Todo Modo – Para buscar la voluntad divina

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Todo Modo locandina

Todo Modo

Anno: 1976
Paese di produzione: Italia
Genere: Grottesco, thriller
Durata: 125 minuti
Produzione: Daniele Senatore
Distribuzione: PIC
Regista: Elio Petri
Sceneggiatura: Elio Petri, Berto Pelosso
Montaggio: Ruggero Mastroianni
Fotografia: Luigi Kuveiller
Attori: Gian Maria Volonté, Marcello Mastroianni, Mariangela Melato, Ciccio Ingrassia, Franco Citti

Trailer del film Todo Modo

Trama di Todo Modo

Nel mezzo di un’inspiegabile epidemia scoppiata nella penisola italiana, un gruppo di politici, industriali, imprenditori e sacerdoti si rifugia in una albergo-residenza religiosa dall’architettura postmoderna e costruita nel sottosuolo, al fine di prender parte al ciclo di preghiere ed esercizi spirituali ispirati al santo Ignazio di Loyola sotto la guida carismatica e ambigua di Don Gaetano (Marcello Mastroianni). In una successione di situazioni grottesche che smascherano la natura viziosa e bellicosa dei rifugiati, fra i quali spicca la figura bonaria e diplomatica del Presidente (Gian Maria Volonté), improvvisamente un assassino inizia a mietere vittime secondo un disegno ignoto, instillando un clima di terrore e angoscia fra i membri della classe dirigente della società italiana.

Recensione di Todo Modo

Con Todo Modo il regista Elio Petri conclude il ciclo di quattro film della cosiddetta trilogia delle nevrosi inaugurata dalla pellicola premio Oscar Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto del 1970. Tratto dall’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia, il film viene realizzato, in concomitanza con l’uscita nelle sale di Cadaveri eccellenti diretto da Francesco Rosi, nel contesto degli anni di piombo: così come nel film del regista di Il caso Mattei, l’inchiesta di Petri è volta a scardinare principi e contraddizioni reggenti la società italiana degli anni Settanta. Ma sorvolando formalismi accademici, occorre domandarci in che misura Todo Modo riesce a porsi come caposaldo del rapporto fra la politica e il cinema d’autore, e perché, ancora oggi, la visione di questo capolavoro del cinema italiano è fonte di turbamento e sgomento nel pubblico così come accadde all’uscita nelle sale quarantaquattro anni fa, reazione che inevitabilmente provocò agitazioni nel contesto della censura cinematografica.

Religione e politica sono le due costanti entro cui si articola il film più enigmatico di Elio Petri. Necessario è contestualizzare la pellicola entro il dibattito socio-politico degli anni settanta, entro il quale si percepiva l’incombenza del celebre compromesso storico fra la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano, forze contrastanti costantemente sotto l’influenza della Chiesa e della superpotenza americana. Difatti, la figura del Presidente, magistralmente interpretata da Gian Maria Volonté, non è che una caricatura di Aldo Moro, il quale all’epoca dell’uscita del film era a capo del governo italiano; tuttavia, al fine di non incombere nell’interdizione alla distribuzione della pellicola, l’effettivo nome del presidente a cui si fa riferimento non viene mai pronunciato, e gli atteggiamenti di questi risultano così esagerati che dubbia fu, in quel periodo, l’immediata identificazione del personaggio fittizio con quello reale.

Chiaro è l’intento di smascherare la corruzione, il malcostume, le degenerazioni della classe dirigente dell’epoca intessendo il film d’inquadrature dalla chiara marca espressionista e dall’inclinazione grottesca, unici mezzi per non subire le limitazioni della censura, la quale comunque interverrà in seguito al sequestro di Moro. Ma Todo Modo non è solo un film volto a pronunciare una condanna a morte della politica italiana: l’opera di Petri, difatti, è portavoce di un cinema che avanza speculazioni rispetto all’evolversi della situazione dell’Italia dell’epoca. La settima arte è perciò restituzione delle circostanze che connotano il contesto di realizzazione di un qualsiasi prodotto cinematografico, esito, nel caso di Todo Modo, della grande collaborazione fra attori impegnati come Volonté e Mastroianni, lo stile di Petri, coautore della sceneggiatura con Berto Pelosso, e la fotografia espressionista di Luigi Kuveiller.

Nell’ambiente claustrofobico dell’albergo-prigione-santuario sotterraneo si articolano i rapporti morbosi e degenerati, a volte connotati da una regia eccessivamente lenta e minimalista, fra gli esponenti della classe dirigente a capo di associazioni o aziende ridotte a meri acronimi impronunciabili: l’assenza di personalità virtuose si esplica nell’efferata mano del misterioso assassino che fredda le sue vittime nel segno di una massima di Ignazio di Loyola, Todo modo para buscar la voluntad divina, ogni modo per cercare la volontà divina. «Ma che cos’è la volontà divina?» domanda il Presidente a Don Gaetano durante il loro ultimo colloquio: la dicotomia e l’unione di tutto e niente è la parafrasi della lunga risposta dell’ambiguo prete, il quale resterà anch’egli vittima del killer ignoto a causa della sua dissoluzione morale. Così, un politico che necessita di «risposte concrete» e amante del potere «magmaticamente», come risponde il Presidente, impossibilitato a non esprimersi se non per mezzo della lingua politichese, risulta del tutto inadeguato alla missione di ricerca del disegno di Dio. Di conseguenza, la morte sopravviene senza scampo e senza pietà ma che, alla fine, smaschera ogni contraddizione delle fondamenta della società italiana.

Note positive

  • Interpretazioni eccellenti di Gian Maria Volonté e Marcello Mastroianni
  • Impeccabile sceneggiatura connotata da riferimenti alla contemporaneità celati dalla marca grottesca
  • L’ambientazione sotterranea inusuale
  • Il finale amaro

Note negative

  • La lentezza di molti momenti nel corso del film
  • Il mancato svolgimento del tema dell’epidemia
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