Un chien andalou – Un cane andaluso (1929): Sogno e pulsioni nel corto di Luis Buñuel

Un chien andalou locandina

Un cane andaluso

Titolo originale: Un chien andalou

Anno: 1929

Paese: Francia

Genere: Drammatico

Produzione:

Distribuzione:

Durata: 21 minuti

Regia: Luis Buñuel

Sceneggiatura: Luis BuñuelSalvador Dalí

Fotografia: Albert Duverger

Montaggio: Luis Buñuel

Attori: Pierre Batcheff, Simone Mareuil, Luis Buñuel, Salvador Dalí, Jaime De Miravilles, Fano Messan

Trama di Un chien andalou

Una storia passionale tra violenza e pulsioni sessuali in cui i due protagonisti, un uomo e una donna, sono attratti l’un l’altro da un forte desiderio carnale e ricercano un modo per congiungersi insieme, ma una serie di persone, eventi e oggetti si mette in mezzo allontanandoli.

Recensione di Un chien andalou

Questo cortometraggio di poco più di venti minuti risulta un opera di difficile comprensione in cui la realtà e l’onirico si uniscono in loro lasciando allo spettatore dell’epoca e di quello moderno un opera simbolica e che sembra più parlare all’inconscio stesso che non alla razionalità umana, partendo già dal suo emblematico e misterioso titolo: Un chien andalou, in italiano Un cane andaluso, di cui è difficile spiegarne il senso stesso anche se è ripreso da un libro di poesie del regista francese che possiede il medesimo titolo. Nonostante ciò è possibile rintracciare la storia, scandita in vari momenti di vita, di una relazione di coppia basata su un folle amore tra momenti di felicità e infelicità andando anche a toccare delle tematiche piuttosto avanguardistiche come la presenza di femminilità interna a ogni uomo e il senso di cambiamento caratteriale delle persone durante un percorso di vita in cui nulla resta immutato.

Conoscendo l’intera storia dietro la creazione narrativa del film, non possiamo che comprendere come non potesse essere altro che un film poetico e irrazionale. La sceneggiatura è stata scritta a quattro mani, se da un lato troviamo il cineasta francese Luis Buñuel, che realizzò in seguito solo un’altra opera appartenente al surrealismo francese intitolata L’age d’or (1930), dall’altra parte abbiamo il famoso pittore surrealista Salvador Dalì nelle cui opere appare evidente una forte presenza dell’inconscio. Il tutto inoltre, come ha dichiarato il regista francese, è nato da un incontro e da due sogni, del resto la storia e l’aspetto visivo e spaziale risente piuttosto in maniera onnipresente questa componenete trasognante.

Giunto a Figueras da Dalì, invitato a passare qualche giorno gli raccontai che avevo sognato da poco una nuvola lunga e sottile che tagliava la luna e una lama di rasoio che spaccava un occhio. Lui mi raccontà che la notte prima aveva visto in sogno una mano piena di formiche. Aggiunse: e se dai due sogni ne ricavassimo un film?

Luis Buñuel – La medicina della mente. Storia e metodo della psicoterapia di gruppo p. 57

Da questo sogno sono state estrapolate due scene iconiche della storia del cinema, come l’incipit narrativo del cortometraggio che diverrà una delle scene iconiche del cinema mondiale divenendo materiale di studio e di riferimento per molteplici registi. Siamo in un atmosfera notturna, un uomo dietro a un balcone sta affilando una lama di un rasoi per poi scrutare l’esterno dal vetro della finestra, fuori c’è la luna piena e una nuvola leggera e sottile si sta avvicinando per passargli sopra. Con uno stacco siamo su un primissimo piano di una ragazza con occhi spalancati che guardano il la luna. Il cineasta si riconcentra sul cielo notturno e sulla nuvola che sta attraversando il satellite terrestre con uno splendida dissolvenza piena di poesia si sposta sullla mano di un uomo che apre un occhio della giovane per poi sezionarglielo con un taglio netto con la lama del rasoio. Questa scena non ha tanto un valore connesso alla drammaturgia mostrata in Un cane andaluso, ma è un presa di posizione sociale sul cinema stesso, affermando come il nuovo cinema d’avanguardia possieda un nuovo punto di vista, uno sguardo che sorvoli e penetri in tutte le frontiere esterne e interiori dell’anima, affermando l’importanza stessa del cinema intima e rivolto all’essenza dell’individuo. Possiamo asserire che il cineasta sia andato a rifiutare la visione freudiana, che imponeva agli uomini di chiudere gli occhi, piuttosto Buñuel vuole che lo sguardo sia ben aperto e che sia in grado di scorgere e di scoprire e vedere anche il mondo inconscio e irrazionale che fino a ora era stato completamente cancellato e nascosto all’interno dell’arte cinematografica. Il regista francese asserisce con questa immagine il suo pensiero filosofico e la sua estetica dell’epoca di mostrare l’inconscio degli uomini attraverso i la riproduzione visiva dei sogni.

Il mondo e il rapporto del cinema con il suo pubblico non sarà più il solito dopo questa scena poiché il regista ha deciso di alzare il velo del razionale e di squarciarlo mostrando all’uomo una visione intimistica e personale.

Struttura e significato di Un chien andalou

Per realizzare la sceneggiatura di Un cane andaluso, Dalì e Buñuel, impiegarono solo una settimana e per effettuare le riprese solamente quattordici giorni. Il cortometraggio segue una struttura per intervalli temporali che vanno a scandire la vita della coppia, in questo senso le uniche didascalie che troviamo all’interno dell’opera sono di localizzazione temporale e non spaziale: C’era una volta, otto anni dopo, circa alla tre del mattino, sedici anni prima e in primavera.

Gli attori della storia principale sono i due francese, Pierre Batchef e Simone Mareuil mentre nella prima parte, la scena del taglio, il protagonista è lo stesso Buñuel, che dà alla scena ancor di più in importanza d’estetica artistica e filosofica.

La storia ha inizio con un uomo che va in bicicletta con indosso un vestito piuttosto singolare e femminile, sul busto dell’uomo è situata una borsetta/scatola a riga con una serratura. Attraverso un montaggio alternato facciamo la conoscenza di una donna che sta leggendo una pagina de La merlettaia di Vermeer, un testo simbolo della femminilità tradizionale di sottomissione casalinga. La ragazza scruta l’uomo dalla finestra scorgendolo cadere in terra e rimanere immobile al suolo. Lei gli va in soccorso baciandolo. Ritornata a casa la donna apre la scatola scorgendo al suo interno una cravatta a righe a sua volta avvolta in una carta a righe, che va a mettere in un colletto di cartone e va a posizionare con cura i vestiti dell’uomo ricreando, sul letto, la figura dell’uomo con gli abiti distesi.

Lei si siede su una sedia fissando il letto finché non si accorge della presenza dell’uomo all’interno della stanza, il quale è intento a scrutarsi la mano da cui stanno fuoriuscendo delle formiche ( immagine proveniente dal sogni di Dalì). La stessa donna si avvicina all’uomo e lo spettatore rintraccia immagini esplicitamente sessuali in cui viene usata l’immagine di un riccio di mare come paragone alla peluria di un ascella.

Da questo istante la storia si fa sempre più confusa, simbolica e trasognante. L’attenzione dei due viene catturata da un personaggio androgino che pur essendo vestito da uomo ha dei tratti fortemente femminili che sta giocando per strada con un bastone con cui tocca una mano mozzata, tenendo però nell’altra mano la stessa scatola a righe posseduta dall’uomo, che potrebbe rappresentare una proiezione della femminilità interiore presente nel primo uomo. L’uomo prima è avvolto dalla folla poi rimane da solo fino a quando non viene investito da una macchina. La storia ritorna sul protagonista maschile che dalla finestra si sposta sulla donna con uno sguardo da predatore animalesco, l’uomo è in preda a un raptus sessuale e prende con forza la donna toccandole i seni che andrà a immaginarseli completamente nudi, come nota lo spettatore. Alla fine la donna riesce a scappare fino a quando rimane inchiodata in un angolo della casa con una racchetta in mano. L’uomo la vuole ma non può raggiungerla, per farlo deve obbligatoriamente prendere due corde e trainare uno strano e simbolico fardello che rappresenta la religione e i suoi ostacoli verso la libertà del corpo e della sessualità, non per caso troviamo ad appesantirlo nella sua marcia: le tavole dei dieci comandamenti, due pianoforti con sopra un asino e infine due preti, uno dei quali è stato personificato da Dalì stesso, benchè per pochi secondi. La giovane però riesce a fuggire dall’uomo bloccando la mano di lui con la porta.

Successivamente la donna lo vede malato nel letto con addosso la scatola a righe, qui fa la comparsa un altro uomo che altro non è che un doppione del protagonista, che si va ad avventare contro il sé malato. La lotta si fa furiosa fino a quando l’uomo strappa dall’alter ego malato la scatola e gli accessori facenti parte della sua vita passata o parallela, andandolo a buttare dalla finestra. Infine prima che l’alter ego riesca ad andare via, l’uomo gli spara e questo prima di morire si trasporta in un altro luogo dove si aggrappa per un breve tempo a una schiena di donna nuda. L’uomo liberato passeggia allora all’aperto con un amico e viene invitato a vedere l’uomo ucciso, che viene poi portato via in una sorta di corteo funebre.

La giovane ritornata a casa trova sul muro un simbolo macabro proveniente dalla farfalla Sfinge testa di morto. Ricompare l’uomo che però ha perduto la bocca e al suo posto ha i peli dell’ascella di lei, la donna se va offessa ed esce di casa, qui lo spazio geografico si disfà e va direttamente al mare, qui è lei che sta ricercando l’uomo ma lui appare pittusto distaccato fino a quando lei lo bacia. Camminando lungo mare la donna e l’uomo notano i resti della loro vita passata scansandoli e ridendoci sopra avvicinandosi ad un finale felice, ma proprio nell’ultima scene li vediamo sepolti sotto la sabbia, vicino ma lontani in un aspetto piuttosto triste e depresso.

In conclusione

Note positive

  • Montaggio
  • Creatività narrativa

Note negative

  • Eccessivamente complesso

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