Paternal Leave (2025). Il debutto alla regia di Alissa Jung

Recensione, trama e cast di Paternal Leave (2025), lungometraggio italiano tedesco per la regia di Alissa Jung, presentato alla Berlinale 2025.

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Paternal Leave (2024) – Regia di Alissa Jung – © Match Factory Productions GmbH, Wildside srl – Immagine concessa per uso stampa
Paternal Leave (2024) – Regia di Alissa Jung – © Match Factory Productions GmbH, Wildside srl – Immagine concessa per uso stampa

Trailer di “Paternal Leave”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Presentato alla Berlinale nella sezione Generation 14plus, Paternal Leave segna il debutto alla regia di Alissa Jung e racconta un intenso rapporto padre-figlia. Luca Marinelli e Juli Grabenhenrich, quest’ultima al suo esordio sul grande schermo, danno vita a un legame complesso e carico di emozioni. Dopo l’anteprima italiana alla 43ª edizione del Bellaria Film Festival nella sezione Casa Rossa Internazionale, il film esce nelle sale italiane il 15 maggio 2025, distribuito da Vision Distribution.

Scritto e diretto da Alissa Jung, Paternal Leave è una coproduzione tra Italia e Germania, realizzata da The Match Factory & Wildside, parte del gruppo Fremantle, in collaborazione con Vision Distribution, Rai Cinema e Sky. Il progetto ha ricevuto il sostegno della Regione Emilia-Romagna, DFFF, FFA, MDM e Kuratorium Junger Deutscher Film. Alla produzione esecutiva figurano The Match Factory con Sebastian Frölich, Wildside con Saverio Guarascio, Mandella Quilici e Gianluca Mizzi, oltre a Mario Gianani e Lorenzo Gangarossa. Il film è prodotto da Cécile Tollu-Polonwski, Viola Fügen, Michael Weber e Sonia Rovai.

Trama di “Paternal Leave”

Sola, arrabbiata e in cerca di risposte, l’adolescente Leo decide impulsivamente di prendere il primo treno per l’Italia e intraprendere un viaggio nella riviera romagnola per conoscere il padre biologico, Paolo. Il primo incontro tra i due è un turbinio di emozioni, carico di domande irrisolte e tensioni accumulate, che si esplica attraverso movimenti goffi, improvvisazioni e sguardi impauriti.

Paolo, che sta cercando di risistemare la sua vita, è catapultato in una realtà che pensava di essersi lasciato alle spalle. Sorpreso e talvolta infastidito, non sa minimamente come rapportarsi a Leo, che come una mareggiata è arrivata all’improvviso nella sua vita, riportando a galla il suo passato e i suoi timori.

Leo, apparentemente distaccata e neutra, sembra un soldato in missione: il suo unico obiettivo è trovare delle risposte, non le interessa fraternizzare con il “nemico”. Ad accompagnarla in questa sua avventura c’è però Edoardo, fedele aiutante come lo è Watson per Sherlock, un ragazzo che come lei è in conflitto con il padre violento.

Recensione di “Paternal Leave”

È attraverso un riflesso sfocato che la regista decide di presentare per la prima volta Leo, mentre ascolta la voce metallica della madre provenire dalla segreteria telefonica. Una prima inquadratura che manca di corporeità, che indica un’assenza, ed è probabilmente dal bisogno di colmare questa lacuna che Leo si convince di partire per l’Italia alla ricerca del padre.

Tutto il film è attraversato da questo gioco di specchi continuo, che nello stesso momento contrappongono e uniscono; proprio come succede con il finestrino del camper che divide Paolo da un lato e Leo dall’altro. Un escamotage tecnico in cui il vetro assume la funzione di specchio, in cui i riflessi messi a paragone sono quello di un adulto e di un adolescente. Un confronto generazionale, ma anche personale, poiché padre e figlia condividono gli stessi sentimenti di paura, confusione e rabbia, oltre alla strana coincidenza di starnutire per l’odore del cioccolato.

Paolo e Leo non sono distanti solo a livello geografico; a sottolineare questa condizione entrano in gioco diversi fattori. Tra le più importanti sicuramente la barriera linguistica. I due non conoscono le rispettive lingue native, dunque sono obbligati a scendere a compromessi, usando l’inglese come unica via per dialogare tra loro. Ovviamente doversi esprimere in un’altra lingua che non sia la propria è sempre complicato, ma riuscire a trasmettere la propria essenza e personalità, diventa una sfida ancora maggiore. Di fatto, i momenti più intensi in cui padre e figlia si dicono davvero quello che pensano l’uno dell’altro, senza filtri o mezze misure, sono quelli in cui parlano rispettivamente in italiano e tedesco, noncuranti di farsi capire. Anche se tra loro non possono comprendersi, il corpo, i gesti e le espressioni parlano da sé.

Al contrario, lo spettatore è doppiamente coinvolto, empatizzando sia a livello motorio, catturato dalle interpretazioni intense dei due attori, sia a livello emotivo, grazie alla profondità dei dialoghi/monologhi, con i quali i due si gridano tutto quello che avrebbero voluto dirsi da tempo.

In Paternal Leave il set balneare è decisamente protagonista. Analizzando il topos della spiaggia da un punto di vista antropologico, è un luogo straordinario in cui osservare e conoscere gli esseri umani e analizzare i comportamenti che assumono e mutano nei secoli. In particolar modo, nella filmografia italiana entra in gioco continuamente, facendo spesso da sfondo privilegiato durante lo svolgersi di alcune scene chiave e di rivelazione.

Nel nostro caso, tutta la narrazione si sviluppa lungo la riviera romagnola, che esploriamo insieme a Leo, una volta dal finestrino del camper, mentre impara le tecniche base del surf con Paolo, o ancora quando ammirano il gruppo di fenicotteri sulla riva. In particolar modo è interessante analizzare la valenza simbolica del falò in spiaggia organizzato da “Sherlock” e il suo nuovo compagno di avventure “Watson”. Questa bravata notturna, in cui i due ragazzi sono lontani da tutti, è uno dei pochi momenti in cui gli adolescenti si comportano da tali, passando una serata irresponsabile, nascondendosi dagli adulti e dai loro problemi. Il falò diventa una sorta di rito tribale, un momento catartico, in cui nell’atto di bruciare oggetti legati ai rispettivi genitori, si liberano del peso emotivo che portano dentro e non riescono a esternare a parole. Leo infatti, con totale noncuranza, strappa e brucia il quadernino che l’ha accompagnata nel suo viaggio verso l’Italia, in cui aveva appuntato tutte le domande da voler fare a suo padre una volta trovato, con la speranza di trovare una risposta a ciascuno dei suoi interrogativi. 

Purtroppo le cose non si rivelano così semplici e lineari come aveva programmato, perché come le dice Paolo, non si può pretendere di conoscere qualcuno sottoponendolo a un interrogatorio. Bruciando il quaderno, insomma, è come se Leo accettasse l’idea che sia impossibile avere tutto sotto controllo, che la vita è imprevedibile, e che forse tutte le domande che si è sempre posta non sono davvero così importanti.

Analogamente, le scelte narrative del film, il quale inizia in medias res, fanno sorgere allo spettatore numerosi quesiti: perché Leo è partita?, chi è la madre?, come ha scoperto l’esistenza del papà?, qual è il background di Leo e di Paolo? Nessuno di questi viene effettivamente sviluppato e svelato, se non in maniera approssimativa o per conversazione di circostanza. Ma questo non per mancanza di capacità nell’approcciarsi a una narrazione coerente e coesa, ma poiché nulla di tutto questo è importante. Ciò che è veramente centrale è il delicato, tenero, irrequieto rapporto tra padre e figlia, che si costruisce davanti ai nostri occhi per la prima volta, sia per noi che per loro. 

Un’altra caratteristica importante da sottolineare è la presenza prorompente dei fenicotteri, utilizzati dalla regista come una metafora che attraversa tutto il film. Oltre a donare un tocco di colore alla palette fredda del film, questi uccelli si contraddistinguono per essere genitori paritari che accudiscono la prole dividendosi i compiti perfettamente a metà. Paolo in questo senso, abbandonando la figlia, è quello che è venuto meno ai suoi doveri da genitore. Non è un padre perfetto, ma sarebbe banale incolparlo perché menefreghista e immaturo, senza prendere in considerazione il suo punto di vista e le sue emozioni. E’ senza ombra di dubbio una personalità tendente alla fuga, che preferisce allontanare i problemi piuttosto che affrontarli. Presto però apparirà chiaro anche a lui che scappare non è mai una soluzione a lungo termine, perché prima o poi tutti i nodi vengono al pettine.  

L’assenza di un lieto fine da commedia classica non fa che sottolineare la reale complessità dei rapporti umani, perché nella vita vera non sempre le cose vanno come vorremmo.

In Conclusione

In Paternal Leave assistiamo a un road movie alternativo, in cui i protagonisti non compiono un vero e proprio viaggio fisico, nonostante trascorrano molto tempo in camper, in cui ogni tappa simboleggia un passo avanti nel conoscersi. Il loro è un viaggio emotivo, interiore, che attraverso giochi di sguardi, piccoli gesti e soprattutto all’utilizzo della musica, li condurrà a scoprire sia un nuovo legame, che loro stessi, singolarmente nel loro privato, e contemporaneamente in un rapporto a due.

Note Positive

  • interpretazioni
  • colonna sonora
  • sceneggiatura

Note Negative

  • /
Review Overview
Regia
Fotografia
Sceneggiatura
Colonna sonora e sonoro
Interpretazione
Emozione
SUMMARY
4.0
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Emily Neri
Emily Neri

20 anni, DAMS
"dobbiamo scegliere chi far entrare nel nostro piccolo strano mondo"