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Locandina del film Suburbicon

Suburbicon

Titolo originale: Suburbicon

Anno: 2017

Paese: Stati Uniti d’America, Regno Unito

Genere: giallo, drammatico

Produzione: Black Bear PicturesSilver PicturesSmokehouse Pictures

Distribuzione: 01 Distribution

Durata: 105 minuti

Regia: George Clooney

Sceneggiatura: George Clooney, Ethan Coen, Joel Coen, Grant Heslov

Fotografia: Robert Elswit

Montaggio: Stephen Mirrione

Musiche: Alexandre Desplat

Attori: Matt Damon, Julianne Moore, Oscar Isaac, Noah Jupe, Gary Basaraba, Karimah Westbrook, Leith Burke, Tony Espinosa

Trailer del film Suburbicon

Trama di Suburbicon

In una tipica ambientazione statunitense anni ’50, tra un misto di colori pastello e finta benevolenza, si estende la comunità di Suburbicon, un complesso immobiliare che arriva a contare fino a 60.000 abitanti. Suburbicon è una comunità con delle regole precise, che impattano sull’estetica delle abitazioni quanto sulle caratteristiche che i residenti devono possedere per entrarvi. Composta unicamente dal prototipo della tipica famiglia americana del tempo, l’illusoria armonia interna al quartiere sembra venir meno quando ci si trasferisce una famiglia afroamericana, la famiglia Mayers. I signori Mayers divengono da subito il bersaglio dell’intera comunità, che li accuseranno di aver portato il male all’interno di Suburbicon, ignari che il male è sempre stato intorno a loro. Controparte dei Mayers sono infatti i Lodge, una famiglia apparentemente perfetta, che si macchia di crimini efferati tra ricatti, vendette e tradimenti.

Un’inquadratura del quartiere di Suburbicon

Recensione di Suburbicon

Suburbicon denuncia la posizione socialmente sfavorevole occupata dalla comunità nera all’interno degli Stati Uniti d’America. Il film si prende gioco della classica rappresentazione dell’american way of life da sobborgo americano e punta il dito in particolare al privilegio conferito dal proprio colore di pelle: Gardner, che arriva a compiere più di un omicidio nel corso del film, tra cui uno nello specifico avviene in piena vista in mezzo alle strade del quartiere, non è mai considerato pericoloso dalla comunità troppo occupata ad attaccare i Mayers. L’estrema omologazione degli abitanti di Suburbicon , messa a repentaglio dalla presenza di una famiglia afroamericana, è sia la salvezza che la condanna di Gardner, che è man mano sempre più insofferente alla sua vita da impiegato e padre di famiglia. Il messaggio del film arriva chiaro e tondo, ma il modo in cui è messo in scena porta a delle spiacevoli considerazioni; nonostante il desiderio di criticare il razzismo sistemico protetto perfino dalle autorità, regia e sceneggiatura danno fin troppo poco spazio a quelle che sono le effettive vittime, i membri della famiglia Mayers. Non solo il loro minutaggio in scena è scarso, ma gli sono anche affidate poche battute, se non nessuna come nel caso del signore Mayers. La loro caratterizzazione è solo in quanto vittime appunto, tanto che il nome dei membri della famiglia, tranne per Andy, il figlio della coppia, non è mai menzionato all’interno del film. Se alla base ci sono buone intenzioni, quello che manca è una buona rappresentazione.

Matt Damon come Gardner Lodge in Suburbicon

Il regime dello sguardo in Suburbicon

Il primo personaggio con cui lo spettatore entra in contatto è il postino del quartiere, che approfitta della consegna della posta per chiedere ai vari residenti se avessero già conosciuto i nuovi vicini. Arrivato effettivamente sulla soglia dei nuovi arrivati, trova la signora Mayers, che confonde inizialmente per una domestica. Da quel momento in poi, scoperto il colore della pelle dei Mayers, il focus si sposta dalla conoscenza alla visione, e la domanda del postino passa dall’essere “avete conosciuto i nuovi vicini?” ad “avete visto i nuovi vicini?”. All’interno di Suburbicon, la vista diviene uno strumento dal potere discriminatorio, e infatti, non passa molto tempo prima che le case adiacenti montino staccionate più alte per evitare la vista dei Mayers.

Lo squilibrio di potere è visivamente rappresentato nel relazionarsi dei vicini: in ogni inquadratura dei Mayers è presente almeno un altro personaggio che li osserva con uno sguardo torvo. Con l’avanzare del film questa caratterizzazione diviene parte della trama, con sempre più uomini e donne che si appostano fuori casa Mayers e rimangono a lungo a fissare la proprietà e chi la abita, tornando giorno dopo giorno. Queste scene di esplicito voyeurismo servono da autoanalisi per lo spettatore, anch’egli fisso a guardare, curioso di sapere come andrà finire e deresponsabilizzato dalla distanza tra la vita reale e gli eventi sullo schermo cinematografico, così come si sentono deresponsabilizzati gli appostati.

La famiglia Mayers non è inconsapevole del potere dello sguardo e di cosa significherebbe per la loro incolumità mostrarsi vulnerabili a esso. L’unica battuta del signore Mayers, riportata indirettamente, è una raccomandazione al figlio Andy al riguardo: “Non fargli vedere niente. Non fargli vedere che hai paura. Non fargli vedere niente.

La signora Mayers (Karimah Westbrook) costantemente osservata in una scena di Suburbicon

Note positive

  • Gli spunti tematici (oltre a quelli evidenti, mette in dubbio la retorica del sogno americano e della famiglia tradizionale)
  • Pone una velata critica al sistema immobiliare, che contribuì alla segregazione razziale americana nel XX secolo (per approfondire, vai qui)

Note negative

  • Scarsa rappresentazione della minoranza per la quale cerca di battersi
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