I due papi: Ratzinger e Bergoglio secondo Netflix

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I due papi: Scheda Film

Anno: 2019

Paese: Stati Uniti d’America, Regno Unito, Italia, Argentina

Lingua: inglese, spagnolo, italiano

Genere: drammatico, biografico, commedia

Cast tecnico

Regia: Fernando Meirelles

Sceneggiatura: Anthony McCarten

Montaggio: Fernando Stutz

Dop: César Charlone

Musica: Bryce Dessner

Prodotto da: Dan Lin, Jonathan Eirich, Tracey Seaward, Mark Bauch

Distribuzione: Netflix, Cineteca di Bologna

Durata: 125 min

Cast artistico

Anthony Hopkins, Jonathan Pryce, Juan Minujín, Luis Gnecco, Cristina Banegas, María Ucedo, Renato Scarpa, Sidney Cole, Achille Brugnini, Federico Torre, Germán de Silva, Lisandro Fiks, Libero De Rienzo

Recensione Film

I due papi: Recensione

Con il film I due papi – come già con The Crown sul fronte seriale – Netflix si prende ancora una volta il rischio di rappresentare delle personalità della storia contemporanea tutt’ora viventi (in questo caso, Papa Benedetto XVI e Papa Francesco), unendo la finzione narrativa alla cronaca.

Il film, diretto da Fernando Meirelles, è candidato ai Golden Globes nelle categorie Miglior film drammatico, Migliore attore protagonista in un film drammatico (Jonathan Pryce), Migliore attore non protagonista in un film drammatico (Anthony Hopkins) e Migliore sceneggiatura (Anthony McCarten).

Trama

Roma, 2005. Dopo la morte di Giovanni Paolo II, il conclave si riunisce per eleggere il nuovo Papa. Tra i cardinali presenti ci sono il tedesco Joseph Ratzinger (Anthony Hopkins) e l’argentino Jorge Mario Bergoglio (Jonathan Pryce). Il primo, un difensore del dogma, è considerato il successore naturale di Papa Wojtyla; il secondo, un riformatore che intende riavvicinare la Chiesa ai fedeli. Alla fine, la fumata bianca è per Ratzinger, che sale sul soglio pontificio con il nome di Benedetto XVI.

2012. Il Vaticano viene travolto dagli scandali finanziari e degli abusi sessuali sui minori. Da Buenos Aires, Bergoglio si appresta a portare a Roma le sue dimissioni dalla carica di cardinale per continuare a professare come un umile parroco. Benedetto XVI lo riceve nella residenza estiva, a Castel Gandolfo, per dissuaderlo. I due iniziano un dialogo che li porterà a cercare un compromesso tra le loro visioni inconciliabili della Chiesa e a confessare le colpe del passato, fino ad arrivare all’elezione di Bergoglio nel 2013 come Papa Francesco dopo la rinuncia di Benedetto XVI al pontificato.

Analisi filmica

Lo sceneggiatore Anthony McCarten (La teoria del tutto, L’ora più buia, Bohemian Rhapsody) adatta per il grande schermo la sua pièce teatrale The Pope del 2017, mantenendo l’impianto teatrale dei dialoghi e inserendo l’elemento del flashback. Alla regia, Fernando Meirelles unisce la tecnica del mockumentary alle immagini di repertorio.

Ratzinger: Sei molto popolare

Bergoglio: Cerco solo di essere me stesso

Ratzinger: Quando provo a essere me stesso non piaccio molto alla gente.

Cit. I due papi

I due papi immagina i pensieri che Benedetto XVI e Bergoglio potrebbero essersi scambiati durante i loro incontri a Roma. Ecco che, tra una discussione e l’altra sui temi caldi della Chiesa, ci viene raccontato che Benedetto XVI ha inciso un disco ad Abbey Road, che beve Fanta e che si rilassa a vedere Il Commissario Rex in televisione, mentre Bergoglio è un tifoso sfegatato di calcio, fischia Dancing Queen nei bagni di San Pietro ed è capace di ordinare una diavola in pizzeria.

Oltre a questi dettagli irriverenti, nel corso del film conosciamo i due personaggi in modo più approfondito, ma in maniera diversa. Mentre nei dialoghi sulla Chiesa i due punti di vista sono presentati senza privilegiarne uno rispetto all’altro, in seguito è Bergoglio il protagonista del racconto, il personaggio in cui lo spettatore si immedesima maggiormente.

Il racconto di Bergoglio a Benedetto XVI del suo passato avviene attraverso due flashback: il primo, in cui il cardinale argentino ricorda il momento della chiamata del Signore; il secondo, sul suo coinvolgimento ambiguo nel regime militare di Vidal negli anni Settanta. Il regista Fernando Meirelles distingue i piani temporali adottando formati di pellicola diversi e ricorrendo al bianco e nero nel primo flashback. Questo è monocromatico fino al momento in cui Bergoglio riceve la chiamata, poi diventa a colori; quasi come se Meirelles volesse dirci che, prima dell’entrata in seminario, Bergoglio considerasse la sua vita priva di colori (nonostante egli stesse per sposarsi con la sua fidanzata storica, Amalia). Con il secondo lungo flashback sulla dittatura in Argentina, l’attenzione dello spettatore è sempre più incentrata su Bergoglio, e il racconto inizia a farsi sbilanciato.

C’è un detto: Dio corregge un Papa dando al mondo un altro Papa. Voglio ammirare la sua opera.

Cit. Benedetto XVI (I due papi)

All’interesse per il passato di Bergoglio non corrisponde un background altrettanto accurato per Ratzinger. Che egli fosse stato un nazista, per esempio, lo sappiamo indirettamente dai fedeli che si lamentano della sua elezione. Lo spettatore si affida praticamente solo a quello che il personaggio dice di se stesso al presente, alla sue manifestazioni di sconforto per non sentire più la voce di Dio, o per non poter fare più il bene della Chiesa. Non è molto se paragonato a quanto rivelato dall’altro protagonista. Addirittura, in una scena del film dentro la Cappella Sistina, non riusciamo a distinguere le parole che Ratzinger confessa a Bergoglio. Sembra quindi che I due papi voglia mantenere quell’alone di mistero che, anche nella realtà, avvolge la figura di Benedetto XVI, rispetto al più cristallino Papa Francesco.

Alla fine, sebbene possiamo dire di conoscere meglio Bergoglio, proviamo una simpatia genuina per entrambi i personaggi. Merito anche dell’umorismo sottile dei due attori protagonisti, i gallesi Jonathan Pryce e Anthony Hopkins. Il primo ha rivelato che, nel 2013, molte testate giornalistiche online utilizzarono la sua foto per riportare la notizia dell’elezione di Papa Francesco. Entrambi gli attori sfruttano la loro somiglianza con i personaggi reali, replicandone il modo di camminare e di parlare senza però essere caricaturali. Jonathan Pryce, in particolare, nel film recita in spagnolo, italiano e latino, oltre che in inglese.

Non possiamo sapere con certezza quanto ci sia di vero in ciò che viene raccontato da I due papi, ma è bello poter credere alla versione proposta da McCarten e Meirelles. Come nei titoli di coda del film, in cui Francesco e Benedetto XVI guardano la finale tra la Germania e l’Argentina dei Mondiali di calcio del 2014 (vinta dai tedeschi, con dispiacere di Papa Francesco), e la fantasia vola sulle note di Besame Mucho.

Note positive

  • La leggerezza, nel senso più positivo del termine, con cui vengono affrontati temi importanti
  • La caratterizzazione dei personaggi tra cronaca e invenzione
  • La somiglianza degli attori ai personaggi reali

Note negative

  • Il flashback sul passato di Bergoglio può risultare troppo dispersivo
  • La diversità delle tecniche di regia impiegate può disorientare l’attenzione dello spettatore
  • Mancanza di background per Ratzinger

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