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Earwig e la strega
Titolo originale: アーヤと魔女 (Āya to majo)
Anno: 2020
Paese di Produzione: Giappone
Genere: animazione, commedia, fantastico
Casa di produzione: Studio Ghibli
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 82min
Regia: Goro Miyazaki
Sceneggiatura: Keiko Niwa, Emi Gunji
Soggetto: Diana Wynne Jones
Character Design: Katsuya Kondō
Musica: Satoshi Takebe
Doppiatori Originali: Kokoro Hirasawa, Shinobu Terajima, Etsushi Toyokawa, Gaku Hamada, Sherina Munaf
Doppiatori Italiani: Ilaria Pellicone, Daniela Calò, Pino Insegno, Stefano Broccoletti, Caterina Shulha
Basato sull’omonimo romanzo minore di Diana Wynne Jones, Earwig e la strega (2020) è il terzo film diretto dal figlio d’arte Gorō Miyazaki (I racconti di Terramare e La collina dei Papaveri) per lo Studio Ghibli. Mandato in onda la prima volta sulla rete televisiva NHK General TV, questo è il secondo progetto dello studio (dopo Si sente il mare) a uscire inizialmente solo per la televisione ed è anche il primo film dello studio a utilizzare la C.G.I. rivoluzionando l’inconfondibile stile che ha sempre contraddistinto lo studio d’animazione giapponese fondato da Hayao Miyazaki e Isao Takahata.


Trama Earwig e la strega (2020)
Erica (Earwig) è una bambina che vive da sempre la sua bella vita nell’orfanotrofio di St. Morwald. Il suo mondo di privilegi e scampagnate in beffa alla direttrice cambiano il giorno in cui viene adottata da una misteriosa coppia al quanto sopra le righe. Arrivati a casa della coppia misteriosa la donna di nome Bella Yaga, che si scopre essere una terribile strega, costringe Erica ad aiutarla a preparare pozioni e fare i servizi principali in questa casa stregata. Con l’aiuto di un gatto parlante di nome Thomas, Erica deve usare la sua intelligenza per sopravvivere in questo strambo ambiente.

Recensione Earwig e la strega (2020)
Lo Studio Ghibli vanta uno stile unico ed inimitabile al mondo, uno stile che è subito riconoscibile anche alla sola prima immagine che viene proiettata in qualsiasi loro film; uno stile che è l’invidia della stragrande maggioranza dell’industria dell’animazione giapponese e non. Perché con quelle animazioni e disegni così dettagliati e morbidi nei movimenti ogni film dello studio, bene o male, è sempre pregno di emozioni e magia. Che si parli dei primi film come “Laputa – Castello nel cielo” e “Il mio vicino Totoro” o che si parli dei grandi successi a livello mondiale come “La città incantata” o “La storia della Principessa Splendente”, la filmografia dello studio d’animazione fondato da Hayao Miyazaki e Isao Takahata si è sempre contraddistinta per il suo stile di disegno e d’animazione inconfondibile, unito a una grande forza di riuscire a raccontare in modo unico l’emozioni di una persona.
Sarà per questa forte rivoluzione a livello grafico, sarà che la storia su cui si basa questo film non è decisamente una delle più riuscite della famosa scrittrice che ha firmato opere come “Il castello errante di Howl” (di cui poi lo stesso Miyazaki realizzò il famoso adattamento animato), ma questo ultimo film che porta la firma dello Studio Ghibli insieme alla NHK e NEP Enterprise diretta dal figlio d’arte Goro Miyazaki è stato un totale fallimento su tutti i fronti.

Una storia che non lascia niente
E non poteva essere altrimenti visto anche il materiale su cui è basata questa storiella. Earwig e la strega è un romanzo breve che si rivolge principalmente ad un pubblico di bambini e raccoglie solamente un centinaio di pagine. Insomma, una storia senza troppe pretese verrebe sicuramente da dire.
Earwig viene abbandonata dalla madre alle porte di un orfanotrofio e da quel giorno in poi crescerà li con il nome di Erica Wing. Crescendo Erica diventa una ragazzina molto vivace che con il suo grande temperamento riesce sempre a convincere tutti a fare quello che vuole ed è fortemente contraria a lasciare la vita da privilegiata che si è creata (infatti non vuole essere adottata). Un giorno però la sua vita verrà stravolta da una coppia poco convenzionale che deciderà di adottare la ragazzina e di portarla a casa con loro. Arrivati all’abitazione della strana coppia veniamo a sapere che Bella Yaga in realtà è una strega e Mandragora è una specie di demone dal pessimo carattere. Così Erica rimane “prigioniera” in questa casa stregata, costretta ad aiutare Bella Yaga con le sue pozioni (senza imparare niente) e a dover badare anche alle faccende domestiche. Stanca dei continui rifiuti di insegnamento delle arti magiche da parte della strega di casa, Erica deciderà di impararle da sola con l’aiuto di un gatto parlante di nome Thomas.

Una storia confusa, banale e ripetitiva con dei personaggi senza spessore o caratterizzazione che diventano delle semplici macchiette narrative. Una storia senza alucna morale o scopo dove nemmeno la protagonista Erica ha uno sviluppo evolutivo durante tutte le vicende del film; delle backstories sole accennate e molto confuse con un finale che aggiunge solo altri punti interrogativi su una vicenda che sembra non averne mai abbastanza. Insomma, se l’obbiettivo era creare una specie di “Kiki – Consegne a domicilio” per le nuove generazioni il risultato non può essere solo che una grande delusione.
Un Goro non all’altezza?
Lo sappiamo bene tutti, Goro Miyazaki non è e non sarà mai come il padre, ed è giusto che sia così. L’immaginazione, la magia, la spensieratezza, la creatività e l’arte di Hayao Miyazaki sono delle qualità più uniche che rare e infatti, Goro ha sempre espresso sin da giovane la sua volontà di non seguire le orme del padre, ma per varie ragioni il figlio d’arte si è ritrovato a dover compiere il percorso che lui stesso aveva sempre negato.
Abbiamo qualche esempio dell’arte di Goro infatti, il suo primo lavoro per lo studio “I racconti di Terramare” partiva con delle premesse davvero buone e aveva tutte le carte in regola per diventare uno dei migliori film mai realizzati dallo studio, peccato che però queste buonissime premesse non verrano assolutamente soddisfatte da un ritmo narrativo eccessivamente pesante. Eppure con “La collina dei Papaveri“, anche se il film ha avuto grandi complicazioni in fase di produzione, Goro era riuscito a realizzare un film gradevole che riusciva a trasmettere delle sensazioni ed emozioni “tipiche” dello Studio Ghibli, che sia stato possibile solo grazie all’intervento in fase di scrittura del padre? A giudicare da questo ultimo lavoro sembrerebbe proprio di si.
Una pessima rivoluzione
Un altro aspetto sicuramente molto negativo del film è la pessima tecnica visiva con cui è stato realizzato. Come spiegato anche precedentemente, lo Studio Ghibli vanta uno stile visivo unico al mondo, quasi un marchio di fabbrica verrebbe da dire. Uno stile che ha appassionato e fatto sognare milioni di persone in tutto il mondo sin dalla proiezione del primo film. È vero che i tempi cambiano ed è anche giusto provare a sperimentare con la tecnologia, se di questi tempi tutta l’industria di animazione giapponese sta puntando molto insistentemente su questo tipo di tecnica visiva con l’utilizzo della C.G.I. (vedi film come Dragon Ball Super: Super Hero o Doraemon – il film) è giusto provarci. Ma se i risultati sono così scadenti forse è meglio tornare al classico stile che ha incantato il mondo.

In conclusione
Earwig e la strega (2020) purtroppo segna il primo vero flop dello Studio Ghibli sotto tutti i punti di vista. Un film senza anima, senza una morale, senza magia quasi senza un vero e proprio scopo, con una storiella scadente e banale contornata da una spiacevolissima tecnica visva che non regala emozioni. Goro, purtroppo, continua a confermarsi come un marchio di dubbia qualità, che senza l’aiuto del padre non è in grado di sfornare un film apprezzabile.
Note positive
- Thomas è l’unico personaggio che riesce a rispecchiare un minimo la filosofia dello Studio Ghibli
Note negative
- Storia troppo banale e semplice
- Personaggi vuoti e senza una vera caratterizzazione
- C.G.I. non all’altezza che non riesce a regalare nessuna emozione