Minari (2020): l’intima storia familiare di Lee Isaac Chung

Minari (2020), una delicata storia familiare basata sull'infanzia del regista statunitense di origini coreane Lee Isaac Chung.
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Locandina film Minari

Minari

Titolo originale: Minari

Anno: 2020

Paese: Stati Uniti d’America

Genere: Drammatico

Produzione: A24, Plan B Production

Distribuzione: A24

Durata: 115 minuti

Regia: Lee Isaac Chung

Sceneggiatura: Lee Isaac Chung

Fotografia: Lachlan Milne

Montaggio: Harry Yoon

Musiche: Emile Mosseri

Attori: Steven Yeun, Yeri Han, Alan Kim, Noel Cho, Yoon Yeo-jeong, Will Patton

Trailer italiano di Minari

Minari è un film indipendente scritto e diretto dal regista statunitense di origine sudcoreana Lee Isaac Chung. La pellicola è stata presentata in anteprima al Sundance Film Festival 2020 dove ha vinto il Gran premio della giuria: U.S. Dramatic ed ha avuto una distribuzione limitata nelle sale statunitensi da parte della A24. Dopo la vittoria ai Golden Globe 2020 come miglior film straniero, Minari è ora in corsa per gli Oscar 2021 in cui è candidato come miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura originale e miglior colonna sonora; oltre alle candidature come miglior attore per Steven Yeun e come miglior attrice non protagonista per Yoon Yeo-jeong.

Trama di Minari

Negli anni ’80, la famiglia statunitense di origine sudcoreana Yi, composta da Jacob (Steven Yeun), Monica (Han Ye-ri) e i loro figli David (Alan Kim) e Anne (Noel Cho), si trasferisce nelle campagne dell’Arkansas per inseguire il sogno del padre di coltivare e vendere ortaggi coreani. Alle difficoltà dovute alla creazione della fattoria e all’insediamento in una nuova realtà, si aggiunge l’arrivo dalla Corea della nonna Soon-ja (Yoon Yeo-jeong) che instaurerà un rapporto speciale con David e riporterà l’attenzione della famiglia sulle radici.

Minari David and dad
Fotogramma di Minari

Recensione di Minari

Per comprendere a fondo l’universo intimo e familiare di Minari, bisogna partire ripercorrendo l’infanzia del regista. Il film, infatti, è semi-autobiografico e ispirato al contesto agricolo in cui è cresciuto Lee Isaac Chung, statunitense figlio d’immigrati coreani. Proprio su di lui è costruito il personaggio di David, bambino bilingue di 6 anni con problemi al cuore, che cerca di convivere tra le due culture. La storia è raccontata attraverso i suoi occhi, ricchi di stupore e curiosità, ma anche attraverso il punto di vista degli altri personaggi. Ogni membro della famiglia Yi è messo in scena con profondo realismo, ponendo l’attenzione sui sogni e le paure di ognuno e sulla volontà comune di far fronte alle difficoltà nella speranza di un futuro migliore. In questa coralità di personaggi emerge l’intenzione del regista di prendere le distanze dai propri ricordi d’infanzia per portare il significato del film a un livello universale.

La pellicola si apre con le immagini di un trasloco, che rappresenta un nuovo inizio in tutti i sensi. Alle dinamiche familiari scaturite dall’arrivo nel nuovo contesto rurale, si aggiungeranno presto le difficoltà legate alla ricerca/creazione di una propria identità, a livello sia collettivo che individuale. Jacob cercherà la propria identità isolandosi nell’inseguimento quasi ossessivo del sogno americano, mentre Monica tenterà lentamente d’integrarsi cercando aiuto nella Chiesa. Il più spaesato resterà il piccolo David, colto nella fase della vita in cui inizia a esprimere se stesso e a interpretare il mondo che lo circonda. In questo momento in cui tutti i personaggi sembrano persi, l’arrivo della nonna coreana Soon-ja destabilizzerà il precario equilibrio familiare per riportare gradualmente l’attenzione di tutti sui legami interpersonali e sull’affetto reciproco. Sarà proprio lei a portare dalla Corea la pianta di Minari, da cui prende il nome il film, il cui significato poetico risiede nella caratteristica peculiare di crescere rigogliosamente dopo una prima fase in cui sembra morta.

Minari family
Fotogramma di Minari

Dal punto di vista visivo, il film colpisce grazie alla regia minimale, tipica dei film indipendenti, e ai toni accoglienti della fotografia. I close-up sono riservati a poche sequenze più intime e lasciano il posto a inquadrature più larghe d’interazione tra i personaggi e alle immagini estese dei paesaggi rurali. L’atmosfera ricreata è familiare e ricca di dettagli, frutto della commistione tra i ricordi personali e la rielaborazione artistica del regista. Grande rilevanza viene lasciata alla natura, rappresentata attraverso i quattro elementi, che svolgono un ruolo chiave nella narrazione, interagendo con l’uomo e rompendo le sue sovrastrutture. L’intero film è percorso da suggestive sequenze che mostrano la terra fertile dei campi, il vento che accarezza ma spaventa, l’acqua che dà vita ma è difficile da trovare e il fuoco che distrugge. In Minari la natura viene lasciata agire liberamente e rompe le certezze dell’uomo, facendogli capire cosa è davvero importante.

Il rapporto tra David e la nonna (Spoiler)

Uno dei punti di forza di Minari è sicuramente la costruzione del rapporto tra il piccolo David, interpretato dall’attore di 6 anni Alan Kim al suo esordio sugli schermi, e la nonna Soon-ja, interpretata da Yoon Yeo-jeong al suo primo film statunitense dopo una lunga carriera in Corea. Oltre alla grande prova attoriale dei due, la relazione tra David e la nonna colpisce per la sua continua evoluzione e per la genuina profondità delle loro interazioni. L’incontro iniziale è sconvolgente per il bambino, che rimane sbalordito da quella che non sembra essere una nonna tradizionale, che non prepara i biscotti ma guarda il Wrestling in tv e dice parolacce giocando a carte. Lentamente, però, si svelerà la vera essenza di Soon-ja che incarna l’animo della Corea, delle origini e del legame con le radici e il rapporto con David toccherà sfumature sempre più profonde. I due personaggi, infatti, sono profondamente legati nel sangue, soffrendo entrambi di problemi al cuore e condividendo quindi la stessa vicinanza alla morte. La paura di David, che la madre cerca di allontanare facendo appello alla religione, viene totalmente accettata e compresa dalla nonna, che si lascia scaricare addosso le preoccupazioni del piccolo. Nella toccante scena in cui i due dormono abbracciati, è come se la nonna si facesse carico di tutti i mali di David, sia metaforicamente che fisicamente. La mattina dopo, infatti, l’anziana signora verrà portata all’ospedale per un arresto cardiaco, mentre le condizioni di salute del piccolo sembreranno miracolosamente migliorare. Anche nel finale la nonna avrà un ruolo chiave, sarà infatti lei a dare accidentalmente fuoco alla casa, distruggendo il raccolto di Jacob e riportando così l’attenzione della famiglia su quello che è davvero importante, ovvero l’unità e l’amore reciproco. L’ultima inquadratura del film, con le piante di Minari che crescono rigogliose vicino al fiume, racchiude l’anima della nonna, che ha donato tutta sé stessa per il bene di David e della famiglia, per sempre.

Note Positive:

  • Atmosfera intima e ricca di dettagli
  • Cast e interpretazioni

Note Negative:

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Elena Maggioni
Elena Maggioni

Una vita divisa tra Roma e Milano scrivendo di cinema e lavorando nelle produzioni audiovisive.

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