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Love
Titolo originale: Kjærlighet
Anno: 2024
Nazione: Norvegia
Genere: Drammatico
Casa di produzione: Motlys
Distribuzione italiana: Wanted
Durata: 119’
Regia: Dag Johan Haugerud
Sceneggiatura: Dag Johan Haugerud
Fotografia: Cecilie Semec
Montaggio: Jens Christian Fodstad
Scenografia: Tuva Hølmebakk
Costumi: Ida Toft
Musiche: Peder Kjellsby
Attori: Andrea Bræin Hovig, Tayo Cittadella Jacobsen, Marte Engebrigtsen, Lars Jacob Holm, Thomas Gullestad, Marian Saastad Ottesen, Morten Svartveit
Trailer di “Love“
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
Love fa parte della trilogia del regista norvegese Dag Johan Haugerud. Essa comprende Sex (2024), presentato alla Berlinale 2024, e Dreams, che deve vedere ancora la luce.
La pellicola è stata presentata in concorso alla 81^ Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, dove è stata proiettata il 6 settembre. Love era anche in concorso per il Queer Lion. Al momento non è prevista una data di distribuzione in Italia. Inoltre, non è al momento disponibile sulle piattaforme streaming.
Trama di “Love”
Oslo al giorno d’oggi. Marianne è un medico che si confronta quotidianamente con pazienti affetti dal tumore alla prostata. Nonostante il suo pragmatismo, la donna è delusa dalla sua vita sentimentale. Mentre una sera torna a casa, sul traghetto incontra Tor, un infermiere omosessuale, che trascorre spesso le notti sul battello in cerca di incontri fortuiti con altri uomini.
I due si trovano subito in sintonia e Tor le racconta delle sue esperienze di intimità spontanea e delle profonde conversazioni nate in quei momenti clandestini. Affascinata da questa nuova prospettiva, Marianne inizia a mettere in discussione le convenzioni sociali e si chiede se anche per lei l’intimità casuale possa essere una valida opzione.

Recensione di “Love”
Love fa desumere, dal titolo, essere un film che indaga sull’amore ed è ciò che fa, in parte, il regista norvegese Dag Johan Haugerud. L’autore, che è anche lo sceneggiatore del lungometraggio, si avventura in una dimensione che è quella dell’esplorazione. Una ricerca che ha una base sessuale, fatta di incontri casuali, e che viene accostata a quella più di routine del classico incontro a casa di amici.
Più che di amore, invero, la pellicola traccia due percorsi di ricerca personale che vanno anche a scandagliare come i due protagonisti vivono le relazioni sentimentali. Haugerud vuole fare un film intimista senza però entrare, fino in fondo, nella profondità d’animo di Marianne e Tor, i soggetti scandagliati.
Il regista norvegese, che ha un sicuro amore per i paesaggi della sua terra, riesce a riempire il suo secondo film con un fiume di parole che tanto dicono quanto alla fine nulla di particolare lasciano. Ed è questo il senso che resta alla fine della visione di Love. Il coraggio espresso rispetto all’argomentazione di un tabù come il cancro alla prostata non è poi utilizzato per entrare nelle anime dei personaggi.
Approfondimento più bucolico che umano
La dicotomia del film è evidente: da una parte abbiamo Marianne, medico interpretato da una composta Andrea Bræin Hovig, che pare avere ben chiaro ciò che è e ciò che cerca, dall’altra abbiamo Tor, portato sullo schermo da Tayo Cittadella Jacobsen, che invece ha bisogno di una stimolazione continua per avere un interesse – anche solo sentimentale. La via percorsa, in entrambi i casi, è quella del sesso ed è da quella pulsione che partono poi le considerazioni dei protagonisti. Una direzione evidente fin dalle primissime scene, in cui l’amica di Marianne si sofferma sulla descrizione dell’inclusività e della sessualità di alcune effigi dei monumenti nazionali di Oslo. Ma l’anticonformismo è altra cosa.
Per molti versi questo film è utopico: riguarda il tentativo di raggiungere l’intimità sessuale e mentale con gli altri senza necessariamente conformarsi alle norme e alle convenzioni sociali che governano le relazioni. (Dag Johan Haugerud)
Una storia rappresentata già vecchia
Marianne inizia una relazione con un uomo più per noia che per reale interesse, sia fisico che sentimentale. Una storia che si avvia lentamente verso l’archiviazione, dovuta anche alla situazione familiare dell’uomo – una figlia e una ex moglie vicine di casa la cui presenza-invadenza incombe su Marianne –che mette alla luce il (non) coraggio della donna.
Il medico, dopo una epifania, decide di seguire gli istinti del confidente Tor e di donarsi a un rapporto sessuale con un uomo conosciuto sul traghetto. Un dialogo beckettiano ci fa capire che lei non vuole una relazione e che lui non può averla in quanto sposato, andando a confutare l’idea instillata dal titolo.
Tor, l’infermiere omosessuale che usa Grindr solo in traghetto, è invece alla ricerca di rapporti estemporanei, non necessariamente sessuali, ma neanche amorosi. In un mercato di scambio di tenerezze, l’operatore sanitario si accontenta di un bacio sulla guancia piuttosto che di una carezza sulla gamba.

Il giovane uomo, che pare avere una predisposizione ai rapporti mordi e fuggi, si rivela alla famelica ricerca di affetto e per questa ragione inizia una stramba relazione con un paziente di Marianne, appena operato di cancro alla prostata e conseguentemente bisognoso di cure.
Tor è la versione 2.0 di Candy Candy o comunque di tutte quelle persone che, per compensare il loro bisogno affettivo, si rendono indispensabili come infermieri – in questo caso specifico, Tor ricopre il ruolo sia fisicamente che emotivamente.
Conformismo e perbenismo protagonisti invece che discussi
In tutto questo racconto, Haugerud non va mai oltre un limite che si è autoimposto, sia rappresentativo che empatico. Spesso le sue inquadrature fanno perdere quel contatto con i suoi personaggi, focalizzandosi su primi piani che risultano asettici. Inoltre, non scandaglia i corpi e le anime di Marianne e Tor, affibbiandogli tante, tantissime parole che però li segnano in maniera superficiale, non raggiungendo il suo obiettivo finale. Il conformismo rimane e gli si incolla addosso anche il perbenismo puritano.
Con Kjærlighet, e l’intera trilogia, il mio obiettivo principale è stato quello di far capire che è possibile immaginare nuovi modi di pensare e comportarsi. (Dag Johan Haugerud)
I ragionamenti percorsi dai protagonisti, puntualmente poi contraddetti dalle loro azioni, vengono resi insulsi. Inoltre, non portano a nulla di nuovo rispetto a pensieri già propostici in molte altre opere. Love è tutto e niente, un contenitore di buone intenzioni politicamente corrette che rimangono superficiali, perdendo la forza significante e che, dopo le due ore di proiezione, lasciano il vuoto.
In conclusione
Love di Dag Johan Haugerud non lascia il segno, rimane un film anonimo sulle relazioni, senza una minima vena autorale che possa quanto meno gratificare esteticamente lo spettatore. Qualcuno potrà rimanere intrappolato dalle facili fascinazioni romantiche per uscirne comunque non arricchito. La pellicola del regista norvegese è paragonabile a un lungo viaggio verso nessuna destinazione. O forse la meta è Dreams, l’ultimo film della trilogia che deve ancora essere presentato al pubblico.
Note positive
- Bei paesaggi
Note negative
- Racconto poco coraggioso
- Tantissime parole per coprire un vuoto empatico