Attenberg (2010). Sesso e morte

Recensione, trama e cast di "Attenberg" del 2010. Un'opera cinematografica unica che esplora temi di identità e relazioni in modo straordinario.

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Trailer di Attenberg

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Athina Rachel Tsangari vive e lavora tra la sua nativa Grecia e gli Stati Uniti. Formatasi in letteratura presso l’Università Aristotele di Salonicco, si è successivamente trasferita in America per conseguire un master in Performance Studies presso la Tisch School of the Arts della New York University e un master in regia cinematografica presso l’Università del Texas ad Austin. Dopo aver diretto svariati cortometraggi tra il 1993 e il 1996, debutta alla regia di un lungometraggio con “The Slow Business of Going” (2000), una pellicola a tinte fantascientifiche e on the road ambientata in nove città sparse per il globo. Successivamente, nel 2005, fonda la Haos Film, un ufficio creativo che sviluppa e produce lavori di altri registi, tra cui “Kinetta” (2005) e “Dogtooth” (2009) di Yorgos Lanthimos. Nel 2007, realizza il suo secondo lungometraggio, “2” (2007), un adattamento cinematografico dello spettacolo teatrale di Dimitris Papaioannou. Nel 2010, presenta al Festival di Venezia il suo terzo film, “Attenberg”. La pellicola, che vede per la prima volta in assoluto il regista Yorgos Lanthimos in un ruolo attoriale, interpretando il personaggio dell’ingegnere, ottiene alla Biennale di Venezia il prestigioso premio Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile ad Ariane Labed, alla sua prima esperienza cinematografica nel ruolo di Marina, la protagonista. L’attrice, nata ad Atene nel 1984 da genitori francesi, ha studiato danza per dieci anni e ha vissuto tra Grecia, Germania e Francia, frequentando l’Université de Provence. È la fondatrice della Vasistas Theatre Company e ha recitato anche al Teatro Nazionale Greco. Ariane Labed è sposata con il cineasta Yorgos Lanthimos, conosciuto proprio grazie a questa pellicola.

In Italia, il film viene distribuito da Trent Film, in sala dal 13 giugno 2024, come primo appuntamento della seconda edizione di Greek Weird Wave, una rassegna dedicata ad alcuni dei principali esponenti della New Wave greca. La rassegna porterà per la prima volta in sala anche “Chevalier” (2015), diretto sempre da Athina Rachel Tsangari e sceneggiato da Efthymis Filippou.

Trama di Attenberg 

Marina, 23 anni, cresce con il padre architetto in una città industriale in riva al mare in Grecia. La ragazza trova la specie umana strana e repellente, mantenendo le distanze dal genere umano e preferendo osservare e conoscere gli uomini e le donne attraverso le canzoni del gruppo musicale americano Suicide, guardando i documentari sui mammiferi di Sir David Attenborough e partecipando alle lezioni di educazione sessuale della sua unica amica, Bella. Quest’ultima è una donna che ha rapporti sessuali con svariati uomini, contrariamente a Marina, che prova una sorta di repulsione al solo pensiero di fare l’amore con un uomo o una donna. Quando però arriva in città uno sconosciuto e la sfida a un duello a biliardino, qualcosa in Marina inizia a mutare. Nel frattempo, la giovane, mentre scopre il suo corpo e la sessualità, deve fare i conti con la malattia terminale del padre, che è pronto a morire. Tra queste due figure maschili e la sua strana amica Bella, Marina indaga sul meraviglioso mistero della fauna umana.

Ariane Labed e Vangelis Mourikis in Attenberg (2010)
Ariane Labed e Vangelis Mourikis in Attenberg (2010)

Recensione di Attenberg 

Richiamando esplicitamente, attraverso il titolo della pellicola, il documentarista Sir David Attenborough, divulgatore scientifico e naturalista britannico, pioniere del documentario naturalistico e autore di oltre cinquanta documentari sul mondo animale attraverso le nove edizioni della “Life Series”, una delle più complete indagini naturalistiche sul pianeta Terra, “Attenberg” intende essere una sorta di indagine sul mondo interiore ed esteriore di Marina. La protagonista osserva e indaga sulla natura animale, scrutando i lavori televisivi di Attenborough, come il suo documentario sui Godzilla, e, come se fosse una documentarista, mantenendo un certo distaccato sociale, intraprende una sorta di speriementazione e osservazione dell’arte del sesso e dell’eccitazione che avviene negli esseri umani, smuovendoli e portandoli ad agire.

Marina osserva coloro che la circondano: il padre, ormai pronto alla morte; l’amica Bella, dipendente dal sesso; e l’ingegnere, con cui pratica l’arte erotica per comprendere e provare effettivamente cosa sia e che sensazioni le causa interiormente ed esteriormente, attuando durante i rapporti una sorta di cronaca documentaristica dando il là ai suoi pensieri e annotazioni. La pellicola di Athina Rachel Tsangari si muove attraverso questa ricerca di sperimentazione e indagine interiore della sua protagonista, un elemento visibile fin dalla prima sequenza narrativa. Una scena alquanto particolare e curiosa (non sarà l’unica) che mostra Bella che tenta di insegnare a Marina l’arte del baciare con la lingua, raccontando esplicitamente tutta la repulsione e il disgusto della protagonista nell’effettuare quell’atto, che lei sembra non comprendere e che le dà il voltastomaco, ma che intende capire nella sua essenza e sperimentare.

Dialogo a inizio film

BELLA Ti è piaciuto?
MARINA Non ho mai avuto qualcosa che mi si contorce in bocca…
BELLA Com’è la mia lingua?
MARINA Come una lumaca. È disgustoso.
BELLA Devi respirare, altrimenti soffochi.
MARINA Devo riaprirla?
BELLA A metà. Così.
MARINA OK, vieni… … Sei tutta bavosa… Sto per vomitare.
BELLA Se non c’è abbastanza saliva, non è la stessa cosa.

“Attenberg” si dimostra essere un viaggio di formazione in cui Marina, sperimentando e entrando in contatto con il mondo interiore ed esteriore del padre, affronta la morte, il legame d’amicizia con Bella e una sorta di relazione atipica e sentimentale con l’ingegnere. Intraprende così un percorso di cambiamento interiore, iniziando ad abbattere alcuni muri interiori che la separavano dal mondo reale, e che la rinchiudendevano in una sorta di mondo immaginario infantile dove tutto sembra essere perfetto e in costante equilibrio, nonostante la solitudine. Nel corso della pellicola la vediamo interagire con il padre in un rapporto simbiotico, in cui i due fingono di essere animali comportandosi come tali, in special modo come dei gorilla, saltando sul letto della camera mentre guardano i documentari di Attenborough. Queste sequenze mostrano il suo distacco dalla realtà e soprattutto il suo essere particolare come individuo, non rientrando nei classici standard femminili ma apparendo un personaggio alquanto complicato e distaccato dal mondo e dagli altri esseri umani. Durante il suo viaggio alla ricerca della comprensione del sesso, del corpo maschile, del corpo femminile e dei seni di donna, oltre che degli attributi maschili che provocano eccitazione, per lei tutto è un’indagine. Il suo movimento avviene più per spinta di curiosità e d’indagine che per vero bisogno interiore. Nonostante ciò, la scoperta dell’elemento sessuale e il confronto con la morte la condurranno in un viaggio interiore, dove comprenderà effettivamente la sua vera essenza e identità di donna, e non più di ragazza.

Eccelse interpretazioni

Fin dalla primissima scena è evidente lo stile autoriale e minimale del lungometraggio di Athina Rachel Tsangari, che riduce l’ambiente scenografico e la tecnica cinematografica all’essenziale, sfruttando una fotografia marcatamente realistica all’interno di una pellicola profondamente ancorata alla realtà, priva (in parte) di elementi surrealisti e magici. La regista ci racconta uno spaccato cruciale e di cambiamento della vita di Marina attraverso ambientazioni e scenografie spoglie, prive di colori vivaci che trasmettono felicità. Al contrario, viene utilizzata una palette cromatica e scenografie che evocano una sensazione di apatia e freddezza, una sensazione che si riflette anche nei volti dei personaggi, che non vediamo mai sorridere, nemmeno Bella, l’ingegnere o il padre. È come se a tutti loro mancasse un pezzo di sé, un elemento irraggiungibile. Anche a livello di regia, questa apatia interiore e freddezza generale vengono trasmesse attraverso un uso statico della macchina da presa. A eccezione di qualche panoramica fissa e di qualche carrello in avvicinamento con macchina a mano (particolarmente durante la scena nello spogliatoio di una palestra, dove vediamo Marina osservare i seni delle altre donne), la pellicola sfrutta inquadrature statiche di lunga durata, in cui l’azione si svolge attraverso immagini ferme e pochi raccordi scenici di montaggio.

La regia di Athina Rachel Tsangari in “Attenberg” adotta un approccio minimalista, focalizzandosi su una resa autoriale e semi-realistica degli eventi sullo schermo. Questo realismo viene interrotto solo in brevi momenti, attraverso sequenze visive strane e ricorrenti in cui vediamo Bella e Marina, sempre con gli stessi abiti, impegnarsi in camminate o balletti bizzarri nello stesso luogo. Queste scene, che richiamano il cinema dell’assurdo, sembrano fuori luogo a livello drammaturgico poiché non approfondiscono significativamente i personaggi e non vengono spiegate, lasciando gli spettatori perplessi riguardo al loro significato.

Nonostante queste scelte discutibili, la performance delle attrici principali, Ariane Labed e Evangelia Randou, è notevole. La cura di Tsangari nella direzione delle attrici è evidente, poiché entrambe riescono a incarnare i loro personaggi complessi e particolari, esprimendo molto più attraverso le loro espressioni facciali che con le parole. Ariane Labed, al suo debutto cinematografico, offre una performance impressionante, rendendo il suo personaggio, Marina, credibile e coinvolgente. Evangelia Randou, nel ruolo di Bella, dimostra anch’essa una grande capacità interpretativa.

Yorgos Lanthimos, interpretando un uomo apatico in una relazione complicata con Marina, offre una performance di alto livello. Le scene di sesso esplicite tra Lanthimos e Labed, che mostrano i loro corpi nudi in primo piano, sono eseguite senza vergogna, contribuendo a rendere i loro personaggi autentici e complessi. Queste scene, per quanto intime e crude, non sono gratuite ma funzionali alla narrazione, permettendo agli attori di mostrare la vulnerabilità e l’umanità dei loro personaggi. Alla fine della visione, si ha il desiderio di vedere ulteriori collaborazioni tra Yorgos Lanthimos e Ariane Labed, ora coppia nella vita reale, dato che insieme riescono a offrire una prova recitativa incredibile e coinvolgente. La loro chimica sullo schermo è palpabile, rendendo ogni scena in cui appaiono insieme carica di tensione emotiva e realismo.

Ariane Labed e Evangelia Randou in Attenberg (2010)
Ariane Labed e Evangelia Randou in Attenberg (2010)

In conclusione

“Attenberg” di Athina Rachel Tsangari è un lungometraggio che spicca per il suo stile autoriale e minimalista, caratterizzato da una fotografia realistica e un’atmosfera cruda e autentica. Le interpretazioni di Ariane Labed e Evangelia Randou sono notevoli, così come la chimica tra Labed e Yorgos Lanthimos, che offrono una prova recitativa intensa e coinvolgente. Tuttavia, alcune scelte registiche, come le sequenze visive strane e non spiegate, e l’eccessiva apatia e freddezza dell’atmosfera possono risultare problematiche. Nonostante questi aspetti, “Attenberg” rimane un film intrigante e originale, capace di suscitare emozioni forti e di lasciare un’impressione duratura nel pubblico.

Note Positive:

  • Stile Autoriale e Minimalista: La regia di Athina Rachel Tsangari si distingue per un approccio minimalista e autoriale, che riduce l’ambiente scenografico e la tecnica cinematografica all’essenziale. Questo stile è efficace nel creare un’atmosfera realistica e cruda, priva di elementi surrealisti e magici, che ancorano saldamente la pellicola alla realtà.
  • Fotografia Realistica: La fotografia marcatamente realistica, con una palette cromatica spoglia e priva di colori vivaci, contribuisce a trasmettere una sensazione di apatia e freddezza, riflettendo l’interiorità dei personaggi e l’ambiente in cui vivono.
  • Performance degli Attori: Le interpretazioni di Ariane Labed e Evangelia Randou sono notevoli, con entrambe le attrici che riescono a incarnare i loro personaggi complessi e particolari. La direzione delle attrici da parte di Tsangari è evidente, poiché esprimono molto attraverso le loro espressioni facciali più che con le parole.
  • Chimica tra gli Attori: Yorgos Lanthimos e Ariane Labed, anche coppia nella vita reale, offrono una prova recitativa incredibile e coinvolgente. La loro chimica sullo schermo è palpabile, rendendo ogni scena in cui appaiono insieme carica di tensione emotiva e realismo.
  • Scelte Registiche Audaci: L’uso di inquadrature statiche di lunga durata e l’interruzione del realismo con sequenze visive strane e bizzarre, come le camminate o i balletti delle protagoniste, dimostrano una certa audacia e originalità nella regia, che possono risultare intriganti per il pubblico.

Note Negative:

  • Sequenze Visive Strane e Non Spiegate: Le scene bizzarre e ricorrenti in cui vediamo Bella e Marina impegnarsi in camminate o balletti strani sembrano fuori luogo a livello drammaturgico. Queste sequenze non approfondiscono significativamente i personaggi e non vengono spiegate, lasciando gli spettatori perplessi riguardo al loro significato.
  • Apatia e Freddezza Eccessive: La palette cromatica e le scenografie che evocano apatia e freddezza possono risultare eccessive, rendendo l’atmosfera del film troppo cupa e distante, il che potrebbe allontanare parte del pubblico.
  • Stile Narrativo Lento: L’uso di inquadrature statiche di lunga durata e pochi raccordi scenici di montaggio possono rendere il ritmo del film troppo lento, rischiando di annoiare gli spettatori meno pazienti.
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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.

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