Uomini Contro (la guerra): Recensione del film di Rosi

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Locandina di Uomini Contro

Uomini Contro

Anno: 1970

Paese di produzione: Italia, Jugoslavia

Genere: guerra, drammatico

Durata: 101 minuti

Produzione: Prima Cinematografica, Dubrava Film

Distribuzione: Euro International Film

Regista: Francesco Rosi

Sceneggiatura: Francesco Rosi, Raffaele La Capria, Tonino Guerra

Montaggio: Ruggero Mastroianni

Fotografia: Pasqualino De Santis

Attori: Mark Frechette, Alain Cuny, Gian Maria Volonté, Pier Paolo Capponi

Trailer del film Uomini Contro

Trama di Uomini Contro

Sul fronte italo-austriaco, nella trincea italiana sull’altipiano di Asiago, si consuma il dramma della Grande Guerra attraverso il tentativo suicida, da parte della Divisione italiana, di riconquistare il Monte Fior, punto strategico sottratto dall’esercito austriaco. In questo contesto, s’intrecciano le vicende del sottotenente Sassu (Mark Frechette), giovane ex studente universitario interventista, del tenente Ottolenghi (Gian Maria Volonté), veterano disilluso animato da ideali socialisti, e del generale Leone (Alain Cuny), spietato comandante della Divisione accecato dalla brama di vittoria.

Recensione del film Uomini Contro

Tratto dal romanzo di Emilio Lussu Un anno sull’altipiano, Uomini Contro è un’accusa dura e violentissima sull’assurda macchina della guerra, un j’accuse rivolto alle gerarchie militari che hanno condotto alla morte migliaia di soldati italiani sul fronte italo-austriaco. Girato nell’ex-Jugoslavia, censurato ed escluso dai circuiti di distribuzione nelle sale cinematografiche, l’opera di Francesco Rosi è una fotografia chiara e pura delle trincee italiane e dei malsani meccanismi volti ad animare ideali e principi spentisi lentamente all’ombra della morte in combattimento.

«Per Uomini contro venni denunciato per vilipendio dell’esercito, ma sono stato assolto in istruttoria. Il film venne boicottato, per ammissione esplicita di chi lo fece: fu tolto dai cinema in cui passava con la scusa che arrivavano telefonate minatorie» dichiara il regista Francesco Rosi in merito alla ricezione in Italia del suo lungometraggio. L’atto di accusa rivolto contro l’Alto Comando è un grido disperato di soldati disillusi e sfiniti dalle ferite da combattimento, dalla fame e dalle condizioni estreme della trincea; un inferno in cui si susseguono una serie infinita di assurdi e insensati ordini impartiti dai generali. Emblema di tale alienazione è la scena dell’attacco alla trincea nemica: un pugno di soldati spedito a fronteggiare le mitragliatrici austriache viene ingabbiato in pesanti corazze di ferro dal gusto futurista che proteggono solamente testa e busto, lasciando scoperte braccia e gambe. L’uomo che inizialmente era animato da ideali interventisti, ora è ridotto a un automa, a una macchina che inevitabilmente soccombe a un nemico più forte: solamente l’istinto di sopravvivenza che sfocia in azioni contro lo Stato Maggiore pare il solo tratto umano ancora pulsante e vitale.

Già Stanley Kubrick, nel lungometraggio Orizzonti di Gloria del 1957, aveva avanzato una dura accusa contro l’insensatezza degli ordini militari impartiti nel corso della Grande Guerra: così come accadde al film di Rosi, anche il capolavoro del regista di Arancia Meccanica dovette soccombere alla censura – in questo caso francese – che oscurò la pellicola sino agli inizi degli anni Settanta. Ma se nel film di Kubrick lo sguardo accusatorio coincide con la figura del Colonnello Dax, interpretato da Kirk Douglas, Uomini Contro è una pellicola che dipinge tre differenti sguardi. Il Generale Leone (Alain Cuny) è l’incarnazione dell’assurdità del conflitto, un uomo protetto dalla sua posizione nelle gerarchie militari che non esita a impartire ordini assolutamente insensati. L’uomo “contro”, invece, è il Colonnello Ottolenghi, interpretato da Gian Maria Volonté, un veterano disilluso che trova conforto morale nell’ideale del socialismo: tuttavia, la scena in cui questi espone il programma di sovversione dell’ordine costituito e la nascita del socialismo, sottende indubbiamente l’esito storico ed effettivo che l’Italia conobbe negli anni successivi al primo conflitto mondiale, coincidente con la figura di Benito Mussolini e della dittatura fascista. Lo sguardo pacifista e antimilitarista sortisce dagli occhi del giovane Sottotenente Sassu (Mark Frechette), uno sguardo maturato dall’esperienza della guerra, macchina crudele ed inumana che non risparmia né vite né ideali, sull’Altipiano di Asiago.

Note positive

  • La commistione dei punti di vista dei tre protagonisti
  • Il coraggioso atto di accusa contro l’Alto Comando Italiano
  • L’attenzione volta a mettere in scena il dramma umano dei soldati al fronte

Note negative

  • Gli elementi drammatici sortiscono spesso effetti eccessivamente disperati
  • Il discostamento dal libro di Emilio Lussu rispetto ai lati più lieti della trincea
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