Love Letters (2025). Una storia interessante che si perde fra troppi tratti umani. Cannes 78 La Semaine de la Critique

Recensione, trama, cast del film Love Letters (2025) di Alice Douard, presentato al Festival di Cannes nella sezione Settimana della Critica il 17 maggio 2025.

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Love Letters (Des preuves d’amour) (2025) – Regia di Alice Douard – Presentato alla Semaine de la Critique del 78° Festival di Cannes – Immagine concessa per uso editoriale.
Love Letters (Des preuves d’amour) (2025) – Regia di Alice Douard – Presentato alla Semaine de la Critique del 78° Festival di Cannes – Immagine concessa per uso editoriale.

Love Letters

Titolo originale: Des preuves d’amour

Anno: 2025

Nazione: Francia

Genere: Drammatico, Commedia

Casa di produzione: Apsara Films, Les films de June, France 2 Cinéma

Distribuzione: Tandem

Durata: 96 minuti

Regia: Alice Douard

Sceneggiatura: Alice Douard

Fotografia: Jacques Girault

Montaggio: Pierre Deschamps

Musiche: Raphaël Hamburger

Scenografia: Anne-Sophie Delseries

Costumi: Pauline Juille

Attori: Ella Rumpf, Monia Chokri, Noémie Lvovsky, Félix Kysyl, Anne Le Ny, Édouard Sulpice, Julien Gaspar-Oliveri

Trailer di “Love Letters”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

La regista francese Alice Douard propone, per il suo secondo lungometraggio, un’altra storia al femminile, pregna di tematiche sociali che, per sua stessa ammissione, l’hanno coinvolta direttamente.

I went through the adoption process with my daughter, to whom my wife gave birth in 2018. I wanted to address that legal aspect by connecting it to something intimate, because it all felt very novelistic. (Alice Douard)

Protagoniste della pellicola sono la parigina Ella Rumpf, già vincitrice nel 2024 del César come miglior promessa femminile con il film Il teorema di Margherita (2023), e la canadese Monia Chokri, già vincitrice a Cannes 2019 del Premio Giuria Colpo al Cuore con La femme de mon frère (2019) – di cui era regista e sceneggiatrice.

Love Letters è stato presentato il 17 maggio al Festival di Cannes 2025 all’interno della Semaine de la Critique.

Trama di “Love Letters”

Céline, una donna di 32 anni, si appresta a vivere la maternità in un modo diverso dal tradizionale. Sebbene non sia lei a portare in grembo la bambina, l’attesa dell’arrivo di sua figlia è carica di emozioni e riflessioni profonde. Tra tre mesi sarà Nadia, sua moglie, a dare alla luce la loro bambina, e nel frattempo Céline affronta le aspettative della società, il giudizio degli amici, il rapporto con sua madre e il quadro normativo che definisce il suo ruolo.

In questo percorso, cerca di dare significato alla propria identità genitoriale e di affermare il diritto di vivere appieno questa straordinaria esperienza.

Recensione di “Love Letters”

Il cinema francese sta attraversando una fase di evidente stallo creativo, un momento di riflessione e smarrimento che sembra allontanarlo da quella fecondità narrativa che ha segnato le epoche d’oro dei Cahiers du Cinéma e di autori capaci di plasmare il mezzo cinematografico con una forza espressiva autentica.

I tempi di Abdellatif Kechiche, Céline Sciamma e Camille Vidal-Naquet non sono lontani, eppure c’è un senso di uniformità che impregna le produzioni più recenti. Un appiattimento tematico e stilistico che pare dettato più dalle logiche delle piattaforme streaming che dall’urgenza autoriale, con la volontà di assumersi l’onere di una normativa educazione sociale.

La crisi delle storie nel cinema francese attuale

I nuovi sceneggiatori sembrano incapaci di sottrarsi alla necessità di affrontare temi di forte impatto sociale e politico, ma lo fanno con un’enfasi ridondante, sovraccaricando le storie di contenuti senza una vera direzione narrativa. E il risultato è realizzare film ambiziosi che rischiano di svuotarsi sotto il peso delle loro stesse pretese.

Porto l’esempio di film come La gazza ladra (2024), L’uomo nel bosco (2024) o Silenzio! (2024).Nello specifico, Love Letters, di Alice Douard è una pellicola che tenta di tessere una trama attuale e ricca di spunti ma si smarrisce in una scrittura poco approfondita. La regista racconta la storia di Céline, una donna queer alle prese con la maternità vissuta attraverso la compagna, e già qui avrebbe trovato materia di grande interesse.

Douard, però, stratifica ulteriormente il racconto introducendo il complicato rapporto tra Céline e sua madre, un legame segnato dall’incipiente senilità della genitrice, oltre alle implicazioni legali per l’adozione del nascituro. Tutti argomenti belli, interessanti e dal forte impatto emotivo. Peccato che la sceneggiatura non ne approfondisca nessuno.

Una sceneggiatura molto autoreferenziale

L’autrice sembra più concentrata sulla propria esperienza personale che sulla costruzione di un racconto cinematograficamente incisivo. La messa in scena è semplice, quasi televisiva, e la narrazione procede senza guizzi, rendendo tutto prevedibile. La scelta di inserire accenti di commedia, peraltro poco riusciti, finisce per smorzare ulteriormente ogni possibilità di profondità drammatica. Una ingenuità realizzativa che non vuol dire manchi professionalità: tutta la parte tecnica è degna di una buona produzione ma non lascia il segno.

I also wanted to approach this topic with comedy to shift the mood that often surrounds representations of homosexuality. LGBTQ+ films are commonly – and rightly so – harsh or sad. We wanted a film focused on joy and life. My deep ambition would be for someone who participated in the 2013 anti-gay marriage demonstrations to admit they were wrong. It is not a film designed to reignite a conflict. On the contrary, I would like a reconciliation. (Alice Douard)

Douard vuole usare le tinte della commedia perché non vuole essere disturbante. Parimenti a ciò che avviene nell’omologazione e nella normatività che vediamo riproposta il più delle volte sullo schermo della televisione di casa. E se ciò è scontato nel cinema italiano, fa invece più riflettere che avvenga in un cinema che è sempre stato libero nella comunicazione, anche estrema.

Tre protagoniste che salvano l’atmosfera

Se la scrittura non lascia il segno, la salvezza di Love Letters arriva dalle tre interpreti principali. Ella Rumpf, che interpreta Céline, riesce a mantenere un perfetto equilibrio emotivo, sostenuta da una naturale magnetica presenza: l’inquadratura che riprende lei e Monia Chokri, sua compagna d’avventura, è l’emblema di una bellezza che va oltre l’aspetto tecnico.

Monia Chokri dona eleganza e incisività alla compagna di Céline, creando una dinamica intensa e credibile che merita più di quanto il film stesso offra. Di questa alchimia si deve dar merito a Douard, che è riuscita a vedere le potenzialità di questa coppia. Infine, Noémie Lvovsky, nei panni della madre, infonde al suo personaggio una miscela ambigua di affetto e distanza, di attrazione e repulsione, che eleva l’intensità di una narrazione altrimenti monocorde.

In conclusione

Love Letters è una pellicola che, nonostante l’importanza delle tematiche affrontate, non riesce a imprimersi nella mente dello spettatore. Troppe idee, poco sviluppo. La bravura delle protagoniste tenta di colmare il vuoto lasciato dalla sceneggiatura, ma alla fine, il film rischia di svanire rapidamente, lasciando solo un’ombra fugace di ciò che avrebbe potuto essere.

Note positive

  • La bravura delle tre protagoniste
  • La tematica sociale

Note negative

  • Tutto abbastanza scontato
  • Impatto emotivo attutito

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Review Overview
Regia
Fotografia
Sceneggiatura
Musiche
Interpretazioni
Emozioni
SUMMARY
2.3
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Renato Soriano
Renato Soriano

Mi occupo di spettacolo ed eventi culturali dal lontano 1991. Nasco come attore per diventare poi regista e autore teatrale. I miei studi mi hanno portato a specializzarmi verso la rappresentazione omonormativa nel cinema, italiano e non. Inoltre, sono ideatore del progetto TeatRealtà, legato alla consapevolezza delle nuove tecnologie usando il teatro come realtà.