Club Zero (2023). New Age e consumismo

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Trailer di Club Zero

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Presentato in concorso al Festival di Cannes e fuori concorso ad Alice nella città arriva dal 9 ottobre 2023 nelle sale italiane Club Zero (distribuito da Academy Two). Il film dell’austriaca Jessica Hausner già dal suo debutto festivaliero ha attirato un gran numero di critiche e opinioni contrastanti, venendo spesso e volentieri del tutto respinto. Quel che è certo è che il film della Hausner indaga le colpe del consumismo occidentale, la bulimia di consumo che ci attanaglia e il modo in cui tutto ciò ricade sui più giovani. Il come tutto questo venga affrontato è ovviamente il terreno del dibattito critico.

Trama Club Zero

Assunta da un prestigioso e costoso liceo privato, la signorina Novak è titolare di un corso di nutrizione che propone un concetto innovativo, radicale, distantissimo dalle comuni abitudini alimentari. Senza destare i sospetti di insegnanti e genitori, alcuni studenti cadono sotto la sua influenza ed entrano a far parte della cerchia ristretta del misterioso Club Zero.

Sinossi ufficiale

La signorina Novak si unisce al corpo docente di un collegio internazionale per insegnare alimentazione consapevole. Il suo corso si basa sul principio innovativo che mangiare meno sia salutare. Il suo metodo purifica il corpo e aiuta a salvare il pianeta. Gli altri insegnanti sono lenti ad accorgersi di quello che sta succedendo e quando i genitori distratti cominciano a farlo, il Club Zero è ormai diventato una
realtà
Fotogramma di Club Zero
Fotogramma di Club Zero

Note di regia

Jessica Hausner

CLUB ZERO indaga il comportamento di genitori che affidano la responsabilità nei confronti dei loro figli a un’insegnante che abusa di questa fiducia. Ms Novak manipola i ragazzi e li allontana dai genitori. Quando questi decidono di intervenire per salvarli, è già troppo tardi e sono costretti a vivere l’incubo più spaventoso per qualsiasi genitore: perdere un figlio. CLUB ZERO affronta questa paura e si chiede, “Come possono i genitori controllare i figli quando semplicemente non hanno abbastanza tempo da dedicare loro?” Questo problema non è del singolo individuo ma di una società intera. I genitori non sono a conoscenza di tutto quello che succede in una scuola e non avrebbero comunque il tempo per comprenderlo. Viviamo in una società meritocratica che ci costringe a lavorare sempre di più e questo mi fa pensare che il fallimento dei genitori sia un problema sistemico. CLUB ZERO è ambientato in un collegio, scelta che serve a sottolineare quanto i genitori dipendano dagli insegnanti. Nella nostra società il lavoro dell’insegnante è spesso mal pagato e non ne è riconosciuta l’importanza mentre dovrebbe essere un lavoro molto rispettato e ben remunerato. I genitori dovrebbero affidarsi completamente agli insegnanti o dovrebbero assumersi più responsabilità? E come è possibile farlo, in una società basata sul lavoro e sul successo? Mi interessava capire come la nostra società assegni tali responsabilità. Come dice la signorina Dorset, la preside del collegio nel film: “I genitori non hanno tempo per i loro figli e quindi spetta a noi dar loro tutte le attenzioni e l’affetto di cui hanno bisogno.”

Recensione Club Zero

Club Zero arriva nelle (poche) sale italiane che lo proiettano portandosi dietro un chiacchiericcio abbastanza debole, insolito per un film in concorso a Cannes. Se ne è parlato generalmente poco e quando lo si è fatto se ne sono messe in discussione la visione e l’esecuzione. La regista Jessica Hausner (autrice austriaca, allieva di Haneke, seguace di quel modo di fare cinema tendente al disturbante e alla ricerca della distorsione “psichica” e geometrica nello status quo dell’inquadratura in apparenza ordinata, modus operandi ripreso e portato avanti con le sue diversità da Yorgos Lanthimos) si propone di indagare nelle crepe di un gruppo di giovani abbandonati e soli, il liceo d’elitè che li ospita è solo uno schermo e una gabbia alle loro reali esigenze e i genitori sembrano non essere in grado di comprenderli o di percepirli nel loro modo di essere, presi come sono da vicende borghesi.

In questo “silenzio-assenza” che circonda i giovani si inserisce Ms. Novak, nuova insegnante di “alimentazione consapevole” che coinvolge gli studenti in un giro settario che (in nome di un ambientalismo distorto mescolato con varie ideologie new age sulla possibilità di sopravvivere con la sola forza del pensiero) via via li coinvolge sempre più portandoli ad abbandonare i pasti. Gli insegnanti non capiscono, i genitori ancora meno, nessuno sembra comprendere il disagio degli studenti intercettato da Ms. Novak (una algida Mia Wasikowska, tragica e angelica, portatrice di morte e beatitudine proprio come nel suo miglior ruolo: quel Maps to The Stars di Cronenberg che è manifesto di un mondo sommerso nel crudo cinismo e nel magma dell’incertezza).

Fra zoom in avanti e zoom indietro (che di volta in volta inseriscono o escludono dal quadro determinate situazioni, che quindi mai possiamo percepire come “complete”) la Hausner gioca al rialzo, spinge sulla provocazione. Ed è qui che molti non ci stanno, molti vedono nel suo sguardo una sorta di autocompiacimento nel mostrare il dolore, un complesso egotico che si fregia nel mettere in difficoltà chi guarda mostrando immagini rivoltanti, immagini “non conciliate” con nessuna prassi.

È questo che rende Club Zero un film (volutamente) respingente per una gran parte di pubblico: quanto questo sia “un bene” poi è tutto da vedere, di certo Hausner segue la sua visione fino in fondo (ma per molti il problema è proprio questa perseveranza in una provocazione concettuale che può esser vista come vacua). Croce e delizia che porterà gran parte del pubblico a respingere l’opera (anche a ragione, in fondo l’intento stesso sta nel creare un dubbio), una restante e piccola parte ne difenderà invece (magari in maniera egualmente ingenua) la chiarezza estetica e di visione.

I ragazzi in Club Zero (2023)
I ragazzi in Club Zero (2023)

In conclusione

Club Zero, fra colori sgargianti e quasi “rivoltanti” nel loro essere onnipresenti, è più interessato alla sua idea estetica che alla sua idea sociale.

Il finale, insolitamente onirico rispetto al resto dell’opera, conferma quest’ipotesi: una messa in quadro definitiva (e finalmente centrata) per un’opera che fino a quel punto si fregiava a testa alta di non voler trovare il centro dell’inquadratura (e, di conseguenza, il suo centro morale).

Note positive

  • La regista Jessica Hausner ha le idee chiare, insegue la sua idea estetica e di cinema senza compromessi, creando un’atmosfera disturbata e proponendo immagini non conciliate.
  • Mia Wasikowska in quello che forse è uno dei suoi ruoli migliori
  • Chi avrà il coraggio di avvicinarsi al film e accettarlo apprezzerà una delle regie più dirompenti dell’anno e un film che crede fino in fondo in ciò che propone

Note negative

  • Proprio la ricerca di quest’estetica provocatoria risulterà per i più respingente
  • Il film può frustrare nel suo non avere un centro morale. Hausner è più interessata a un’idea estetica che a un’idea sociale (fatto che può esser letto come negativo o positivo, a seconda di come si sceglie “di guardare”).

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