Beach Bum – Una vita in fumo (2019): Una sconvolgente commedia con uno strepitoso McConaughey

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Trailer italiano di Beach Bum – Una vita in fumo

Scritto e diretto da Harmony Korine, autore di Spring Breakers (2012) con James Franco, Beach Bum è curato dal direttore della fotografia Benoît Debie, collaboratore di Jacques Audiard in I fratelli Sister (2018) e proprio di Korine nel già citato Spring Breakers. Musicato dal premio Oscar John Debney, il film è montato da Douglas Crise, nominato all’Academy Awards insieme a Stephen Mirrione per il montaggio di Babel (A. G. Iñárritu, 2006). Nel cast figurano il premio Oscar Matthew McConaughey (Dalla Buyers Club, J. Vallée, 2013), Isla Fisher (Il grande Gatsby, B. Luhrmann, 2013), Zac Efron (Baywatch, S. Gordono, 2017), Snoop Dogg, Jonah Hill e Martin Lawrence.

Martin Lawrence e Matthew McConaughey

Trama di Beach Bum – Una vita in fumo

Moondog (Matthew McConaughey) è un poeta che vive seguendo le proprie regole a Key West, un’isola a sud della Florida. Qui, in mezzo alle coloratissime architetture del quartiere in cui abita, trascorre le giornate tra alcol, donne, droga e una libertà di cui ormai non può fare a meno. Nella comunità diventa presto un simbolo della sfrenatezza condivisibile di chi ha compreso il senso di se stesso e di ciò che lo circonda, rivestendo il ruolo di oratore e di modello di un sistema anticonvenzionale. Ma la concretezza di quel mondo reale da cui Moondog si è allontanato ricompare quando la moglie Minnie (Isla Fisher), ricchissima e sua finanziatrice, lo richiama per presenziare al matrimonio della figlia Heater (Stefania LaVie Owen). Il poeta più famoso di Key West è dunque costretto a tornare alla civiltà, ritornando persino a scrivere per consentire il prosieguo del suo personalissimo stile di vita.

Isla Fisher e Matthew McConaughey

Recensione di Beach Bum – Una vita in fumo

Basterebbe il titolo, The Beach Bum, almeno ad anticipare, se non a trasmettere, la colorata esplosività che caratterizza l’ultimo lungometraggio di Harmony Korine: lo stesso regista di Spring Breakers (2012), film con James Franco che definirlo anticonvenzionale può rischiare l’eufemismo. E Korine, del resto, si attiene ancora al suo stile; che può essere definito come provocatorio, eccessivo, brillante, persino oltraggioso, ma anche instancabile demolitore di quel conformismo sociale e direi stilistico che appartiene alla contemporaneità. In epoca di social, il “nuovo” diviene presto riproducibile e per questo, quasi paradossalmente, obsoleto, stabilendo anche false relazioni che Korine tenta di allontanare dalla sua opera. Poi certo ad aiutarlo, nel rendere The Beach Bum un lungometraggio dal carattere originale, ci pensa ovviamente l’attore protagonista. Quel Matthew McConaughey che trova in Moondog un ruolo che potrebbe essere definito esistenziale, in linea con i principi espressi nel suo libro: Greenlights. L’arte di correre in discesa (2021) scritto come un’autobiografia che non vuole insegnare ma semmai promuovere riflessioni. In fondo, nonostante le precedenti grandi interpretazioni dell’attore texano (con Dallas Buyers Club su tutti), l’irriverente poeta definito da Korine appare come il carattere che McConaughey cercava da inizio carriera. Moondog, vero simbolo nell’isolata comunità di Key West, è infatti straordinario nell’annullare l’ordinarietà, cancellando il quotidiano con un atteggiamento in grado di ricordare The Dude de Il Grande Lebowsky (E. Coen, J. Coen, 1998).

E come il personaggio interpretato da Jeff Bridges, anche Moondog rappresenta (e accentua) il conflitto, la separazione con quel mondo “evoluto” che appare saltuariamente come una scenografia lontana durante le sequenze del film. Le luci distanti della “civiltà”, o almeno quella apparente e ritenuta proprio per questa ragione la più condivisibile, raffigura l’immagine di una città “di cristallo”, inserendo un concetto tanto caro allo scrittore Sergio Bambarén. Una città che Moondog, attraverso le sue parole e le sue gesta (straordinario quello che accade verso la conclusione del lungometraggio), tenta di conquistare, frantumando le pareti che la proteggono. Il personaggio di McConaughey, in fondo, definisce un uomo apprezzato dalla piccola comunità in cui vive ma, allo stesso tempo, allontanato dalla società che lo identifica come un talentuoso poeta da cui prendere le distanze. Moondog, al di fuori di Key West, è un anti-modello, addirittura da confinare in un centro di riabilitazione (insieme a un eccellente e irriconoscibile Zac Efron) che poco o nulla può fare per costringere un uomo che è sinonimo di “libertà”. Tuttavia, il merito di Korine consiste anche nel calare Moondog in un clima continuamente avverso, in grado di avvalorare i principi da lui seguiti. Per esempio, la necessità di ritornare a scrivere per riprendere il controllo sulle finanze di Minnie (ben interpretata da Isla Fisher) obbliga il personaggio di McConaughey a confrontarsi con le responsabilità, interrogandosi, pur introspettivamente, sul proprio stile di vita. Lo stesso che attira il suo agente (Jonah Hill), ma anche il giornalista (o “emblema della società”) incaricato di realizzare la sua intervista. Che, a conferma del carattere di The Beach Bum, vanta delle sfumature filosofiche e dei concetti di certo in grado di stimolare profonde riflessioni nello spettatore, a quel punto sicuramente affascinato dall’ultima opera di un regista di assoluto valore.

Note positive

  • La profondità della sceneggiatura
  • La regia di Harmony Korine
  • La fotografia di Benoît Debie
  • L’interpretazione corale del cast (un plauso particolare a Matthew McConaughey, Isla Fisher e Zac Efron)

Note negative

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