Father Mother Sister Brother (2025) Jarmusch ritorna al cinema d’autore puro. Vincitore del Leone d’Oro a Venezia 2025

Recensione, trama, cast del film Father Mother Sister Brother (2025) di Jim Jarmusch, vincitore del Leone d’Oro alla 82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

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FATHER MOTHER SISTER BROTHER - Vicky Krieps, Cate Blanchett and Charlotte Rampling (Credits Yorick Le Saux Vague Notion) - Biennale Cinema 2025
FATHER MOTHER SISTER BROTHER – Vicky Krieps, Cate Blanchett and Charlotte Rampling (Credits Yorick Le Saux Vague Notion) – Biennale Cinema 2025

Trailer di “Father Mother Sister Brother”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Father Mother Sister Brother, vincitore del Leone d’Oro alla 82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, rappresenta l’ennesimo significativo traguardo nella carriera di Jim Jarmusch, confermando il suo status di autore di riferimento nel cinema indipendente americano. Il riconoscimento arriva dopo oltre cinque anni dall’ultimo film del regista, I morti non muoiono.

Il film rappresenta un ritorno alle origini per Jarmusch, che dopo quattro decenni di carriera ha scelto di realizzare un’opera minimalista che ricorda i suoi primi lavori come Stranger Than Paradise e Paterson, concentrandosi più sui dialoghi e sull’atmosfera che sull’innovazione visiva.

La produzione coinvolge case di produzione internazionali come badjetlag, CG Cinema e Hail Mary Pictures, evidenziando la natura coproduttiva del progetto tra Stati Uniti d’America, Irlanda e Francia. Al momento non sono ancora state annunciate le date di distribuzione italiana o internazionale del film.

Trama di “Father Mother Sister Brother”

Il film si articola in tre episodi distinti, ognuno dei quali esplora le dinamiche familiari attraverso incontri apparentemente semplici che si trasformano in confronti più profondi con tensioni irrisolte. La prima storia segue una coppia di fratelli che visitano il loro padre in difficoltà economiche nel New Jersey rurale, sperando di fargli compagnia. Quello che inizia come una visita di cortesia si trasforma gradualmente in un’occasione per affrontare questioni familiari mai risolte e per confrontarsi con il peso della solitudine e delle aspettative deluse.

Il secondo episodio ruota attorno a un tea party annuale tra una madre pignola di Dublino e le sue due figlie: una intellettuale socialmente impacciata e l’altra una ribelle dallo spirito libero. Durante questo rituale familiare apparentemente civile, emergono le rivalità fraterne e le incomprensioni generazionali che caratterizzano i loro rapporti. La terza storia segue dei fratelli mentre visitano l’appartamento parigino dei loro genitori deceduti, liberandolo dagli oggetti e dai ricordi che sono inestricabilmente legati a quel luogo.

Ogni episodio è costruito attorno a conversazioni che si svolgono in spazi intimi – automobili, tavoli da pranzo, divani – dove i personaggi si trovano a condividere momenti con persone che conoscono meglio di chiunque altro, ma con le quali faticano a connettersi su un livello più profondo. Il film esplora temi come la solitudine, i conflitti coniugali, la rivalità tra fratelli e il lutto, attraverso dialoghi punteggiati da silenzi imbarazzanti e tentativi di umorismo fuori luogo che rivelano le complessità nascoste dei legami familiari.

Recensione di “Father Mother Sister Brother”

Un film di Jim Jarmusch non è mai di semplice interpretazione, soprattutto quando l’autore è in piena vena artistica autoriale. Father Mother Sister Brother risulta, almeno a primo impatto, un’opera apparentemente senza senso che alcuni critici hanno persino definito inutile. In realtà, occorre assumersi l’impegno di immergersi nel mondo più complesso del regista statunitense, ricollegandosi possibilmente ai suoi esordi creativi.

Father Mother Sister Brother è una sorta di anti-film d’azione, il cui stile discreto e pacato è attentamente costruito per consentire l’accumularsi di piccoli dettagli, quasi come fiori disposti con cura in tre delicate composizioni. (Jim Jarmusch)

Jarmusch non ha mai realizzato film di facile lettura, le sue narrazioni sono sempre fuori dagli schemi e non possono certo essere considerate mainstream. In questo caso, come in altre sue opere precedenti, il regista punta principalmente su un lavoro di stile, di immagini che prevalgono sui dialoghi. L’autore decide di offrire tre alternative narrative, non necessariamente contrastanti, per raccontare i rapporti familiari, spesso incentrati su verità taciute e conflittualità malcelate.

Il trittico narrativo e la potenza delle interpretazioni

Nel primo episodio ci immergiamo in una falsa normalità, quella di un padre manipolatore e di due figli in evidente competizione. Servono davvero poche parole: i silenzi e soprattutto le inquadrature riescono a trasmettere appieno quel disagio che diventa palese soprattutto nel finale della sequenza. Tom Waits, che interpreta il genitore falsamente bonario, regala a Jarmusch un’interpretazione perfettamente allineata alla visione registica. Gli si affiancano egregiamente Adam Driver, le cui qualità sono ormai universalmente riconosciute, e Mayim Bialik, che molti ricorderanno come Amy Farrah Fowler nella serie tv The Big Bang Theory, la quale sfoggia una mimica contenuta ma efficacissima.

Nel secondo episodio prevale l’eleganza e la maestria di una felicemente ritrovata Charlotte Rampling, algida madre di due figlie che rappresentano l’una l’opposto dell’altra. La Tim di Cate Blanchett, perdente e insoddisfatta, maschera il proprio sentirsi inadeguata rispetto a Lilith, interpretata da Vicky Krieps, giovane apparentemente realizzata e libera. Tre formidabili caratterizzazioni contraddistinte da poche battute e molte espressioni eloquenti.

Il terzo segmento è ambientato a Parigi, dove un fratello e una sorella devono confrontarsi con i ricordi dei genitori, amplificati da un appartamento destinato all’abbandono. Indya Moore e Luka Sabbat, per quanto fotogenici, non riescono a reggere il confronto con le situazioni precedenti, rendendo l’ultima parte del lavoro jarmuschiano più debole e meno incisiva.

Una costruzione tecnica di altissimo livello

In questa struttura precisa e calibrata non si possono trascurare gli aspetti che il regista ben conosce e valorizza, proprio perché il suo lavoro è fatto principalmente d’immagine. Il risultato autoriale è stato reso possibile grazie alla fotografia di Frederick Elmes e Yorick Le Saux, che hanno saputo trasformare in autentici quadri le inquadrature jarmuschiane.

Lo stesso discorso vale per il montaggio e la scenografia, due aspetti tecnici distinti ma essenziali alla riuscita dell’opera. I passaggi nel primo episodio da una posizione all’altra – si prendano ad esempio le scene del dondolo – rendono perfettamente comprensibile l’abilità di Affonso Gonçalves, così come le inquadrature della tavola imbandita del secondo episodio danno merito al team della scenografia.

Le collaborazioni con i magistrali direttori della fotografia Frederick Elmes e di Yorick Le Saux, il brillante montatore Affonso Gonçalves e altri collaboratori di lunga data elevano a una forma di cinema puro ciò che è iniziato come parole su carta. (Jim Jarmusch)

La cifra stilistica di un maestro del cinema d’autore

Oltre agli aspetti tecnici, non si può fare a meno di sottolineare alcune scelte registiche che dimostrano come Father Mother Sister Brother sia un lavoro prettamente cerebrale. Nella sua ossessione per la messa in scena, Jarmusch non può evitare di inserire delle ridondanze significative.

La presenza in tutte e tre le storie di skaters, i brindisi ricorrenti, i riferimenti all’orologio – Rolex, nella maniacale necessità della precisione – o ancora il richiamo a quel rosso scuro che tutti indossano, ad eccezione del fratello dell’ultimo quadro, quasi a sottolinearne una peculiarità rispetto agli altri personaggi. Il tutto mantenendo una transmedialità palpabile – eccetto in parte nell’ultimo episodio – che non diventa però prigione espressiva.

Questo è il lavoro che Jarmusch ha saputo calibrare con pazienza e ossessione quasi chirurgica. Il suo desiderio di tornare alle origini rappresentava un rischio, tale è rimasto soprattutto considerando un pubblico meno paziente e più intransigente. Un rischio che l’autore statunitense si è assunto pienamente e che, consapevolmente, è stato premiato dalla giuria di Venezia 2025.

Una giuria che ha preferito rendere omaggio con il premio maggiore a un puro lavoro cinematografico piuttosto che a opere decisamente più emotive e immediate ma destinate a non rimanere negli annali della storia del cinema se non per le vicende narrate.

In conclusione

Father Mother Sister Brother non è affatto un film di semplice fruizione, i suoi lunghi silenzi possono mettere in imbarazzo se non si entra nel meccanismo, creato appositamente, dell’osservazione pura. I contenuti, che emergono dopo una lunga riflessione sulla pellicola, risultano interessanti e ben rappresentati, al netto delle caratterizzazioni simboliche che Jarmusch predilige.

Se non siete pronti a un’esperienza visiva diversa dal mainstream, meglio orientarsi altrove. Altrimenti potreste rimanerne genuinamente affascinati.

Note positive

  • Film innegabilmente d’autore
  • Interpretazioni ben equilibrate

Note negative

  • Non immediato
  • Lento (inevitabilmente) e non adatto al pubblico mainstream

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Review Overview
Regia
Fotografia
Sceneggiatura
Musiche
Interpretazione
Emozioni
SUMMARY
2.8
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Renato Soriano
Renato Soriano

Mi occupo di spettacolo ed eventi culturali dal lontano 1991. Nasco come attore per diventare poi regista e autore teatrale. I miei studi mi hanno portato a specializzarmi verso la rappresentazione omonormativa nel cinema, italiano e non. Inoltre, sono ideatore del progetto TeatRealtà, legato alla consapevolezza delle nuove tecnologie usando il teatro come realtà.