Il truffatore di Tinder (2022): storia di uno swipe che rovina la vita

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il truffatore di tinder locandina

Il truffatore di Tinder

Titolo originale: Tinder Swindler

Anno: 2022

Paese: Regno Unitohttps://www.locchiodelcineasta.com/tag/regno-unito/

Genere: Documentario

Produzione: RAW, AGC Studios, Gaspin Media

Distribuzione: Netflix

Durata: 114 min.

Regia: Felicity Morris

Sceneggiatura: Felicity Morris

Fotografia: Edgar Dubrovskiy

Montaggio: Julian Hart

Musiche: Jessica Jones

Il truffatore di Tinder, trailer ufficiale

Disponibile su Netflix dal 2 febbraio, Il truffatore di Tinder racconta in una via di mezzo tra il documentario e il giallo la truffa economica realmente perpetrata dall’israeliano Shimon Hayut dal 2015 al 2019 ai danni di decine di donne conosciute sulla famosa app d’incontri Tinder.

Trama de Il truffatore di Tinder

Spacciandosi per il “re dei diamanti” figlio del tykoon della LLD Diamonds, Simon Leviev convince le ragazze conosciute su Tinder a prestargli ingenti quantità di denaro dopo averle fatte innamorare di lui. A denunciare l’incredibile truffa ci pensano la norvegese Cecilie Fjellhøy, la svedese Pernilla Sjöholm e l’olandese Ayleen Charlotte, tre delle vittime dell’israeliano Shimon Hayut (questo il nome vero del truffatore di Tinder) che raccontano come, unendo le proprie forze e con l’aiuto della stampa norvegese, siano riuscite a incastrare l’uomo e a consegnarlo alle forze dell’ordine.

Il truffatore di Tinder
Il truffatore di Tinder

La storia vera de Il truffatore di Tinder

Dopo Giù le mani dai gatti: caccia a un killer online, la regista Felicity Morris torna a raccontarci la storia di un criminale che perpetra online le proprie malefatte. Stavolta però la storia che la regista regala al grande pubblico è (in)credibilmente vera: il truffatore di Tinder esiste davvero e avremmo potuto incontrarlo anche noi (a patto che si sia iscritti a Tinder e che si sia fatto Swipe a destra, si intende). Spacciandosi per un magnate assiduo frequentatore di hotel e jet di lusso, Shimon Hayut adescava le sue vittime sulla nota app d’incontri e, assumendo le sembianze dell’uomo perfetto, le faceva innamorare. Quando queste erano cotte a puntino e fingendo di non poter usare la propria carta di credito per impedire ai suoi concorrenti nel commercio di diamanti di rintracciare i suoi spostamenti, iniziava a farsi prestare notevoli somme di denaro dalle fidanzate o amiche e, tramite un ingegnosissimo schema Ponzi, Shimon Hayut spendeva con una i soldi prestatogli da un’altra e così via.

Ma se, come dice Woody Allen, è vero che “le donne sono impotenti solo finché lo smalto sulle unghie non si è asciugato“, è altrettanto vero che anche l’amore, così come lo smalto (e in questo caso pure il portafoglio), prima o poi si secca. Dopo aver scoperto la truffa dell’ormai ex fidanzato e pensato al suicidio a causa del fiato sul collo dei nove creditori, Cecilie Fjellhøy decide di rivolgersi a VG, il più noto giornale della Norvegia. Rintracciata un’altra donna truffata da Shimon, la sua amica Pernilla Sjöholm, i giornalisti iniziano insieme alla polizia israeliana un’incredibile caccia all’uomo che però si rivela un deludente buco nell’acqua. Per fortuna che ci pensa Ayleen Charlotte, la fidanzata di Shimon, che una volta letto l’articolo di VG e aver smascherato il fidanzato come il truffatore di Tinder lo consegna alla polizia segnalandole il volo sul quale l’uomo stava viaggiando.

Ma niente lieto fine per questa vicenda, purtroppo: condannato nel 2019 a 15 mesi di reclusione, l’uomo è uscito dopo soli cinque mesi di carcere e oggi è a piede libero. Come ci raccontano le ultime scene del documentario firmato dalla Morris, quest’ultima, insieme alla produttrice Bernadette Higgins, ha ricevuto una minaccia di diffamazione e false accuse dallo stesso Hayut dopo che gli era stato chiesto di partecipare al documentario.

Recensione de Il truffatore di Tinder

L’immedesimazione nelle tre vittime è immediata: se all’inizio queste ci possono apparire sprovvedute (o al contrario, come qualcuno le ha etichettate sui social, delle astute gold digger), col passare dei minuti la loro ingenuità si trasforma in tenacia e voglia di vendetta. Per riprendere la citazione precedente, queste 3 donne sono impotenti e con gli occhi foderati di prosciutto solo fino a quando sono innamorate. Il merito di tale identificazione ed empatia va sicuramente attribuito alla regista, che con un’invisibilità che ricorda molto quella della psichiatra che interroga il piccolo Antoine in una scena de I 400 colpi di Truffaut, rimane sempre fuori campo e lascia alle ragazze tutto il tempo e lo spazio di cui necessitano.

Il documentario si serve del materiale originale inviato dalle donne alla polizia e ai giornalisti di VG e usato da questi ultimi per raccontare l’inchiesta pubblicata dalla testata norvegese nel 2019. Tale materiale fotografico, in aggiunta alle chat e alle note audio scambiate tra Shimon e le ragazze che somigliano a una sorta di “found footage”, si alterna alle testimonianze delle protagoniste che raccontano il loro legame con il truffatore di Tinder, Shimon Hayut aka Simon Leviev. Inoltre, per rendere il tutto più ritmato e coinvolgente, vengono aggiunte le ricerche online effettuate dalle tre donne con l’escamotage dello schermo condiviso, delle scene ricostruite e altre tratte, invece, da famosi film romantici.

“Mi sembrava di essere in un film, ma anche nei film ci sono i cattivi”

Cecilie Fjellhøy

È questo l’incipit de Il truffatore di Tinder pronunciato proprio da Cecilie Fjellhøy, convinta, all’inizio, di star vivendo in una delle sue amatissime commedie romantiche. Cresciuta a pane e principesse Disney, Cecilie non nega che le storie d’amore sognate fin da bambina abbiano contribuito a farle credere che Simon Leviev fosse il principe azzurro tanto bramato. Così come la stessa dichiara “Mi eccitava l’idea che tutti vedessero che io ero la fidanzata di quell’uomo“, a dimostrazione non solo che la ricchezza e il lusso da ostentare rendono un uomo degno di stima e fiducia, ma anche di come costruire una buona immagine di sé stessi sia fondamentale per avere successo e andare avanti. Colpa dei social diremmo, quello spazio intangibile in cui l’apparenza è l’unica cosa che conta. Non è detto, vista la risposta che dà Cecilie alla regista che le chiede se dopo l’accaduto usasse ancora Tinder: “Certo. L’ho usato centinaia di altre volte, cerco ancora l’amore. Tinder non c’entra niente”.

Note positive

  • Il montaggio che alterna sapientemente vari materiali così da rendere il tutto molto ritmato;
  • I toni del giallo e del mistero conferiti al documentario.

Note negative

  • Il finale un po’ frettoloso rispetto al resto della narrazione.
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