Martyrs (2008): La filosofia del genere horror

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Martyrs (2008) recensione locandina

Martyrs

Anno: 2008

Paese: Francia, Canada

Lingua: Francese

Genere: Horror / Drammatico

Prodotto da: Richard Grandpierre

Casa di produzione: Canal Horizons, Canal+, CinéCinéma, Eskwad, TCB Film, Wild Bunch

Durata: 1 hr 35 min (95 min)

Regia: Pascal Laugier

Sceneggiatura: Pascal Laugier

Montaggio: Sébastien Prangère

Dop: Stéphane Martin, Nathalie Moliavko-Visotzki, Bruno Philip

Musica: Seppuku Paradigm

Attori: Morjana Aloui, Mylène Jampanoi, Catherine Begin, Robert Tupin, Patricia Tulasne, Juliette Gossein, Xavier Dolan, Isabelle Chasse, Jessie Pham, Erika Scott, Tony Robinow, Anie Pascal

Trailer di Martyrs

Trama di Martyrs

Lucie (Mylène Jampanoï) e Anna (Morjana Alaoui) sono due grandi amiche al centro di una spirale crescente di violenza: Lucie da piccola ha subito brutali sevizie, e oggi vive per la vendetta mentre viene continuamente braccata da una creatura mostruosa; Anna entra in contatto con Mademoiselle (Catherine Begin), una donna che tortura giovani vittime per portarle a uno stato intermedio tra la vita e la morte in modo da scoprire cosa c’è ad attenderci nell’aldilà.

Recensione di Martyrs

Cosa dire di Martyrs di Pascal Laugier, senza rivelare troppo delle mille sorprese in esso celate? Che è un pugno allo stomaco senza precedenti, uno dei migliori horror del nuovo secolo, un apparente clone di Saw o di Hostel che in realtà è una bestia di ben altra natura. Questo capolavoro fornisce un’esperienza cinematografica con pochi pari all’interno del genere, che sembra finire ogni mezz’ora per poi ripartire con nuovi scioccanti snodi. Il merito di tale riuscita risiede senz’altro nella magistrale sceneggiatura scritta dallo stesso Laugier, concepita per giocare con gli stereotipi dell’horror occidentale e orientale ma estremamente innovativa grazie a un soggetto arricchito però da un non indifferente sottotesto metafisico (che ribalta il concetto cristiano di “martirio”, indaga l’antropofagia borghese e sviscera l’ossessione umana per la morte).

Lucie era solo una vittima. Come tutte le altre. E’ cosi facile creare una vittima. Chiudi qualcuno in una stanza scura. Inizierà a soffrire. Nutri questa sofferenza. Con metodo, sistematicamente e con il freddo. E lo fai durare. Il tuo soggetto passa attraverso un numero di fasi. Dopo un po’, il loro trauma; quel piccolo, spiraglio aperto, fa vedere loro cose che non esistono.

cit. Martyrs

Tra una soluzione narrativa geniale e l’altra, Laugier trova pure il tempo di citare l’estetica del Dario Argento più maturo, i Libri di sangue di Clive Barker (soprattutto nel finale) per quanto riguarda l’idea di estasi del dolore, e persino Dante Alighieri e il Pasolini di Salò e le 120 giornate di Sodoma per la struttura in tre “gironi”. Il suggestivo remix degli elementi in gioco si snoda in una progressione di indimenticabili scene scioccanti (mai gratuite), che sfociano in un finale beffardo, ultima e definitiva martellata sui denti di un film privo eccessivi spargimenti di sangue ma comunque malsano e disarmante. Martyrs non ha alcun interesse a divertire con la violenza, lo spettacolo mette a disagio, e la tentazione di etichettare il lavoro di Laugier come gorno viene sminuita in continuazione durante l’ora e mezza di durata.

L’ottima e mai stereotipica caratterizzazione dei personaggi (bravissime le protagoniste, due candidi angeli macchiati di sangue), l’atmosfera claustrofobica cesellata alla perfezione, le forti sferzate di violenza fisica e psicologica, una colonna sonora riuscitissima nel suo essere in netto contrasto con le immagini proposte da Laugier, e la tensione affilata come una lama danno il soffio della vita a un’intensa e personalissima opera d’arte.

Note positive

  • Regia
  • Recitazione
  • Sceneggiatura
  • Ritmo e montaggio

Note negative

  • Nessuna
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