Amiche alle Cicladi (2022). Amicizia, insicurezze e Le Grand Bleu

Recensione, trama e cast del film francese Amiche alle Cicladi (2022). Una pellicola femminile dal sapore on the road

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Trailer di “Amiche alle Cicladi”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Dopo aver studiato inglese e storia dell’arte all’università, Marc Fitoussi si iscrive al Conservatorio Europeo di Scrittura Audiovisiva (CEEA), dove si specializza in sceneggiatura. Parallelamente, avvia la sua carriera da regista, realizzando documentari e cortometraggi, tra cui Illustre inconnue e Bonbon au poivre, che nel 2007 gli vale una candidatura al premio César per il miglior cortometraggio. Nello stesso anno dirige il suo primo lungometraggio, La vie d’artiste, con Sandrine Kiberlain, Denis Podalydès ed Émilie Dequenne, vincendo il premio Michel d’Ornano per la miglior opera prima francese.

Nel 2010 torna dietro la macchina da presa con Copacabana, interpretato da Isabelle Huppert e da sua figlia Lolita Chammah, presentato a Cannes nella Semaine de la Critique. Due anni dopo realizza Pauline détective, una commedia dallo stile pop con Sandrine Kiberlain protagonista, seguita nel 2014 da La ritournelle, incentrato su una coppia di allevatori in crisi interpretata da Isabelle Huppert e Jean-Pierre Darroussin.

Nel 2016 esce Maman a tort, un dramma familiare con Émilie Dequenne e la giovane Jeanne Jestin. Nel 2018 Fitoussi dirige tre episodi della terza stagione della serie Chiama il mio agente!, tra cui quelli con Monica Bellucci e Isabelle Huppert. L’anno successivo partecipa al film collettivo Selfie, firmando l’episodio Le troll, con Elsa Zylberstein e Max Boublil.

Nel 2020 torna al cinema con il thriller Le apparenze, interpretato da Karin Viard e Benjamin Biolay. Successivamente, contribuisce alla stagione finale di Chiama il mio agente!, dirigendo tre episodi, tra cui quelli con Charlotte Gainsbourg, Sandrine Kiberlain e Sigourney Weaver.

Nel 2023 realizza la commedia Amiche alle Cicladi, con Laure Calamy e Olivia Côte, presentata in anteprima mondiale il 26 agosto 2022 al Festival du Film Francophone d’Angoulême e distribuita nelle sale francesi dall’11 gennaio 2023. In Italia, il lungometraggio franco-belga-greco arriva nei cinema il 13 febbraio 2025, distribuito da Movies Inspired.

Trama di “Amiche alle Cicladi”

Da adolescenti, Blandine e Magalie erano inseparabili, almeno fino a quando un evento – forse un tradimento – le ha allontanate per molto tempo. La loro amicizia sembra ormai un ricordo lontano, finché il figlio di Blandine scopre dell’esistenza di Magalie e decide di rimetterla in contatto con la madre, che sta attraversando un periodo di profonda depressione dopo essere stata lasciata dal marito due anni prima, un dolore da cui non si è mai ripresa.

Spinto dal desiderio di aiutarla, il ragazzo fa in modo che Blandine e Magalie si rincontrino dopo trent’anni di lontananza. Tuttavia, il tempo le ha rese profondamente diverse: Blandine è rigida e seria, abituata a prendere ogni decisione con estrema cautela, mentre Magalie è un’anima libera, solare e spontanea, che vive il presente senza troppe preoccupazioni. Dopo una serata insieme in un ristorante indiano, Blandine decide di non voler più frequentare quella donna così stravagante, un tempo sua migliore amica. Ma suo figlio ha altri piani per lei.

Così, Blandine e Magalie si ritrovano a partire insieme per una vacanza in Grecia, nelle splendide isole Cicladi, un viaggio che avevano sognato di fare da adolescenti per ripercorrere le orme di Le Grand Bleu di Luc Besson e visitare Amorgos con il suo celebre monastero. Quella che dovrebbe essere una vacanza rilassante si trasforma ben presto in un’avventura caotica: tra destinazioni sbagliate e continui imprevisti, le due ex migliori amiche si rendono conto di avere ormai visioni completamente diverse sulle vacanze e, più in generale, sulla vita.

Amiche alle Cicladi ©Jerome-Prebois
Amiche alle Cicladi ©Jerome-Prebois

Recensione di “Amiche alle Cicladi”

Non siamo di fronte a una pellicola particolarmente originale o ispirata: lo sviluppo drammaturgico è piuttosto lineare e prevedibile, sia nella successione delle (dis)avventure che scandiscono il viaggio, sia nella sua conclusione. Nonostante ciò – e nonostante l’estrema leggerezza che permea il film sotto ogni aspetto – Amiche alle Cicladi risulta una visione piacevole e intrattenente. Si tratta di un buddy movie sull’amicizia femminile con sfumature on the road, capace di trovare il suo pubblico tra gli appassionati del genere.

Se cercate una storia ricca di gag e risate assicurate, questo film potrebbe non fare al caso vostro. Tuttavia, se apprezzate i racconti di amicizia dal sapore on the road, potreste trovarlo coinvolgente. La narrazione si muove su due binari paralleli: da un lato, una leggerezza visiva, registica e drammaturgica che lascia un lieve sorriso nell’anima e sul volto; dall’altro, un tentativo (purtroppo poco riuscito) di approfondire tematicamente i personaggi e le loro dinamiche, cercando di restituire un ritratto sfaccettato e intimista. Questo vale per le due protagoniste, Blandine e Magalie, così come per la stravagante artista Bijou, interpretata con abilità da Kristin Scott Thomas.

Se la sceneggiatura fatica a conferire spessore alla vicenda – complice una scrittura dei personaggi spesso stereotipata e bidimensionale – la scelta del duo attoriale si rivela invece efficace. Le due attrici incarnano alla perfezione la loro opposizione caratteriale, e persino il contrasto nelle loro fisicità contribuisce a costruire una sorta di dinamica burlesca, conferendo ai loro connotati corporei una valenza quasi simbolica, se non metaforica, rispetto ai caratteri delle protagoniste.

Scelte attoriali funzionanti per il film

Laure Calamy, con la sua figura alta, magra e slanciata, incarna perfettamente la rigidità e l’inquietudine di una donna ossessionata, scontrosa ed estremamente infelice. Tuttavia, nel corso del film, Blandine non si limita a essere una donna depressa e incapace di dare una svolta alla propria vita per abbracciare la felicità: si rivela anche una persona difficile da amare e da affiancare. Il suo atteggiamento puritano la porta a criticare chiunque non rientri nei suoi rigidi canoni di comportamento, ma oltre a questa intransigenza, Blandine si mostra smorta e noiosa, incapace di abbandonarsi a nuove esperienze e di abbassare le proprie difese interiori per godersi il momento. Ogni evento e ogni scelta, per lei, assumono un peso e un significato quasi soffocanti, impedendole di vivere il qui e ora.

Calamy interpreta con grande efficacia questo tipo di personaggio, aiutata anche da una fisicità che ben si presta a dar vita a una donna di mezza età che ha rinunciato ai propri sogni e desideri, ritrovandosi intrappolata in un’esistenza cupa e monotona, dove infelicità e noia permeano ogni aspetto della sua vita.

Blandine è una tecnica radiologa, un lavoro preciso, con orari fissi, che alla lunga può diventare un po’ monotono. Vive isolata in periferia, non si sente mai davvero a suo agio ed è stata mollata. Ma, nonostante tutto, non è solo smorta e noiosa. La vedo come un personaggio alla Bacri: divertente proprio perché scontrosa e un po’ maniaca. In lei c’è una vena comica, pungente, a tratti perfino maliziosa.

Credo a questo personaggio, a quel piumino senza maniche che indossa quando parte per la Grecia, a quel quaderno di viaggio in cui persino un sacchetto per il vomito diventa un ricordo da conservare. E credo anche all’estro un po’ soffocante di Magalie, che un’amica ha soprannominato “acufene” per quanto è stressante. Insieme, loro due formano una coppia dissonante, eppure credibile. In fondo, Blandine mi ricorda un po’ – sebbene sia più divertente – l’Elisabeth di Passeggeri della notte, il bellissimo film di Mikhaël Hers: una donna che rinasce poco per volta e, alla fine, è raggiante.

Ho rifinito il personaggio di Magalie assieme a Laure. Lei conosce molto bene se stessa, sa cosa ha già fatto, cosa non ha fatto e cosa vorrebbe provare. È stata proprio Laure a suggerirmi il soprannome “acufene” per il suo personaggio, raccontandomi che una sua amica glielo aveva dato. Inoltre, è stata ancora sua l’idea di far incontrare Magalie e Blandine alla fine, con Magalie che indossa un paio di pattini. Mi è sembrato che l’immagine di Magalie che sfreccia su un monopattino avrebbe aggiunto un elemento ancora più assurdo e rocambolesco. Grazie alla sua presenza nelle ultime scene, comprendiamo che Magalie e Blandine sono ormai inseparabili. Laure ha saputo mettere molto di sé nel personaggio, pur cercando di mantenere una certa distanza emotiva.

Marc Fitoussi – Regista

Accanto a Laure Calamy troviamo Olivia Côte, il cui fisico è in netto contrasto con quello della collega, una contrapposizione che non è solo estetica, ma richiama metaforicamente anche le differenze caratteriali tra le due protagoniste. Se la Calamy incarna durezza e ossessività, la Côte, con la sua corporatura più bassa e morbida, trasmette un senso di leggerezza, talvolta perfino di superficialità.

Fin dalla prima scena, Magalie appare come un’eterna adolescente, una sorta di Peter Pan al femminile: è una donna di mezza età incapace di crescere e di assumersi le proprie responsabilità. Vive ogni momento al massimo, senza paura, senza freni, rifiutando la tristezza e abbracciando un’esistenza fatta di entusiasmo e spensieratezza. Il suo modo di essere, però, è anche invadente: Magalie si fa sentire, impone la propria presenza con energia quasi travolgente.

Eppure, dietro la sua apparente allegria si nasconde una verità ben diversa. Magalie non è davvero così spensierata come sembra: dietro il sorriso si intravede l’ombra di traumi passati e dolori mai superati. È una donna che indossa una maschera, che usa la sua esuberanza per celare la propria infelicità. La sua è un’esistenza costruita su piccole e grandi menzogne, racconti edulcorati che servono a nascondere una realtà più amara: la paura di crescere davvero, di affrontare la vita con la giusta maturità, bilanciando leggerezza e profondità.

Se l’interpretazione della Côte è eccellente, al pari di quella della Calamy, è la scrittura del personaggio a risultare poco incisiva. Magalie non subisce un vero cambiamento nel corso di questo on the road al femminile, e i suoi problemi vengono trattati con eccessiva superficialità. Il film si limita a svelarli in modo didascalico, senza mai approfondirli davvero, privando la narrazione di autentici momenti di conflitto e di reale emozione drammatica.

Anche l’evoluzione di Blandine appare poco analizzata. Il suo cambiamento è percepibile attraverso le espressioni della Calamy e la scelta dei costumi – un simbolo visivo della sua trasformazione – ma, dal punto di vista drammaturgico, manca una costruzione solida e graduale. La sua metamorfosi risulta quasi improvvisa, senza un reale approfondimento narrativo che la renda del tutto credibile.

Ho voluto rivedere dei film con dei duo che mi erano piaciuti, meglio se di attrici: Thelma e Louise di Ridley Scott, che adoro, ma è un tale dramma che non mi sarebbe servito tanto, ad esempio, a raccontare l’arrivo di Bijou in squadra. Ho voluto rivedere Qualcosa di travolgente di Jonathan Demme, con Melanie Griffith e Jeff Daniels, proprio per il loro duo mal assortito. Alla fine gli rendo omaggio discretamente, facendo indossare a Laure il genere di braccialetti africani che portava Melanie Griffith in quel film. Ho rivisto anche Sideways di Alexander Payne, per il duo dissonante formato da Paul Giamatti e Thomas Haden Church, e Hanno rubato le chiappe di Afrodite di Philippe de Broca: forse devo proprio al fatto che da bambino ho adorato vedere e rivedere questo film se ho scelto di girare il mio film in Grecia. Infine ho rivisto dei film sulla sorellanza, tra cui Tout ce qui brille di Géraldine Nakache e Hervé Mimram e, in un tono più serio, il geniale Quattro mesi, tre settimane, due giorni di Cristian Mungiu. Ma in fondo mi rendo conto che, come ogni volta, non ricavo granché da queste ricerche.

Marc Fitoussi – Regista

La musica come parte significativa del film

Questa storia, che richiama atmosfere alla Thelma & Louise e Qualcosa di travolgente, seppur risultando meno riuscita dei due film citati, si distingue per il suo mix di avventura, femminismo e viaggio on the road, possedendo un elemento tematico particolarmente interessante e che si ripete costantemente all’interno della narrazione, ovvero una critica al mondo musicale contemporaneo. Attraverso il personaggio di Magalie, una sorta di critica musicale freelance, il film introduce una riflessione su come la musica, e in particolare la disco music, abbia perso la sua anima artistica a favore di un mercato sempre più dominato dalle logiche commerciali e dall’ossessione per le vendite.

Il regista costruisce questa critica in maniera esplicita attraverso Magalie, un personaggio eccentrico e carismatico che vive la musica come un elemento imprescindibile della sua identità. La donna, infatti, non si separa mai dal suo iPod, simbolo della sua nostalgia per un’epoca musicale che ritiene ormai perduta, dove ascoltare per lei un tipo di musica e ballare quella musica è qualcosa d’imprenscindibile. Nel suo dispositivo si trovano esclusivamente brani di musica disco degli anni ’70 e ’80, un genere che per lei rappresenta l’ultima vera espressione di libertà, emozione e autenticità artistica. La disco music, con il suo spirito aggregativo e la capacità di trasmettere romanticismo e malinconia, si contrappone nettamente alle hit moderne, che Magalie considera vuote e prive di sostanza, criticando i nuovi “cantanti” emergenti. Questa sua visione emerge chiaramente nelle scene in cui critica con veemenza la musica trasmessa nelle radio, nei locali o dai DJ, evidenziando come il panorama musicale odierno sia dominato da suoni ripetitivi e privi di profondità emotiva. Il suo atteggiamento, a tratti estremamente rigido e dogmatico, riflette però anche una difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti, un tema immesso ma trascurato, riferito al personaggio.

“Ballare, dice Magalie, è la scelta della spensieratezza; si balla per dimenticare”. Fondamentalmente, questa è la lezione che Magalie dà a Blandine durante il loro viaggio. Mi piace la discomusic? Per me, è una musica che sembra festosa in superficie, ma in realtà nasconde un significato più profondo. È nata a New York quando l’AIDS stava cominciando a diffondersi, e la gente ballava per dimenticare i morti che li circondavano. Celebrazione dell’ottimismo, sì, ma con un sottofondo di dolore e sofferenza. C’è un aspetto politico in questa scelta musicale.

La colonna sonora è stata creata da Mocky, un musicista canadese di cui ascolto molto la musica. Durante il montaggio, oltre alle canzoni di successo che ritmano il racconto (come il brano di Eric Serra), ho scelto anche molti pezzi campione, e mi sono reso conto che ben tre di questi erano di Mocky. A quel punto, ho pensato che valesse la pena inviargli il film e proporgli di scrivere una colonna sonora originale. Non parla francese, ma ha visto il film senza sottotitoli e ha colto subito il sentimento, proponendoci immediatamente una composizione unica. Ovviamente, c’è molta discomusic nel film, ma a volte desideravo una musica più malinconica. E Mocky è riuscito a fornirla. Ritrovo la mia malinconia nelle sue note.

Le tre figure femminili in Amiche alle Cicladi
Le tre figure femminili in Amiche alle Cicladi

In conclusione

Amiche alle Cicladi non è un film particolarmente originale né riesce a scavare a fondo nella psicologia delle sue protagoniste, ma offre un racconto leggero e godibile sull’amicizia femminile. Tra paesaggi mozzafiato e situazioni divertenti, la pellicola trova il suo punto di forza nella chimica tra Laure Calamy e Olivia Côte, capaci di dare vita a un duo ben assortito. Nonostante una sceneggiatura poco incisiva, il film saprà intrattenere chi cerca una commedia spensierata con un tocco di nostalgia e qualche riflessione sulla crescita personale.

Note positive

  • Ottima intesa tra le due attrici protagoniste
  • Atmosfere leggere e vacanziere che trasmettono spensieratezza

Note negative

  • Scrittura dei personaggi poco approfondita e piuttosto stereotipata
  • Evoluzione narrativa prevedibile e priva di veri momenti di svolta
Review Overview
Regia
Fotografia
Sceneggiatura
Colonna sonora e sonoro
Interpretazioni
Emozione
SUMMARY
3.4
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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.

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