I contenuti dell'articolo:
Il legionario
Titolo originale: Il legionario
Anno: 2021
Genere: Drammatico
Produzione: Clemart, Mact Productions, Rai Cinema
Distribuzione: Fandango
Durata: 82 min
Regia: Hleb Papou
Sceneggiatura: Giuseppe Brigante, Emanuele Mochi, Hleb Papou
Fotografia: Luca Nervegna
Montaggio: Fabrizio Paterniti Martello, Fabrizio Franzini
Musiche: Andrea Boccadoro
Attori: Germano Gentile, Maurizio Bousso, Ilir Jacellari, Giancarlo Porcacchia, Marco Falaguasta, Simona Senzacqua, Hedy Krissane
Nel 2016, un giovane studente di regia del centro sperimentale di Roma, Hleb Papou, nato in Bielorussia e naturalizzato italiano da ben undici anni, realizza il suo cortometraggio d’esame Il Legionario, corto che ottene una discreta fortuna all’interno dei festival, venendo selezionato alla Settimana Internazionale della Critica al Festival di Venezia 2017 e nella sezione Future Frames (10 nuovi registi da seguire) del Karlovy Vary Film Festival 2018. Da questo cortometraggio e dal suo successo H. Papou trae l’ispirazione per approfondire tale storia trasformandola in un lungometraggio dall’omonimo titolo. Il legionario (2021) così venne presentato al Festival di Locarno nella sezione “Cineasti del Presente”, ottenendo il premio per il miglior regista emergente della Città e Regione di Locarno
Trama de Il legionario
Daniel ha trascorso tutta la sua infanzia e adolescenza all’interno di un palazzo occupato nel cuore di Roma, nei pressi del quartiere di San Giovani. Lui, nato a Roma da genitori africani, ha deciso, tempo fa, di abbandonare le sue radici e di allontanarsi dalla sua stessa famiglia che, inversamente, ha deciso di rimanere a vivere all’interno della palazzina. L’uomo ben presto si è fatto una propria vita, ora ha una compagna da cui aspetta un bambino e un lavoro rispettabile all’interno del Reperto Mobile di Roma, dove nutre un buon rapporto con i suoi colleghi, che lo hanno soprannominato con il nomignolo di “Ciobar”, a causa del suo colore della pelle e per l’essere l’unico africano presente nel corpo di Polizia. Tutta la sua vita e tutte le sue certezze però inizieranno a scricchiolare quando viene incaricato di andare a sgomberare un palazzo in cui vivono 150 famiglie, inclusa la sua (madre e fratello). Ora Daniel si deve guardare all’interno e comprendere a chi portare rispetto: se alla polizia o alla famiglia.
Recensione de Il legionario
L’idea de Il legionario nasce da un’esigenza molto forte: raccontare l’Italia multiculturale di oggi e la generazione dei nuovi italiani, figli d’immigrati ma nati e cresciuti in questo Paese.
H. Papou
Un ritratto duro e onesto della situazione romana e d’Italia. Un lungometraggio che mostra la condizione sociale economica del nostro paese dove uomini, donne e bambini di qualsiasi etnia e nazionalità non sono più in grado di vivere come lo stato vorrebbe. Individui che hanno perso tutto, che non hanno più un posto da chiamare Casa dove far crescere i propri figli e tenere al sicuro le proprie famiglie. Uomini e donne che per non sprofondare dell’abisso devono lottare con i denti e che sono costretti a occupare luoghi disabitati e in rovina per trasformarli nella loro abitazione, un luogo da poter chiamare nuovamente casa e respirare un briciolo di felicità. Una vita e una tranquillità in bilico all’interno di un edificio occupato ove il terribile Reparto Mobile può sempre giungere e sgomberare il luogo dai “parassiti” che vivono al suo interno che dopo sono costretti a vivere per strada, al freddo e al pericolo. Il legionario è uno spaccato multiculturale di vite che lo stato ha dimenticato e di cui sembra non volersene occupare. Un film che pone il problema universale dei beni di prima di necessità e se si giusto o meno che lo Stato non si impegni di donare a tutti un tetto sopra la testa e il necessario per poter sopravvivere con dignità.
L’opera prima di Hleb Papou ha in sé del chiaro e dell’oscuro, poiché se da un lato vi sono evidente pregi estetici e narrativi con una regia magistrale che fa ben sperare per il futuro cinematografico del cineasta bielorusso, dall’altro abbiamo una sceneggiatura che si dimostra eccessivamente monotematica incentrandosi su un costrutto drammaturgico fin troppo semplice e che ripropone un rapporto fin troppo abusato nel mondo del cinema come la dicotomia tra due fratelli, in cui si ritrovano dal lato opposto della legge. Daniel è un poliziotto del I Reparto mobile di Roma mentre Patrick è un occupante che lotta per il diritto di avere un tetto sopra la testa. Da questo breve sunto è facile immaginarsi l’intero lungometraggio dove i due fratelli di sangue, nati e vissuti da sempre a Roma, non possono che scontarsi poiché dove vince uno l’altro perde. Daniel è costretto a causa del suo lavoro a far sgomberare quell’edificio, dove lui stesso ha vissuto, ma allo stesso tempo vuole e intende proteggere la propria madre, avendo paura che questa possa farsi male o a che perda tutto ciò che possiede. Il legionario dunque non mostra solo uno spaccato di vita del XXI secolo ma ci trascina anche in una storia a tinte familiari.
Lo spettatore però all’interno del racconto empatizzerà esclusivamente con uno dei fratelli, ovvero Daniel, di cui sappiamo i dubbi interiori e i suoi problemi. Daniel è colui che ha rinnegato le sue radici scegliendo d’indossare nel mondo normale una maschera davanti ai suoi colleghi di lavoro per paura della loro reazione. Il giovane poliziotto finge davanti agli altri di non avere una famiglia, la ripudia e preferisce dire che ha un amante piuttosto che ammettere di essere in compagnia del fratello, ma proprio questa falsità esteriore gli procura all’interno un buco che aumenterà a dismisura durante l’arco del film, tanto che alla fine lui stesso non sa più chi sia e la stessa madre gli rinfaccia di aver ripudiato la cosa più importante di tutte la famiglia. Daniel alla fine però dovrà scontarsi con i suoi mostri e comprendere cosa conta per lui se l’onore del lavoro o la famiglia e l’onesta interiore.
In conclusione Il legionario è una discreta pellicola che possiede un tema interessante anche se è trattato in maniera troppo superficiale a causa di un impianto drammaturgico fin troppo banale che toglie a lungo andare forza alla pellicola.
Note positive
- Regia
Note negative
- Film monotematico