Die, My Love (2025): il cinema estremo di Lynne Ramsay

Recensione, trama e cast di Die, My Love (2025) presentato in anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma 2025, nella sezione Best Of.

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Die, My Love (2025) - ©MUBI Credit Kimberley French
Die, My Love (2025) – ©MUBI Credit Kimberley French

Trailer di “Die, My Love”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Presentato in anteprima mondiale al Festival di Cannes 2025, Die, My Love ha subito conquistato pubblico e critica, ricevendo una standing ovation di sei minuti. Dopo il debutto francese, il film ha fatto tappa nei principali festival internazionali, tra cui Toronto e Telluride, confermando Lynne Ramsay come una delle voci più radicali del cinema contemporaneo. L’anteprima italiana è avvenuta alla Festa del Cinema di Roma 2025, nella sezione Best Of, alla presenza di Jennifer Lawrence, accolta da un lungo applauso in sala. In Italia il film sarà distribuito da MUBI, con uscita prevista per il 27 novembre 2025, sia in sala che successivamente in streaming sulla piattaforma MUBI.

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Trama di “Die, My Love”

Il film segue Grace (Lawrence) e il suo compagno Jackson (Pattinson), da poco trasferitisi in una casa isolata. Intenzionata a scrivere il grande romanzo americano, Grace cerca di ambientarsi e poco dopo dà alla luce un bambino. Ma a causa delle frequenti (e sospette) assenze di Jackson e delle pressioni della vita domestica, Grace comincia a perdere il contatto della realtà e a distruggere tutto ciò che la circonda.

Recensione di “Die, My Love”

Se Mother! di Darren Aronofsky era un assalto alla psiche, con la sua natura apocalittica, il caos religioso e la follia domestica, Die, My Love sembra quasi un sequel… e Jennifer Lawrence prende il posto di Jennifer Lawrence senza bisogno di metafore bibliche sull’ambiente. Il tema resta lo stesso: la maternità come linea di confine, la casa come prigione, il corpo e la mente come territorio in rivolta. Solo che qui la condizione materna non si osserva da lontano: si attraversa, viscerale, oppressiva, segnata da una depressione post-partum che non dà tregua. Affrontare l’esperienza di diventare madre attraverso il linguaggio del delirio significa scardinare il modo in cui il cinema guarda al corpo femminile e alla sua fragilità. Lynne Ramsay, regista scozzese dalla poetica istintiva e violenta, costruisce un film che respira come una ferita aperta. Dopo titoli come We Need to Talk About Kevin e You Were Never Really Here, Ramsay torna sul grande schermo con un’opera radicale e sensoriale, in cui la mente e il dolore diventano cruda materia visiva.

Liberamente ispirato al romanzo di Ariana Harwicz, il film segue Grace (Jennifer Lawrence), una giovane madre che vive con il marito Jackson (Robert Pattinson) in una zona rurale isolata. Lontano dal rumore del mondo, il silenzio della campagna si trasforma presto in una prigione. L’amore, la maternità e il desiderio collidono in un caos di gesti estremamente contraddittori, mentre la realtà si deforma sotto il peso di un malessere che divora tutto. Il volto di Grace diventa superficie di una crisi esistenziale e fisica, un grido represso che attraversa il corpo e si riflette nell’ambiente circostante. Non lo si potrebbe nemmeno definire semplicemente un filmDie, My Love è un’esperienza sensoriale estrema, un’immersione totale nella vertigine che si prova quando si mette al mondo un altro essere umano. Una traversata disturbante dentro un corpo che cambia, un cinema che non chiede di essere capito ma sentito, e che preferisce colpire piuttosto che spiegare. Tutto in quest’opera vibra di tensione, come se la lucidità si spegnesse progressivamente lasciando soltanto la pulsazione, pura, nuda, quasi animale. Jennifer Lawrence si fa carico dell’intero film e si abbandona completamente al personaggio: non interpreta, implode. Ogni respiro, ogni sguardo, ogni scatto è parte di una performance che supera il realismo per farsi trance, perdita di sé. Accanto a lei, Robert Pattinson assume la forma di un’assenza, un corpo che esiste ma non percepisce, simbolo di un maschile incapace di contenere o comprendere la voragine femminile che lo circonda. La regia di Ramsay rifiuta la narrazione lineare. Costruisce un linguaggio fatto di immagini e interruzioni, di montaggi sincopati e suoni dissonanti. Attimi che vivono nel frammento, dove il ritmo non obbedisce alla storia ma alle pulsazioni interne della protagonista. La narrazione si muove come una febbre: non segue logiche, segue istinti. È una forma di liberazione visiva, a metà strada tra videoclip e performance art, in cui l’emozione diventa il vero soggetto dell’inquadratura.

Tra gli elementi più incisivi emerge la fotografia, dominata da un blu costante e ossessivo. Non è un colore ma uno stato d’animo: il blu come gelo, come depressione, come eco visiva delle baby blues post-partum. È il colore dell’assenza e del dolore, una nebbia che avvolge tutto e soffoca la luce. La fotografia traduce così il trauma in immagine, il corpo in paesaggio mentale. Ogni fotogramma è immerso in una tonalità che non consola ma rispecchia. Accanto al blu si alternano lampi di luce accecante e zone d’ombra quasi nere, come se il mondo interiore della protagonista esplodesse e collassasse su sé stesso. La sceneggiatura si sfalda, i momenti di lucidità si alternano a una confusione controllata che, pur rischiando di perdere coesione, restituisce la verità di una mente in frantumi. È cinema che si costruisce sull’instabilità e che trova proprio nel suo disordine, la forma più onesta di espressione.

In conclusione

Die, My Love non si lascia amare: si subisce. È un’opera che disturba, che pretende lo sguardo e non offre tregua. Un film imperfetto, esasperato, ma profondamente vivo, che trasforma il dolore in forma e la perdita in linguaggio. Un cinema che sanguina, che non chiede perdono, e che nel blu più gelido della sua fotografia trova la metafora più struggente della maternità: quella malinconia invisibile che accompagna la nascita e, insieme, il crollo di un’identità.

Note positive

  • L’interpretazione di Jennifer Lawrence
  • La fotografia di Seamus McGarvey
  • Regia libera e istintiva a metà strada tra videoclip e performance art

Note negative

  • Narrazione non lineare e montaggio sincopato
  • Dialoghi troppo essenziali
  • L’interpretazione di Pattinson riflette il suo personaggio ma non le sue abilità come attore

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Review Overview
Regia
Fotografia
Sceneggiatura
Colonna sonora e sonoro
Interpretazione
Emozione
SUMMARY
2.5
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Sara Camardella
Sara Camardella

Autrice, sceneggiatrice e filmmaker. Le sue passioni sono da sempre la musica, il genere horror e il cinema indipendente. Attualmente vive a Roma e come L.B. Jefferies trova continua ispirazione dal vicinato chiassoso e multiculturale.