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The Girl with the Needle
Titolo originale: Pigen med nålen
Anno: 2024
Nazione: Danimarca
Genere: Drammatico
Casa di produzione: Creative Alliance, Lava Films, Nordisk Film Creative Alliance, Nordisk Film Production
Distribuzione italiana: Mubi
Durata: 115 minuti
Regia: Magnus von Horn
Sceneggiatura: Line Langebek Knudsen, Magnus von Horn
Fotografia: Michal Dymek
Montaggio: Agnieszka Glinska
Musiche: Frederikke Hoffmeier
Attori: Vic Carmen Sonne, Trine Dyrholm, Besir Zeciri, Ava Knox Martin, Joachim Fjelstrup, Tessa Hoder, Søren Sætter-Lassen, Thomas Kirk, Dan Jakobsen, Anna Tulestedt, Ari Alexander, Benedikte Hansen, Per Thiim Thim, Peter Secher Schmidt
Trailer di “The Girl with the Needle”
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
Presentato in concorso il 15 maggio 2024 per la Palma d’Oro alla 77ª edizione del Festival di Cannes e selezionato come rappresentante danese per la categoria Miglior Film Internazionale ai Premi Oscar 2025, “Pigen med nålen” è un film danese che mescola abilmente i generi storico, drammatico e thriller. Diretto e sceneggiato da Magnus von Horn (“Efterskalv,” 2015; “Sweat,” 2020), in collaborazione con Line Langebek, la pellicola è stata distribuita nelle sale polacche il 17 gennaio 2025 e in quelle danesi il 23 gennaio 2025, mentre in Italia il film è disponibile dal 24 gennaio 2025 direttamente sulla piattaforma streaming MUBI. Questa scelta distributiva italiana suscita perplessità, dato il forte impatto visivo e narrativo del lungometraggio, che avrebbe potuto beneficiare di una distribuzione cinematografica per esprimere al meglio il suo potenziale.
La storia è liberamente basata su un fatto di cronaca nera riguardante la serial killer danese Dagmar Overbye (1887–1929), responsabile di aver ucciso almeno nove neonati orfani tra il 1913 e il 1920, anche se si sospetta che le sue vittime possano essere molte di più. Questo caso sconvolse profondamente la cittadina danese, portando lo stato a effettuare significativi cambiamenti legislativi riguardanti la protezione dei minori e il controllo delle adozioni, per prevenire futuri infanticidi. Dagmar era nata ad Assendrup e la sua infanzia fu segnata da instabilità familiare e profonda povertà. Da giovane trovò lavoro come domestica, ma il suo carattere instabile la portò a una vita disordinata, con molteplici relazioni e gravidanze, separandosi frequentemente dai suoi partner e abbandonando i figli.
Dagmar iniziò a lavorare come “baby farmer”, termine che descriveva donne che si offrivano di prendersi cura di bambini nati fuori dal matrimonio o indesiderati, promettendo di trovare loro una famiglia adottiva. Tuttavia, anziché prendersi cura dei piccoli, li uccideva poco dopo averli ricevuti, utilizzando metodi come strangolamento o soffocamento, a volte bruciando i corpi nei forni della sua casa o nascondendoli. Sfruttava la vulnerabilità di giovani madri in difficoltà, offrendosi come soluzione discreta e senza domande, per poi commettere i suoi crimini. Fu arrestata nel 1920 quando una madre insospettita denunciò la scomparsa del suo bambino dopo averlo affidato a Dagmar. Le indagini rivelarono un quadro macabro delle sue attività, con resti umani e prove che la collegavano a numerosi infanticidi. Nel 1921 fu processata e condannata per l’omicidio di nove bambini, anche se il numero effettivo delle vittime potrebbe superare le venticinque. La sua condanna a morte fu poi commutata in ergastolo, e morì in prigione nel 1929.
Trama di “The Girl with the Needle”
Nel bel mezzo del primo dopoguerra, Koraline è una giovane operaia in un’azienda tessile di Copenaghen che vive in estrema difficoltà economica, al punto da non poter più pagare l’affitto della propria stanza. Rimasta senza casa, si trasferisce in una zona povera della città, in una stanza squallida e sudicia, priva di bagno. A causa della sua povertà, Koraline richiede un aiuto economico come vedova di guerra, poiché non ha più notizie del marito da quasi un anno, ritenendolo caduto in combattimento. Il suo datore di lavoro, il facoltoso Jørgen, la aiuta nella pratica, ma nonostante il suo contributo, Koraline non ottiene alcun sostegno, poiché lo stato danese non ha prove certe della morte del marito.
Nonostante questo insuccesso, tra Koraline e Jørgen nasce un’intensa storia d’amore che cambia profondamente quando l’operaia rimane incinta. Jørgen intende diventare il padre del bambino e il marito di Koraline, ma la madre di lui vieta il matrimonio, costringendo Jørgen a scegliere tra l’amore oppure la sua posizione sociale e il denaro. L’uomo sceglie la seconda opzione, cacciando Koraline dalla propria vita e licenziandola dal lavoro. Ora, Koraline si ritrova in completa povertà e solitudine, avendo anche allontanato da sè il marito Peter, tornato dalla guerra con il volto sfigurato e costretto a portare una maschera.
Nel momento più critico della sua vita, mentre tenta un aborto autonomo, Koraline incontra Dagmar e la piccola Erena. Dagmar, una donna di mezza età che lavora come balia, offre alle madri in difficoltà una soluzione: una volta nato il bambino, gli deve essere consegnato insieme a dei denari, affinché, attraverso un sistema di adozioni clandestine, possa essere affidato a famiglie facoltose, garantendo, così, un futuro migliore al bambino e alle madri incapaci di occuparsene a causa della povertà. Dopo il parto, Koraline affida la propria bambina a Dagmar. Il giorno successivo, torna da Dagmar e scopre che sua figlia è già stata adottata. Senza un posto dove andare e senza soldi, Koraline decide di aiutare Dagmar nelle adozioni clandestine, instaurando un intenso rapporto d’amicizia con Dagmar e la piccola Erena. Questo rapporto dona a Koraline un periodo di estrema felicità. Tuttavia, il suo mondo crolla quando scopre un segreto agghiacciante nascosto da Dagmar.

Recensione di “The Girl with the Needle”
Il terzo lungometraggio di Magnus von Horn possiede una storia e una drammatizzazione degli eventi che colpiscono nel profondo ogni tipo di spettatore, nonostante sia una pellicola rivolta principalmente ai cinefili. Il film è ricco di richiami alla storia della settima arte, combinando vari modi e linguaggi stilistici d’intendere l’arte cinematografica, che si è evoluta radicalmente nel tempo. Realizzato con una fotografia in bianco e nero, “The Girl with the Needle” attinge ampiamente dalla storia del cinema, partendo dalla citazione del primo film mai proiettato, “L’uscita dalle officine Lumière” del 1895, ricreato con una meticolosa attenzione ai dettagli.
Magnus von Horn riprende anche l’uso della frontalità tipica dei primissimi cortometraggi e film degli anni ’10, richiamando visivamente e drammaturgicamente, anche, il cinema d’avanguardia muto del periodo 1909-1929, con un particolare riferimento al cinema espressionista tedesco reso celebre da cineasti come Friedrich Wilhelm Murnau con “Nosferatu il vampiro” (1922) e Fritz Lang con “Metropolis” (1927) e “Destino” (1921). L’elemento espressionista è evidente nel trattamento cromatico del bianco e nero e nell’uso delle ombre, soprattutto nell’incipit del film, che richiama le varie correnti del cinema d’avanguardia del primo cinema muto. Il film strizza l’occhio all’estetica visionaria di David Lynch, più volte richiamato visivamente, in particolare, riferendosi alla celebre pellicola “The Elephant Man” (1980).
L’incipit di “The Girl with the Needle” possiede un forte impatto emotivo e simbolico, evocando il mondo avanguardistico e lynchiano. La scena si apre con un suono di violino oscuro e inquietante, che crea una melodia profondamente connessa al cinema classico dell’orrore, accompagnata da un crescendo di tensione e inquietudine. Nell’oscurità dell’immagine, appare un volto di donna ripreso in bianco e nero, posizionato al centro dello schermo su uno sfondo completamente nero, che conferisce al volto un aspetto tenebroso, minaccioso e angosciante.
La luce si muove sul volto e, appena questo scompare nell’oscurità, appare un altro volto, prima di donna e poi di uomo, che rappresentano i personaggi principali della pellicola. Con il susseguirsi delle inquadrature, il cambiamento dei volti diventa sempre più rapido e frenetico, arrivando a toccare elementi visivi del mostruoso. Questo gioco di sovrapposizioni visive, tipico del cinema d’avanguardia, i volti vengono decomposti e trasformati rendendoli un qualcosa di spaventoso, inquietante e deforme, una deformità che riflette quella interiore dei personaggi. Difatti questo lungometraggio è profondamente connesso al cinema del mostruoso, dove ogni uomo e donna presentati possiedono una propria oscurità e crudeltà interiore. Questo aspetto è magistralmente rappresentato dalla giovane Avo Knox Martin, che interpreta la piccola Erena, una bambina tutt’altro che innocente.
A livello drammaturgico, il film ci conduce in una vicenda stratificata e intrisa di miseria, raccontando la parabola esistenziale decadente di Koraline. La protagonista sembra abbracciare costantemente la felicità, solo per essere strappata da essa e condotta in una situazione di povertà e decadimento interiore ed esteriore. La crudeltà del mondo la colpisce, la sbatte a terra e la consuma lentamente, privandola di ogni forza per cercare una nuova luce. Koraline commette costantemente scelte sbagliate, ritrovandosi a convivere con un’esistenza miserabile, evidenziata dall’appartamento sudicio in cui vive, dove è costretta a urinare in un secchio.
La vita della protagonista è segnata da enormi delusioni, scelte sbagliate e sogni infranti. Ogni sua decisione si rivela erronea: all’inizio del film perde il proprio appartamento e si ritrova a vivere nello squallore; successivamente si innamora del suo capo Jørgen, con cui ha una relazione e rimane incinta, solo per essere licenziata e abbandonata. Suo marito Peter ritorna dalla guerra con il volto deturpato e una sanità mentale compromessa, preda di forti dolori notturni che lo rendono pazzo. Koraline stringe un intenso rapporto d’amicizia con Dagmar, solo per scoprire la sua follia omicida e cadere nuovamente in un baratro di assuefazione e tristezza.
Nonostante le innumerevoli sfortune, Koraline è lontana dall’essere un personaggio positivo. Appare come una donna squallida, interessata solo al proprio bene e non a quello altrui, mettendo sé stessa davanti a tutto e maltrattando gli altri, come accade con il marito Peter, un uomo divenuto un “freak” che usa solo per i suoi piaceri, cacciandolo malamente di casa quando non le è più utile. Peter è probabilmente l’unico personaggio effettivamente positivo di tutta la pellicola.
A livello registico e fotografico, la pellicola eccelle, richiamando visivamente il realismo del cinema di Bergman e la corrente artistica tedesca della Nuova Oggettività degli anni ’20, soprattutto nell’uso dei primi piani dei personaggi. “Pigen med nålen” possiede anche una scrittura drammaturgica molto interessante e curata nei dettagli, soprattutto a livello strutturale. Gli sceneggiatori, trattando la storia della serial killer Dagmar Overbye, avrebbero potuto porre questa figura al centro della narrazione. Invece, hanno permesso alla pellicola di ottenere un respiro poetico più ampio, affrontando svariate tematiche, dal mondo dei Freaks alla ricerca della felicità della protagonista, realizzando un ritratto quasi bergmaniano e verghiano dei miserabili.
Il racconto vive di un profondo realismo concettuale e visivo, con un finale che sembra possedere una nota di positività e un frammento di luce, rappresentato da una scena emotivamente potente di un abbraccio, un gesto invisibile nel corso della pellicola. I personaggi possiedono una dimensione e tridimensionalità, oscillando tra il mostruoso e la disperazione. In questa dinamica, lo spettatore non prova repulsione verso Dagmar Overbye, ma la accetta e la comprende entro la sua malattia mentale omicida. I suoi gesti, mossi da una profonda follia, vengono spiegati e analizzati dalla pellicola, che non intende descriverla soltanto come mostro, ma piuttosto come essere umano, fragile e instabile.
Assolutamente maestosa la prova attoriale di Trine Dyrholm, che interpreta con grande intensità e sensibilità il complesso personaggio di Dagmar Overbye. La sua performance riesce a trasmettere la fragilità, l’instabilità emotiva e la profonda oscurità della protagonista, mettendo in luce la natura tormentata e controversa del personaggio. Trine Dyrholm, con la sua capacità di esprimere le sfumature più sottili delle emozioni, rende Dagmar un personaggio tridimensionale e umanamente complesso. L’attrice utilizza magistralmente il linguaggio del corpo e le espressioni facciali, rendendo palpabile il tormento interiore di Dagmar e riuscendo a suscitare nello spettatore un mix di empatia e inquietudine. Il suo ruolo richiede una gamma emotiva ampia, e Dyrholm riesce a mantenere un equilibrio perfetto tra la vulnerabilità e la ferocia, mostrando una donna che è al contempo vittima e carnefice della sua stessa follia.
Allo stesso modo, Vic Carmen Sonne offre una performance straordinaria nei panni di Koraline, la protagonista provata e distrutta dalla vita. La sua interpretazione cattura l’essenza di una donna che affronta continui ostacoli e delusioni con una determinazione che, seppur a tratti malriposta, evidenzia la sua resilienza. Sonne riesce a rendere palpabile la sofferenza, la disperazione e la fragile speranza di Koraline, creando un ritratto vivido e realistico di una donna intrappolata nella sua condizione esistenziale. La chimica tra Sonne e Dyrholm è notevole, e le loro interazioni sullo schermo aggiungono ulteriore profondità e complessità alle dinamiche dei personaggi, contribuendo a rendere ogni scena carica di tensione emotiva e drammatica.
Le performance di Trine Dyrholm e Vic Carmen Sonne sono il fulcro emotivo del film, e il loro lavoro attoriale eleva ulteriormente la qualità narrativa e visiva della pellicola. La loro capacità di dare vita a personaggi così complessi e tormentati rende “The Girl with the Needle” un’esperienza cinematografica coinvolgente e indimenticabile, lasciando nello spettatore una profonda impressione e riflessione sulla natura umana e sulla fragilità della mente.

In conclusione
“The Girl with the Needle” di Magnus von Horn è un film che mescola abilmente diversi stili cinematografici, offrendo una narrazione intensa e visivamente coinvolgente. Con una fotografia in bianco e nero e citazioni che spaziano dai primissimi cortometraggi al cinema espressionista tedesco, la pellicola cattura l’attenzione dei cinefili e non solo.
Note positive
- L’uso della macchina da presa
- L’illuminazione scenica
- La sceneggiatura
Note negative
- Ritmo a tratti leggermente lento
Regia |
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Elementi visivi |
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Sceneggiatura |
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Colonna sonora e sonoro |
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Interpretazione |
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Emozioni |
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SUMMARY
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4.4
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