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Campo di battaglia
Titolo originale: Campo di battaglia
Anno: 2024
Nazione: Italia
Genere: Drammatico, Storico, Guerra
Casa di produzione: Kavac Film, Ibc Movie, Rai Cinema
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 104’
Regia: Gianni Amelio
Sceneggiatura: Gianni Amelio, Alberto Taraglio, Carlo Patriarca
Fotografia: Luan Amelio Ujkaj
Montaggio: Simona Paggi
Scenografia: Beatrice Scarpato
Costumi: Luca Costigliolo
Musiche: Franco Piersanti
Attori: Alessandro Borghi, Gabriel Montesi, Federica Rosellini, Giovanni Scotti, Vince Vivenzio, Alberto Cracco, Luca Lazzareschi, Maria Grazia Plos, Rita Bosello
Trailer di “Campo di battaglia“
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
Campo di battaglia è la nuova opera di Gianni Amelio, che torna a Venezia dopo aver partecipato nel 2022 con Il signore delle formiche. La sceneggiatura è tratta dal romanzo La sfida di Carlo Patriarca, edito da Rizzoli nel 2018.
Il lungometraggio del regista calabrese è stato presentato alla 81^ Mostra Internazionale del Cinema di Venezia il 1 settembre mentre ha debuttato nei cinema già dal giorno 5 dello stesso mese, distribuito da 01 Distribuzion. Al momento, non è disponibile su nessuna piattaforma streaming.
Trama di “Campo di battaglia“
Durante la Prima Guerra Mondiale, Stefano e Giulio sono due medici che prestano servizio nello stesso ospedale militare. I due sono amici d’infanzia e Giulio, di famiglia più modesta, usufruisce dei benefici che sono riservati a Stefano, il cui padre ha stretti legami con le alte sfere dell’esercito.
Nonostante si frequentino da una vita, hanno due modi di vedere il mondo molto diversi. Stefano, che i genitori vedono calcare le scene politiche, è tutto dovere e patria e non concepisce chi cerca di sfuggire alla battaglia, la quale dovrebbe essere onore per ogni soldato. Invece, Giulio è decisamente più umano, la sua empatia lo porta ad aiutare i giovani soldati, spesso ingenui e ignoranti, anche con scelte drastiche – amputazioni piuttosto che procurate cecità –pur di renderli comunque vivi alle loro terre e famiglie.
Al campo arriva Anna, amica di entrambi gli uomini e infermiera perché a una donna, all’epoca, non era concesso laurearsi a pieni voti in medicina. La ragazza pare avere un atteggiamento più vicino a Stefano, ma il tempo la porterà a comprendere le scelte di Giulio.
Nel mentre, arriva anche un virulento virus a stremare non solo i soldati ma anche la popolazione e i tre protagonisti si troveranno a scontrarsi su come comportarsi in questa eventualità: dovere o compassione?

Recensione di “Campo di battaglia“
Gianni Amelio è sicuramente uno dei registi più importanti del cinema italiano contemporaneo. Come non ricordarsi le sue prime opere come Porte aperte (1990), Il ladro di bambini (1992) o Lamerica (1994). È però anche vero che, nell’ultimo decennio, l’autore calabrese ha perso la sua incisività, quella impronta autoriale a discapito di racconti più composti, per certi versi meno coraggiosi.
Amelio non è diventato un cattivo regista e la scena iniziale di Campo di battaglia ne è una dimostrazione. Sa usare la macchina da presa, si aiuta con una fotografia non invadente e con pochissime tracce musicali a lasciar spazio alla colonna sonora ambientale, per certi versi più suggestiva. Ma pare non aver più voglia di tenere il timone della sua narrazione e di far andare il film quasi per inerzia, nella speranza – o convinzione – che la storia e i protagonisti riescano a mantenere una giusta dignità.
Alessandro Borghi non è Atlante,
Campo di battaglia ha come fulcro Alessandro Borghi, di cui le capacità sono indiscusse ma che, in questo specifico caso, non riesce a reggere l’intero peso del film. Cosa che era successa anche nei precedenti lavori del regista calabrese a Pierfrancesco Favino, prima, e a Luigi Lo Cascio, poi. L’indolenza ameliana è un peccato: per lo spettatore, che viene privato di quella forza emotiva di cui Amelio è capacissimo, e per i protagonisti, che si ritrovano in balia di se stessi.
La sceneggiatura gioca sul facile dualismo fra bene e male, mettendo i medici Stefano e Giulio a confronto fra loro. L’abbiente cattivo e il dimesso buono a cui si aggiunge una figura femminile, quella di Anna, la cui storia – interessante – viene appena accennata. Una presenza che potrebbe fungere da catalizzatore romantico anche se, in alcuni momenti, viene il sospetto che ci sia un rapporto omoamoroso fra i due amici.
Un racconto più teatrale che cinematografico
La camera che gira intorno al cumulo di cadaveri, con una lentezza volta a far percepire ogni singolo dettaglio dei vestiti, dei visi tumefatti, dell’arruffare sgradevole dello sciagurato che cerca la qualunque per poter raggiungere l’illusione di stare meglio in quella trincea di morte. Questa scena vale da sola tutto il resto del film, che poi volge verso un percorso più semplice per finire poi nel prevedibile.
Il racconto dei soldati, caratterizzati dai diversi dialetti a convincerci dell’unità dei disgraziati, a prescindere dalle loro origini, raggiunge, a volte, degli aspetti esasperati, finti, al limite della macchietta. E se alcune volte possono alleggerire la trama, altre la fanno finire nel grottesco. Come le intuizioni di Anna rispetto alla veridicità di alcune invalidità.

Una recitazione sconfinata oltre il limite del grande schermo
Borghi cerca in tutti i modi di non eccedere, di non rappresentare un Giulio troppo compassionevole e non forzare in un dialetto che non è suo. In questo modo riesce a rendere il suo medico non un semplice rappresentante del bene bensì un uomo con i limiti di qualunque altro essere umano.
Sia Gabriel Montesi che Federica Rosellini, invece, vengono fagocitati dai loro personaggi, incastrati in un mezzo che forse non è il loro. La recitazione che propongono è così impostata da essere più adatta alle sale teatrali che a un grande schermo. In questo modo si allontanano, inevitabilmente, dalla storia che Borghi sta raccontando. E se la caricatura è un peccato veniale per i personaggi secondari, diventa meno accettabile per i protagonisti.
Montesi ha una rigidità, fisica e vocale, che lo distacca da qualsiasi altro personaggio del film. In questo modo si va, però, anche a perdere lo scontro con il padre e gli si limita un campo d’azione che, invece, era più ampio – basti pensare alla relazione con Anna. Rosellini, invece, ha quelle espressioni tipiche da teatro borghese di fine Ottocento che la rendono più maschera che carattere.

In conclusione
Campo di battaglia è certamente un film che va seguito per l’interesse storico ma, al contempo, non lascia un segno indelebile nella cinematografia. Borghi da solo non è sufficiente a rendere la pellicola meno noiosa. Montesi e Rosellini hanno sicuramente le capacità per fare meglio e Amelio deve solo ritrovare il suo spirito, estetico e coraggioso, che ben conosciamo a discapito di una compostezza che risulta quasi anonima.
Note positive
- Storia poco raccontata
- Scena iniziale emozionante
Note negative
- Recitazione troppo enfatizzata
- Regia composta ma non significativa