Il maestro che promise il mare (2023). La Spagna pre-rivoluzionaria in un film dove prevale la narrazione emotiva ma non empatica

Recensione, trama, cast del film Il maestro che promise il mare (2023) di Patricia Font. Il film spagnolo uscirà nelle sale il 19 settembre 2024.

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Trailer di Il maestro che promise il mare

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Il maestro che promise il mare è ispirato all’esperienza del maestro Antoni Benaiges in un villaggio di Burgos. La sceneggiatura è tratta dal romanzo El maestro que prometió el mar di Francesc Escribano.

Il film, diretto da Patricia Font, ha ottenuto cinque candidature ai premi Goya. Il maestro che promise il mare è distribuito in Italia da Officine UBU e, dopo diverse anteprime in rassegne estive, esce nelle sale dal 19 settembre 2024.

Trama di Il maestro che promise il mare

Siamo nel 1935, in una Spagna in fermento prerivoluzionario. Antoni Benaiges, è un giovane e appassionato maestro che accetta l’incarico di insegnare in un piccolo e remoto villaggio della provincia di Burgos. Qui, instaura un profondo legame con i suoi studenti, bambini dai sei ai dodici anni, ai quali promette di portarli a vedere il mare che nessuno di loro ha ancora mai visto.

Il maestro adotta metodi didattici innovativi, ispirati alle idee del pedagogista francese Freinet, che non vengono ben accolte da alcuni genitori, oltre che dalla curia e, soprattutto, dal nascente regime franchista, che vede in Benaiges una minaccia per i suoi valori conservatori. Rischio che va a sommarsi all’attivismo di Benaiges, autore di articoli di chiara ispirazione di sinistra.

Settantacinque anni dopo, la nipote di uno di quegli studenti ripercorre quel passato, ricostruendo attraverso i ricordi dei testimoni dell’epoca la straordinaria vicenda del maestro. Una azione nata dalla volontà di conoscere meglio il suo avo, oltre che cercare di superare i propri traumi.

Il maestro che promise il mare - Una scena del film spagnolo
Il maestro che promise il mare – Una scena del film spagnolo (immagine fornita da Officine UBU)

Recensione di Il maestro che promise il mare

Il maestro che promise il mare ha come obiettivo principale puntare il riflettore sulla storia di una delle molte vittime dei regimi oltranzisti del secolo scorso. Nello specifico, siamo nella Spagna pre-franchista, una dittatura fascista che ha mantenuto il potere fino al non lontano 1975 – trentasei anni di governo ininterrotto.

Il protagonista della pellicola è Antoni Benaiges, un insegnante seguace del pedagogo francese Célestin Freinet, secondo cui il bambino deve avere uno sviluppo naturale per cui la scoperta deve avvenire attraverso la libera espressione, lo scambio e il confronto di idee. La regista Patricia Font si focalizza molto su questo aspetto e sulle controversie che si svilupparono in merito a questa linea didattica.

Il maestro che promise il mare
Il maestro che promise il mare

Una sceneggiatura troppo da romanzo e meno da film

Font decide di utilizzare uno di quegli studenti, divenuto anziano, per portare alla luce anche la morte del giovane insegnante. La regista non viene aiutata dalla sceneggiatura di Albert Val il quale privilegia la fedeltà al romanzo di Francesc Escribano, da cui è tratto il lavoro, piuttosto che dare un senso a tutto ciò che viene elaborato. Infatti, sul grande schermo non si può fare a meno di essere invasi dal malessere della protagonista Ariadna, nipote di quel Carlos ex studente di Benaiges, senza che però questa venga indagata.

Il racconto che viene proposto continua a oscillare fra il passato del maestro e il presente della donna, ma in nessuno dei due casi si approfondiscono sentimenti e motivazioni. Font decide di dare degli spunti sull’insegnante, identificandolo come avversario di quell’orientamento politico che si sarebbe instaurato da lì a breve, e ciò solo per delinearne il personaggio.

Allo stesso tempo, usa una famiglia di ben quattro generazioni senza significarla e ritrovandoci con un anziano fra demenza e problemi di salute, una figlia anonima, una nipote – Ariadna – presa da un male che non si conoscerà mai e una bisnipote che serve da collante rispetto alla visione fanciullesca. Ciò va contro quelle che erano le intenzioni della regista:

… ciò che accade nel passato si ripercuote sul nostro presente sotto forma di ferita transgenerazionale … Trovo interessante la tesi secondo cui siamo capaci di ereditare le ferite dei nostri antenati. Nel film, gli eventi accaduti nel passato hanno conseguenze sui personaggi del presente e sul rapporto tra loro. (Patricia Font)

Il maestro che promise il mare - La protagonista Laia Costa
Il maestro che promise il mare – La protagonista Laia Costa (immagine fornita da Officine UBU)

Un continuo cambio temporale non funzionale

Font non riesce a destreggiarsi in questi continui cambi di tempo ma, soprattutto, non riesce a dare un filo conduttore emotivo se non basico. La sua regia molto didattica sicuramente non aiuta, ai limiti del televisivo. Neanche i suoi collaboratori riescono ad imprimere una sferzata interessante: dalla musica di Arizu del Valle ai costumi di Armengol alle scene di Rosell, tutto rimane in una confort zone che, di fatto, limita l’impatto emozionale.

Anche la fotografia di David Valldepérez e il montaggio di Dani Arregui finiscono per essere fagocitati da una sceneggiatura e una messa in scena decisamente limitanti. E Font non riesce ad uscire da quella volontà di rendere nota la storia, prevaricando tutto ciò che potrebbe crearne una memoria efficace.

Enric Auquer, il protagonista che interpreta Benaiges, cerca in tutti i modi di arricchire il suo personaggio con il turbinio di emozioni che lo stesso vive, ma la costruzione a salti temporali in cui è strutturata la narrazione non aiuta lo spettatore a empatizzare. Gli altri personaggi risultano abbastanza stereotipati: dalla nipote Ariadna, interpretata da Laia Costa, alla governante, impersonata da Luisa Gavasa, fino ad arrivare al sacerdote Padre Primitivo, ricoperto da Milo Taboada.

Il maestro che promise il mare - Antonio Mora e Milo Taboada in un frame
Il maestro che promise il mare – Antonio Mora e Milo Taboada in un frame (immagine fornita da Officine UBU)

In conclusione

Inconsapevolmente, Patricia Font si ritrova invischiata in un lavoro transmediale senza però che se ne sia resa conto tanto che non ne sfrutta le potenzialità estremamente teatrali, a favore invece di una produzione più televisiva.

Anche se dal punto di vista tecnico il film poteva essere realizzato meglio, non si può non apprezzare la volontà di riportare una storia come quella del maestro Benaiges alla memoria. Una memoria perduta che è quella a cui Font si ricollega, facendola impersonare al nonno di Ariadna.

Questa storia ruota attorno alla memoria, alla sua perdita e all’importanza di mantenerla. (Patricia Font)

Le vicende del passato servono sempre a una buona comprensione del presente e alla razionalizzazione di ciò che può prospettarci il futuro, a prescindere dall’orientamento politico.

Note positive

  • Memoria storica
  • Trasposizione narrativa curata

Note negative

  • Filmico basico
  • Personaggi al limite della macchietta

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Renato Soriano
Renato Soriano

Mi occupo di spettacolo ed eventi culturali dal lontano 1991. Nasco come attore per diventare poi regista e autore teatrale. I miei studi mi hanno portato a specializzarmi verso la rappresentazione omonormativa nel cinema, italiano e non. Inoltre, sono ideatore del progetto TeatRealtà, legato alla consapevolezza delle nuove tecnologie usando il teatro come realtà.