la pubblicità che utilizzano l’immagine in bianco e nero fin dagli anni 70 del 800, la fotografia che nasce in bianco e nero e solo più avanti diventa un medium a colori, e il cinema che nasce come medium in bianco e nero, come evoluzione della fotografia, diventando a colori verso la metà degli anni 60. Perché nel cinema contemporaneo e media contemporanei il bianco e nero sia utilizzato così abbondantemente e frequentemente, e non sono ragioni tecniche e culturali, perché lo standard è l’immagine a colori, ma spesso possiamo sempre passare dal colore al bianco e nero, oppure alla forma ibridata dell’effetto seppia, o virata, tramite telecamere, fotocamere, anche quella incorporata nel cellulare. Perché questo ritorno del bianco e nero che era caduto tra la fine degli anni 60 agli inizi degli anni 90 dove era considerato una forma archeologica, quasi nessun film faceva uso del bianco e nero, solo quelli marcatamente citazionistici (Frankenstein Junior, che fa il verso ai film dell’Universal degli anni 30) o Manhattan di Woody Allen che si rifà alla fotografia del cinema dell’avanguardia Newyorkese degli anni venti, che ci rimanda all’immaginario della raffigurazione della città in bianco e nero. Se noi facessimo un’analisi quantitativa su quante volte negli ultimi 15 – 20 anni il bianco e nero sia stato utilizzato nella pubblicità, nei videoclip, nel cinema, potremmo trovare decine e decine di esempi.

2 Modi/Funzioni possibili che il bianco e nero può avere nel cinema contemporaneo:

  • Uso narrativo: Il bianco e nero ha una funzione narrativa che serve a distinguere le sequenze in bianco e nero da quelle a colori, che avranno una differente funzione narrativa. L’esempio più evidente e semplice è Memento, 2000, Nolan. Film che ha per protagonista un soggetto che soffre di disturbo della memoria, e ogni dieci minuti si dimentica di ciò che ha fatto negli ultimi dieci minuti, e si ricorda fino a un certo momento traumatico della sua vita e poi ha una durata della sua memoria che dura una decina di minuti, e vive con una serie di appunti, tatuaggi e fotografie che gli ricordano la sua storia, quello che deve fare e i suoi obiettivi. Per recuperare lo stato cognitivo di questo personaggio, il film è costruito da una narrazione che procede all’indietro, dal momento più recente a quello più passato, affinché lo spettatore si trovi nella stessa condizione del personaggio, ovvero non sa quello che è successo prima al personaggio. Si tratta di un caso di allineamento cognitivo con un personaggio privo di memoria, che non sa quello che ha fatto in passato. Blocco sequenze che procede dal futuro al Passato; Il film è girato a colori/ Altra serie di sequenze che invece procedono dal passato al futuro, protagonista dentro una camera d’albergo e si chiede cosa debba fare, sequenze filmate in bianco e nero. Il film alterna una sequenza a colori e una sequenza in bianco e nero, servendo ad orientare lo spettatore per ricomporre il puzzle temporale che è molto complesso, per facilitare allo spettatore la linea narrativa contorta del film.
  • Senza alcuna funzione narrativa diretta per un effetto puramente estetico e percettivo – Sin city, che alterna immagini in bianco e nero con immagini ibridate: Il bianco e nero privo di sfumature è usato per costruire un look visivo che rimanda ai graphic novel da cui è tratto il film. Frank Miller è coregista del film. Entrambi accomunati dallo steso stile visivo, dove è presente il bianco e nero, non c’è il grigio, non ci sono sfumature tra il bianco e nero.
  • Uso di colori particolarmente saturi o artificiali: l’effetto percettivo che certe immagini ci danno delle reazioni attraverso il colore nella nostra mente. Negli anni 90 alcuni scienziati neuro – cognitivi hanno fatto degli esperimenti, delle misurazioni cerebrali, facendo vedere le due immagini delle fragole, per vedere come il cervello reagisce, tra un’immagine reale, fragole rosse, e un’ immagine con delle fragole blu. La percezione di un elemento con colori giudicati non naturali provoca un’attivazione cerebrale differente rispetto a un elemento con colori giudicati naturali. Le possibilità di manipolazione del digitale possono essere usate per accrescere l’impatto emozionale del colore. Nell’immagine manipolata il mio cervello va in tilt, attivando tutta una serie di percorsi e link che sono diversi da quelli attivati da un immagine “normale”; vado a cercare nella memoria se ho memoria di queste fragole colorate di questo tipo, e il cervello ha una reazione più complessa, sente disattese tutte le sue aspettative di fronte a questa immagine, e l’impatto emozionale che ci produce è totalmente differente, perché mi sorprende, fa prendere alla mia mente un percorso inatteso, e può comportarmi anche un diverso investimento emotivo e diverso livello di attivazione emozionale. La manipolazione del colore resa possibile dal digitale può diventare un elemento, una tecnica e uno strumento per aumentare l’impatto emozionale dello spettatore, coinvolgere maggiormente il suo sistema sensoriale.
  • Tanti film contemporanei che ci propongono delle immagini che ci disattendono per quanto riguarda il colore, dandoci anche visioni di tipo aptico, attivano maggiormente i nostri sensi.
  • In Avatar, l’abbinamento di luce colorata e di un effetto di un’immagine monocromatica ritorna nel corso del film e può quindi contribuire periodicamente a rinforzare un determinato mood che il film può creare, sta preparando all’ingresso del mondo degli Avatar, in cui i personaggi hanno un carnato di colore verso da quello che noi siamo abituati;  si costruiscono strutture ricorrenti attraverso uno stesso colore o lo stesso schema cromatico.
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