Ballet mécanique (1924). Il significato del film cubista di Léger

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Locandina di Ballet mécanique

Ballet mécanique

Titolo originale: Ballet mécanique

Anno: 1924

Nazione: Francia

Genere: Sperimentale

Casa di produzione: Les Films Seurat

Distribuzione italiana:

Durata: 16 minuti

Regia: Fernand Léger, Dudley Murphy

Sceneggiatura: Fernand Léger, Dudley Murphy

Fotografia: Man Ray, Dudley Murphy

Montaggio: Dudley Murphy

Musiche: George Antheil (revisione 1953 di Maurice Peress)

Attori: Katherine Murphy

Trailer di Ballet mécanique

Informazioni sul mediometraggio e dove vederlo in streaming

Quando il cinema ha trovato e scoperto il suo linguaggio narrativo, sono emerse le avanguardie cinematografiche. In Italia, nel 1916, è esploso il cinema futurista con opere come “Vita futuristica” (1916) e “Thaïs” (1917), mentre in Russia ha preso piede il linguaggio del “cine-occhio” con “L’uomo con la macchina da presa” (1926) e l’effetto Kulešov con registi come Vsévolod Pudovkin e Sergej Ejzenstejn. In Francia, invece, si è sviluppato il movimento dadaista, surrealista e infine cubista. Quest’ultimo ha avuto origine nel linguaggio pittorico, con artisti del calibro di Paul Cézanne, anticipatore della corrente artistica, Marcel Duchamp, Henri Matisse e Pablo Picasso con il suo capolavoro “Les demoiselles d’Avignon”. Il cubismo, provenendo dal mondo della pittura, si è poi diffuso nel cinema, creando un linguaggio in grado di destrutturare la narrativa e il montaggio, non più lineare ma simbolico. Questo tipo di cinema era più orientato all’elemento sperimentale-concettuale che alla narrazione stessa. Tra le opere più significative di questo filone d’avanguardia ci sono “L’inhumaine” di Marcel L’Herbier (1924) e “Ballet mécanique” (1924), noto anche come “Charlot presenta il balletto meccanico”, un mediometraggio diretto dal pittore e cineasta francese Fernand Léger, unico suo lavoro come regista, e prodotto da Dudley Murphy con la partecipazione di Man Ray.

Il film “Ballet mécanique” è basato sull’omonimo balletto del compositore americano George Antheil. Originariamente, doveva essere accompagnato da una colonna sonora realizzata appassionatamente da Antheil. Tuttavia, questa composizione non convinse il regista, sia perché non si adattava bene al mediometraggio, sia per la sua eccessiva durata, che era di mezz’ora, mentre il film aveva una durata di soli sedici minuti. Inoltre, questo progetto filmico è stato uno dei primi a essere concepito come “multimediale”, poiché durante la proiezione era prevista una performance musicale con pianoforti meccanici e alcuni pianisti umani. L’effetto della musica d’avanguardia suonata dalle macchine automaticamente amplificava il significato delle immagini sullo schermo.

Trama di Ballet mécanique 

Una giovane donna si dondola su un’altalena in un giardino, mentre un’altra sorride. Cilindri, pistoni, ingranaggi e turbine ruotano e si muovono costantemente. Utensili da cucina come pentole, coperchi e imbuto sono disposti in cerchi concentrici o in fila, mentre le auto passano sopra di essi. Ripetutamente, una donna robusta con un grosso sacco sulle spalle sale le scale. Il film, privo di una trama definita, offre uno sguardo su un mondo in movimento, dominato da immagini meccaniche e ripetitive, dove si alternano oggetti della vita quotidiana, personaggi e figure geometriche, con solo pochi momenti di solitudine in un giardino.

Fotogramma di Ballet mécanique
Fotogramma di Ballet mécanique

Recensione di Ballet mécanique 

Un caleidoscopio di immagini in costante movimento si ripete continuamente e ritmicamente all’interno del cortometraggio, attraverso un attento gioco simbolico e metaforico del montaggio, elemento fondamentale per donare un senso alla pellicola. Quest’ultima non si basa su una trama lineare e didascalica, ma piuttosto su un gioco di montaggio in cui il significato profondo dell’opera audiovisiva emerge dal modo in cui l’autore ha deciso di unire i fotogrammi a livello ritmico. Il montaggio ampiamente sperimentale offre uno sguardo introspettivo e filosofico al termine della visione.

A causa della complessità narrativa presente in “Ballet mécanique”, la pellicola non è semplice da comprendere, soprattutto alla prima visione. Lo spettatore è obbligato a fare uno sforzo interpretativo di ciò che sta guardando, poiché il linguaggio, tipicamente cubista, frammenta gli elementi, offrendo un mix di immagini contraddittorie che, unite attraverso una colonna sonora ossessiva e dal sapore industrializzato, creano un livello profondo e metaforico. Questo approccio conduce il pubblico dentro la questione politica e di critica sociale che Fernand Léger intendeva affrontare, ossia il rapporto tra essere umano e macchina. Non è un caso che vengano mostrate costantemente, con un montaggio alternato, scene di parti anatomiche umane, in particolare bocca e occhi, insieme a elementi industriali e meccanici, inclusi macchine e macchinari di lavoro, che compaiono nell’ultima parte narrativa del mediometraggio.

Il montaggio nella storia del cinema – Federico Vitella pag. 53-54

Il cuore dell’operazione consiste nell’associare alcuni dettagli della figura umana di una giovane donna (Katherine Murphy) a una serie di oggetti riconducibili al mondo dell’industria, sulla base di analogie di ordine strutturale: particolari anatomici del suo corpo vengono allo scopo montati con alcuni elementi  ricorrenti che, opportunamente distorti e decontestualizzati, li ricordano graficamente. Il volto della protagonista che va in altalena, per esempio, viene associato in apertura a quello di una palla metallica in oscillazione. Il movimento pendolare della testa della donna e della palla, così come la somiglianza di entrambe alla forma sferica, giustificano lo stacco e postulano, attraverso una continuità di ordine formale, una continuità di senso. 

Questo lavoro cinematografico, che si basa sulla destrutturazione narrativa, racchiude l’essenza concettuale e filosofica della visione di Fernand Léger riguardo al cinema. Léger non intendeva l’arte come una riproposizione concreta della verità, ma era a favore di un’arte, sia cinematografica che pittorica, capace di raccontare qualcosa attraverso forme inusuali e non convenzionali. In un suo scritto, il pittore francese dichiarò:

L’errore della pittura è il modello, l’errore del cinema è il soggetto. Liberato da questo peso negativo, il cinema può diventare il gigantesco microscopio delle cose mai viste o sentite. Le ripetizioni di forme, di ritmi, di rallentamenti o accelerazioni, offrono possibilità straordinarie. Un oggetto può diventare da solo uno spettacolo tragico, comico, grandioso, un’avventura nel paese delle meraviglie. Il vero cinema è l’immagine dell’oggetto completamente sconosciuta ai nostri occhi. 

“Ballet mécanique” è essenzialmente la resa visiva originale di oggetti, situazioni e persone che diventano altro da quello che sono, trasformandosi in elementi simbolici di un racconto metaforico più ampio e complesso che sfugge alle regole classiche della pura realtà fisica delle cose. Il regista prende piccoli oggetti e situazioni e li amplifica, rendendoli epici e inquietanti allo stesso tempo, attraverso uno stile di montaggio assolutamente particolare, incentrato sulla rappresentazione delle cose in modo diverso da come appaiono, sfruttando un montaggio che costantemente accelera e ripete alcune sequenze. Ad esempio, c’è una scena in cui una donna cammina su delle scale con una borsa tra le mani, che viene messa in loop, facendo percepire l’azione come infinita e incessante, trasformando questa donna in una figura epica condannata a ripetere eternamente la stessa attività.

La pellicola è un enorme caleidoscopio di immagini, tra cui spiccano numerosi occhi mostrati da ogni angolazione, che si aprono e si chiudono guardando dritti in camera. Inoltre, vediamo il volto di una donna, soprattutto verso la fine del mediometraggio, e numerose inquadrature dedicate al sorriso e alla bocca, scene che acquisiscono significati divergenti a seconda del momento in cui sono montate nella sequenza. Oltre a queste, ci sono inquadrature ravvicinate o a mezza figura di oggetti, come numeri e lettere, o elementi meccanici che sembrano prendere vita e diventare umani.

Non possiamo non citare il grande omaggio al personaggio di Charlie Chaplin, “Il vagabondo”, che appare nei titoli di testa e poi alla fine del film. Chaplin viene presentato come se fosse un quadro cubista, con forme geometriche che rappresentano l’essenza simbolica del cubismo, dove la forma prende il sopravvento sulla narrazione.

Charlie Chaplin in Ballet mécanique
Charlie Chaplin in Ballet mécanique

In conclusione

“Ballet mécanique” è un’opera cinematografica che si distingue per il suo approccio sperimentale al montaggio, che crea un’esperienza visiva unica e complessa. Attraverso un gioco di montaggio ritmico e simbolico, il film offre uno sguardo introspettivo e filosofico, richiedendo uno sforzo interpretativo da parte dello spettatore. Il film si basa sulla destrutturazione narrativa, offrendo uno sguardo originale e concettuale alla visione di Fernand Léger sul cinema. Léger concepiva l’arte come un mezzo per raccontare qualcosa attraverso forme inusuali e non convenzionali, liberandosi dai vincoli del modello e del soggetto tradizionali.

Note positive

  • Approccio sperimentale: Il film si distingue per il suo approccio sperimentale al montaggio, che crea un’esperienza visiva unica e stimolante.
  • Profondità concettuale: Attraverso il montaggio ritmico e simbolico, il film esplora tematiche complesse come il rapporto tra essere umano e macchina, offrendo uno sguardo introspettivo e filosofico.
  • Originalità: La pellicola si basa sulla destrutturazione narrativa e offre uno sguardo originale alla visione cinematografica di Fernand Léger, sfuggendo ai vincoli del modello e del soggetto tradizionali.
  • Immaginario visivo: “Ballet mécanique” offre un’interpretazione visiva unica di oggetti, situazioni e persone, trasformandoli in simboli di un racconto metaforico più ampio.

Note negative

  • Mancanza di chiarezza: La destrutturazione narrativa potrebbe rendere difficile per alcuni spettatori seguire la sequenza degli eventi o cogliere il significato profondo delle immagini e dei simboli utilizzati nel film.
  • Potenziale alienazione dello spettatore: L’approccio sperimentale e concettuale potrebbe non essere apprezzato da tutti gli spettatori, rischiando di alienare coloro che preferiscono una narrazione più tradizionale e lineare.
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