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Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menendez
Titolo originale: Monsters: The Lyle and Erik Menendez Story
Anno: 2024
Paese: Stati Uniti d’America
Genere: Biografico, Drammatico, Crime
Casa di Produzione: Netflix
Distribuzione italiana: Netflix
Ideatore: Ryan Murphy, Ian Brennan
Stagione: 2
Puntate: 9
Regia: Carl Franklin, Paris Barclay, Michael Uppendahl
Sceneggiatura: Ryan Murphy, Ian Brennan, David McMillan
Fotografia: Jason McCormick, Barry Baz Idoine
Montaggio: Franzis Muller, Julia Franklin, Peggy Tachdjian, Danielle Wang
Musica: Julia Newman, Thomas Newman
Attori: Javier Bardem, Chloë Sevigny, Cooper Koch, Nicholas Alexander Chavez, Ari Graynor, Nathan Lane
Trailer di “Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menendez”
Informazioni sulla serie e dove vederla in streaming
Nel 2022 Netflix ha distribuito la miniserie di dieci puntate Dahmer – Monster: The Jeffrey Dahmer Story, ideata da Ryan Murphy e Ian Brennan, che ha ottenuto un enorme successo di critica e di pubblico, raccontando il cruento caso di Jeffrey Dahmer, il serial killer americano che tra il 1978 e il 1991 ha commesso atti di violenza sessuale, necrofilia, squartamento e cannibalismo. La miniserie è diventata subito uno dei prodotti seriali più apprezzati dell’anno, raggiungendo ben un miliardo di ore di visualizzazioni nei suoi primi sessanta giorni, un record raggiunto in precedenza solo da Stranger Things e Squid Game.
Considerando l’interesse del pubblico per questo tipo di narrazione, Netflix ha deciso, in accordo con gli ideatori, di trasformare questo progetto in una serie antologica intitolata Monsters, sfruttando il nome del brand per attirare un pubblico più ampio. Se Dahmer è diventata la prima stagione di questa serie, per la seconda Murphy e Brennan hanno deciso di trattare il caso dei fratelli Menendez, coloro che hanno brutalmente ucciso i loro genitori, José e Kitty, con fucili da caccia la sera del 20 agosto 1989 nella loro villa di Beverly Hills. Arrestati nel 1990, i due fratelli furono condannati all’ergastolo nel 1996.
La seconda stagione, intitolata “Monsters: The Lyle and Erik Menendez Story”, è composta da nove episodi ed è stata rilasciata su Netflix il 19 settembre 2024. Subito dopo il debutto, Erik Menendez ha espresso dure critiche nei confronti del progetto attraverso l’account X della moglie, attaccando il lavoro di Ryan Murphy e il modo in cui la loro storia è stata trattata. Ecco quanto ha dichiarato Erik:
“Credevo che avessimo superato le bugie e le rovinose rappresentazioni del personaggio di Lyle, che creano una caricatura radicata nelle orribili e palesi falsità diffuse nello show. Posso solo credere che tutto ciò sia stato fatto intenzionalmente. Con il cuore pesante dico che Ryan Murphy non può essere così ingenuo o impreciso sui fatti della nostra vita da fare tutto questo senza una qualche malizia. È triste per me sapere che la rappresentazione disonesta di Netflix riguardo alle tragedie che circondano il nostro crimine ha riportato indietro il discorso, a un’epoca in cui l’accusa costruiva una narrazione basata sulla convinzione che gli uomini non subissero abusi sessuali e che il trauma dello stupro fosse vissuto in modo diverso rispetto alle donne. Queste terribili menzogne sono state smascherate da innumerevoli vittime coraggiose negli ultimi vent’anni, vittime che hanno superato la vergogna personale e parlato con coraggio. Ora Murphy modella la sua orribile narrazione su ritratti vili e calunniosi di Lyle e di me. La verità non è sufficiente? Che la verità sia la verità. È demoralizzante sapere che un uomo di potere possa minare decenni di progressi nel far luce sui traumi infantili. La violenza non è mai una risposta, non è mai una soluzione ed è sempre tragica. Spero che non si dimentichi mai che la violenza contro un bambino crea centinaia di orribili e silenziosi crimini, nascosti dietro il glamour e i lustrini, raramente esposti finché la tragedia non coinvolge tutte le persone.”
(Variety, Meredith Woerner, 21 settembre 2024)
Come avvenuto per la prima stagione, accompagnata dalla miniserie documentaria “Conversazioni con un killer: Il caso Dahmer”, anche il caso dei fratelli Menendez è stato approfondito con un documentario filmico intitolato “I fratelli Menendez”, disponibile su Netflix dal 7 ottobre 2024, esattamente due anni dopo l’uscita del documentario su Dahmer, avvenuta il 7 ottobre 2022.
Trama di “Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menendez”
Il 20 agosto 1989, i fratelli Menendez uccisero a sangue freddo i loro genitori, sparando loro mentre si trovavano nel salotto di casa a Beverly Hills. La polizia, inizialmente in difficoltà nel risolvere il caso, non riusciva a individuare i colpevoli. Tuttavia, Erik Menendez, il più giovane dei due fratelli, tormentato dai sensi di colpa, decise di confessare il crimine al suo terapeuta, il dottor Jerome Oziel. Da quel momento, la verità non tardò a raggiungere le orecchie della polizia, che arrestò prima Lyle e successivamente Erik.
I fratelli si trovarono così sotto processo, accusati di aver brutalmente assassinato i loro genitori, rischiando persino la pena di morte. A difenderli fu chiamata l’avvocatessa Leslie Abramson, una donna nota per la sua abilità e determinazione nel proteggere anche i più spietati assassini. Basandosi sui racconti dei due fratelli, Abramson impostò la loro difesa sugli abusi sessuali che, secondo le loro dichiarazioni, avrebbero subito da parte del padre e della madre. Questi abusi, sostenne la difesa, sarebbero stati il motivo che portò i giovani a uccidere i genitori, configurando il crimine come un atto di legittima difesa.
Dall’altra parte, i pubblici ministeri dell’accusa sostenevano che i fratelli fossero dei bugiardi incalliti e che avessero commesso gli omicidi premeditatamente, con l’unico scopo di mettere le mani sull’ingente fortuna di famiglia. Secondo l’accusa, era il denaro l’unica cosa a cui aspiravano. Ma qual è davvero la verità?

Recensione di “Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menendez”
La serie dedicata a Dahmer e quella incentrata sui fratelli Menéndez sono due prodotti profondamente divergenti, sia dal punto di vista strutturale che narrativo, affrontando in maniera molto diversa le sfumature del termine “mostro”, che Brennan e Murphy hanno eletto a protagonista assoluto della drammaturgia di questa serie antologica. Con Dahmer, gli showrunner avevano creato un viaggio all’interno della mente distorta di un serial killer, mostrandoci la sua evoluzione: da bambino affascinato dalla dissezione di animali morti a spietato assassino di uomini, che arriva a dissezionare e a nutrirsi delle sue vittime. In quella stagione, Dahmer era il vero mostro, un uomo profondamente malato, guidato da pulsioni malvagie e crudeli che lo portavano a uccidere e a nutrirsi di altri esseri umani, specialmente di genere maschile.
Al contrario, la stagione incentrata sui fratelli Menéndez esplora la figura del “mostruoso” da un altro punto di vista, meno legato alle dinamiche del serial killer e più ancorato all’elemento giudiziario. Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menendez, a differenza di Dahmer – Mostro: La storia di Jeffrey Dahmer, è una serie di stampo essenzialmente legale, con il focus narrativo che si concentra sugli eventi successivi all’arresto dei due giovani. Quest’arresto, infatti, avviene già all’inizio della terza puntata. La serie si sviluppa così prevalentemente nei colloqui tra il team di avvocati della difesa, guidato da Leslie Abramson, e i due fratelli, che si trovano a vivere separati in carcere, e nelle stanze del tribunale, dove gli avvocati della difesa e quelli dell’accusa dipingono in maniera opposta i motivi che avrebbero condotto i Menéndez a uccidere i propri genitori.
Se in Dahmer le azioni mostruose del protagonista erano certe, in questa serie il confine tra vittime e carnefici è molto meno chiaro. Lo spettatore non ha una lettura definita e sicura degli eventi né delle motivazioni che hanno spinto i due fratelli a sterminare padre e madre con un fucile, sparando loro ripetutamente fino a sfigurarli. Il racconto oscilla tra razionalità e irrazionalità, a seconda delle diverse interpretazioni dei fatti, con le motivazioni dietro l’omicidio rimangono ambigue. In questo contesto, il “mostro” è una figura variabile, che si modifica a seconda della prospettiva che lo spettatore decide di assumere riguardo a ciò che è accaduto.
Il pubblico è pronto per un vero giro sulle montagne russe perché ogni episodio cambia prospettiva in una certa misura. Vi chiediamo, come pubblico, di prendere una decisione su cosa è successo veramente, perché ci stiamo basando solo su ricerche, teorie e testimonianze in tribunale
Dichiarazione di Ryan Murphy
Secondo l’accusa i Menéndez hanno commesso gli omicidi per motivi
egoistici e connessi all’eredità, al fine di ottenere quei soldi a cui tanto
ambivano, uccidendo dunque per mero denaro. In questo senso, i mostri sono due: i fratelli Menéndez e il team legale della difesa, con a capo la Abramson, che, per puro guadagno economico e per il proprio prestigio di avvocato, spinge i due fratelli a inventarsi una storia di abusi sessuali per intenerire la giuria, trasformandoli da carnefici brutali in vittime. Se, invece, accettiamo la versione della difesa, i fratelli vengono privati della loro “mostruosità”, che viene invece attribuita ai loro genitori, José e Kitty, due persone senza cuore che godevano nel ferire e abusare fisicamente dei loro figli. In questo contesto, la decisione di uccidere i propri genitori diventa, da parte dei figli, una sorta di legittima difesa, un atto compiuto per sfuggire alla paura e al dolore derivanti dai continui abusi.
In questo caleidoscopio di prospettive divergenti, il “mostro” può essere visto in José e Kitty, in Lyle ed Erik, o perfino in Leslie Abramson (metafora degli avvocati difensivisti di assassini) o nella giustizia stessa. Questo viene evidenziato nel confronto intellettuale tra Leslie Abramson e Dominick Dunne, scrittore di Vanity Fair, la cui vita è cambiata dopo che sua figlia Dominique fu violentemente assassinata dal suo violento fidanzato, John Sweeney, che se la cavò con una pena minima. La giustizia ci viene raccontata nella sua mostruosità anche attraverso il caso di O.J. Simpson, trattato solo di sfuggita, dove il campione di football venne assolto dall’accusa di omicidio, nonostante varie prove a suo svantaggio.
La natura ambigua della serie, che dichiara ad ogni passo che la verità certa non sussiste, mostra gli eventi passati dei Menéndez attraverso i racconti dei due fratelli. In questo senso, ciò che vediamo per tutta la stagione, dall’omicidio stesso, non è altro che una determinata versione, sia quella dei fratelli sia dell’accusa. Solo gli eventi post-omicidio di José e Kitty ci vengono raccontati attraverso un singolo punto di vista, mentre il resto è una narrazione incentrata su presunte verità, in particolare sul racconto che Erik e Lyle hanno forgiato insieme alla Abramson. Questa ambivalenza narrativa è uno dei punti di forza della stagione, poiché lo spettatore deve decidere, come la giuria stessa, dove schierarsi. Tuttavia, la struttura della serie presenta alcune perplessità e dissonanze con questa drammaturgia. Da un lato, si tende eccessivamente a raccontare il punto di vista dei due assassini; dall’altro, l’episodio “Don’t Dream It’s Over”, incentrato sulla vita di coppia e familiare tra José e Kitty, appare profondamente fuori contesto rispetto all’impostazione drammaturgica della serie.
Questo episodio racconta la versione di chi? È la visione del showrunner della stagione? Domande che rimangono senza una risposta definitiva. Un errore, questo più grave, risiede nel finale dell’ultimo episodio. Fin dalla prima puntata, la stagione ha presentato varie versioni degli accadimenti senza lasciare una certezza definitiva, dando agli spettatori la possibilità di scegliere a quale versione credere. Tuttavia, il finale—precisamente l’ultima scena—distrugge completamente questa ambiguità, offrendo un’unica lettura degli eventi e stabilendo chi fossero i veri mostri in questa serie. Una scelta che risulta poco sensata, considerando la struttura della serie, basata sull’ambiguità connessa alla motivazione dell’omicidio.
La stagione di Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menendez si distingue per un’eccellente realizzazione tecnica e interpretativa. Un esempio significativo è l’episodio “The Hurt Man”, girato in un unico piano sequenza, che permette allo spettatore di immergersi completamente nelle parole e nelle emozioni di Erik, interpretato magistralmente da Cooper Koch. La scelta stilistica di non introdurre tagli visivi, in questo episodio, mantiene alta la tensione emotiva e ci costringe a concentrarci sulla profondità del dialogo e sulla performance attoriale. In generale, la stagione si avvale di una sceneggiatura dialogica impeccabile, affiancata da una regia e una fotografia di altissimo livello. Le interpretazioni attoriali sono altrettanto degne di nota, con un cast di grande calibro che include nomi come Nicholas Chavez, Javier Bardem, Ari Graynor, Nathan Lane e Dallas Roberts.
Tuttavia, pur avendo molti pregi, la serie presenta un difetto significativo: l’eccessiva durata. Sebbene la trama offra spunti interessanti, l’arco narrativo non giustifica la lunghezza di nove episodi. Molti momenti risultano ripetitivi, con situazioni che si ripropongono più volte, causando una certa stanchezza nello spettatore. A differenza di Dahmer, che riusciva a catturare l’attenzione del pubblico grazie a una narrazione serrata, questa stagione di Monsters risulta a tratti pesante e lenta. Riducendo il numero di episodi a sei, la storia avrebbe probabilmente mantenuto un ritmo più avvincente, evitando ridondanze che, alla lunga, compromettono l’interesse del pubblico.

In conclusione
Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menendez offre una visione intrigante e complessa del concetto di “mostro”, mettendo in discussione le motivazioni e le dinamiche familiari che hanno portato agli omicidi. La serie si distingue per una regia e una scrittura di alta qualità, ma la sua lunghezza eccessiva e alcune scelte narrative lasciano a desiderare. Nonostante i suoi difetti, riesce a coinvolgere lo spettatore in un dibattito etico e morale avvincente, stimolando riflessioni sulle sfumature della verità.
Note positive
- Ottima scrittura e dialoghi ben strutturati
- Regia e fotografia di alta qualità
- Interpretazioni eccezionali del cast
Note negative
- Lunghezza eccessiva che appesantisce la narrazione
- Ripetizione di situazioni che possono annoiare
- Conclusione che distrugge l’ambiguità narrativa