Swallow (2019): Il thriller psicologico di Carlo Mirabella-Davis

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Swallow locandina del film

Swallow

Titolo originale: Swallow

Anno: 2019 

Paese: Stati Uniti d’America, Francia

Genere: thriller

Produzione: Charades, Logical Pictures, Stand Alone Productions, Syncopated Films

Distribuzione: Blue Swan

Durata: 94 min

Regia: Carlo Mirabella-Davis

Sceneggiatura: Carlo Mirabella-Davis

Fotografia: Katelin Arizmendi

Montaggio: Carlo Mirabella-Davis

Attori: Haley Bennett, Austin Stowell, Elizabeth Marvel, David Rasche, Denis O’Hare, Lauren Vélez, Zabryna Guevara

Trailer italiano di Swallow

Trama di Swallow

Hunter, una casalinga da poco incinta, sente l’irrefrenabile bisogno di ingoiare oggetti pericolosi. Mentre il marito e la famiglia provano a tenerla sotto controllo per evitare che si procuri danni fisici, la donna dovrà confrontarsi con l’oscuro segreto che si cela dietro la sua nuova ossessione.

Recensione di Swallow

Al suo primo lungometraggio di finzione Carlo Mirabella-Davis mette in scena la storia di una donna catapultata in un contesto sociale non suo che sviluppa un disturbo mentale legato alla situazione stessa e al suo passato misterioso. Fino a qui sembrerebbe una delle tante storie raccontate al cinema se non fosse che il disturbo di cui la donna manifesta i sintomi è del tutto particolare. Il Picacismo (anche detto Allotriofagia o semplicemente Pica) è un disturbo che consiste nell’assunzione prolungata nel tempo, di sostanze non nutritive (terra, gesso, oggetti). Il regista newyorchese ha preso spunto da una sua vicenda personale che vede coinvolta la nonna negli anni cinquanta. La donna infatti, a causa del suo matrimonio infelice, ha sofferto di una particolare mania compulsiva che comportava il lavaggio ossessivo delle mani. Tale disturbo ha condotto i familiari a ricoverare la donna presso un ospedale psichiatrico dove ha subito numerosi trattamenti invasivi tra cui l’elettroshock. In una intervista il regista ha chiarito che l’idea di usare il Picacismo anziché il lavaggio delle mani è dovuta al fatto che la seconda non avrebbe funzionato a livello cinematografico quanto la prima. In particolare Mirabella-Davis ha affermato di essere rimasto colpito dall’immagine degli oggetti ritrovati negli stomaci di pazienti affetti da Pica e da come la loro assunzione avesse un che di mistico per gli affetti da tale patologia.

Hunter (una bravissima Haley Bennett) sembra avere tutto, una casa stupenda un marito bello e ricco, una vita agiata e senza complicazioni, è tutto perfetto e lei cerca di essere all’altezza della situazione, lo dimostrano le prime scene del film che la mostrano sistemarsi i capelli ripetutamente e con accuratezza o compiere piccoli gesti quasi maniacali per non scomporre l’ordine e la precisione del mondo in cui è entrata a far parte. A tutto ciò bisogna aggiungere la presenza ingombrante della coppia di suoceri che esercitano un controllo sempre più oppressivo sugli sposini. Il gesto d’ingoiare una bilia per rompere quel meccanismo perfetto, per riappropriarsi di un’autonomia perduta o, semplicemente per sentirsi viva attraverso il dolore, appare quindi come un fatto quasi naturale anche se sarà il primo di una serie di gesti via via sempre più pericolosi che metteranno a repentaglio la sua vita e quella del bambino che porta in grembo. E’ proprio la notizia della gravidanza a fare in modo che il controllo esercitato dalla famiglia di lui si faccia sempre più invasivo portando a una spirale di eventi incontrollabile.La seconda parte del film però assume un tono e una direzione diversa quando comincia ad affiorare il passato della giovane donna e la presa di coscienza della sensazione d’isolamento che ne è conseguita. In questo senso una scena apparentemente ininfluente allo sviluppo della trama, diventa esplicativa di quanto appena detto: Hunter accetta la richiesta di un abbraccio da parte di un alticcio collega del marito da cui riceve delle timide avances, alla fine dell’abbraccio però è sorprendentemente la donna a ringraziare l’uomo e non viceversa.  

Non vi svelerò il finale, ma posso anticiparvi che l’ultimissima sequenza, che accompagna i titoli di coda, sembra allargare l’orizzonte della vicenda a una universalità che riguarda il dolore (soprattutto femminile) che non traspare dai gesti quotidiani delle persone, dolore che passa inosservato nella frenetica e arrivista società americana. Swallow significa ingoiare, ma un’altra sua possibile traduzione è rondine. Apparentemente non c’entra con la storia, ma guardando il film, potreste convenire con me che il collegamento non sia poi così stravagante.Da un punto di vista cinematografico il film è molto avvincente con una regia attenta e funzionale alla storia, il grande rigore geometrico della prima parte lascia spazio a inquadrature più libere nella seconda, la macchina da presa si sofferma spesso sui primi piani della protagonista, ma è anche capace di allargare lo sguardo su spazi aperti, spesso dietro a vetrate, a rappresentare la condizione d’isolamento della donna. La fotografia è ricercata e l’interpretazione molto convincente di Haley Bennett le ha valso il premio come miglior attrice al Tribeca Film Festival.

Pur peccando nella caratterizzazione dei personaggi principali che forse avrebbero meritato un maggiore approfondimento e con una seconda parte che appare leggermente sbrigativa rispetto alla prima maggiormente articolata, il film funziona benissimo e potrà essere uno dei prossimi cult a livello di cinema indipendente. Al momento è uscito solamente in Francia e negli Stati Uniti ma speriamo di vederlo presto anche in Italia con il ritorno a una situazione normale.

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