Jumbo di Zoé Wittock: tra realismo magico e oggettofilia

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Jumbo di Zoè Wittock locandina

Jumbo

Anno: 2020

Paese di produzione: Francia, Lussemburgo, Belgio

Genere: Fiction

Durata: 100′

Distribuzione: Rezo Films, O’Brother Distribution

Regia e Sceneggiatura: Zoè Wittock

Fotografia: Thomas Buelens

Montaggio: Thomas Fernandez

Musiche: Thomas Roussel

Attori: Noémie Merlant, Emmanuelle Bercot, Sam Louwyck, Bastien Bouillon, Éric Gigout, Tracy Dossou, Jonathan Bartholme

Trailer ufficiale di Jumbo

Esordio della regista belga Zoé Wittock, Jumbo è un’opera che ha stregato la platea del Sundance e che torna in programma al Trieste Science+Fiction Festival 2020; il più importante evento italiano dedicato all’esplorazione della fantascienza e del futuro. Tra epidemie, algoritmi e crisi climatica, la realtà rispecchia gli scenari più dispotici della fiction. In questa nuova edizione, si esplorano nuove frontiere e proposte inedite del panorama mondiale cinematografico.

Leggete anche l’intervista alla regista sul film Jumbo

Trama di Jumbo

Jeanne (Noémie Merlant) una giovane introversa, vive con l’esuberante madre (Emmanuelle Bercot) in una provincia immersa nella natura, e lavora di notte come custode di un parco divertimenti. Marc (Bastien Bouillon) il direttore del parco, la corteggia e le propone di partecipare al contest annuale di miglior dipendente. La ragazza però, è un outsider che ama trascorrere il tempo a ricostruire i modelli delle attrazioni del parco per cui lavora, sogna di cambiare città e non sembra interessata alle relazioni umane. L’esistenza di Jeanne viene scossa quando una delle attrazioni del parco, che lei chiama Jumbo, inizia a prendere vita comunicando con lei attraverso vibrazioni metalliche e segnali luminosi. La ragazza sviluppa un sentimento amoroso e sessuale verso la macchina, che vive segretamente durante il suo turno di lavoro. Quest’ultimo prende il sopravvento sulla vita di Jeanne e porterà la ragazza a scoprire nuovi lati di sé stessa e delle persone che la circondano.

JUMBO de Zoé Wittock on Vimeo
Noémie Merlant in Jumbo

Recensione e analisi di Jumbo

Oggetti inanimati, avete voi dunque un’anima che s’attacca alla nostra anima e la costringe ad amare?

Lamartine-Harmonies poétiques

Queste sono le parole che si ripetono come un mantra durante la visione di Jumbo, opera prima della regista Zoé Wittock, che diventano una chiave per la comprensione del film. La regista ha dichiarato di aver trovato l’ispirazione da un documentario che narra la storia vera di Erika LaBrie, la donna che si innamorò della Torre Eiffel nel 2004. Erika ha polarizzato l’attenzione globale sull’oggettofilia celebrando il suo matrimonio con la Tour Eiffel, e attraverso l’associazione Objectum Sexuality Internationale, dove le persone che sperimentano relazioni sentimentali e sessuali con oggetti, possono trovare un supporto. Per oggettofilia si intende l’amore per gli oggetti, un sentimento, con annesso desiderio sessuale, pari a quello che si potrebbe provare per gli esseri umani, ma in tal caso il desiderio è rivolto ad un oggetto inanimato. Per comprendere il personaggio di Jeanne è essenziale prendere in considerazione questo tratto che spiega molto dei comportamenti della protagonista. Lei stessa si circonda di oggetti, quelli nella sua camera per esempio, che sembrano gli unici ad attirare la sua attenzione.

La regista riesce ad abbracciare la radicalità del suo soggetto in modo totale, trasportando lo spettatore nello sguardo di Jeanne, e riuscendo a raccontare in modo intimo una storia fuori dal comune. Lo splendore visivo viene esaltato dai momenti con Jumbo, in cui avvertiamo un senso di solitudine dolce e a tratti sconcertante, grazie al cambio di inquadrature. I primi piani di Jeanne e la macchina risultano naturali, la sequenza di luci e i rumori metallici danno vita ad un’estasi metafisica e riescono a trasmettere l’emozione dell’amore tra due persone. Un illusione che vediamo rompere solo grazie allo sguardo delle persone che circondano la protagonista. Attorno a Jeanne, familiari e coetanei partecipano come spettatori. Guardano, ma poi distolgono lo sguardo come a voler ignorare la complessità di una relazione così insolita. In particolar modo, la relazione disfunzionale con la madre diventa uno specchio dell’incomprensione generazionale e apre le porte alle dinamiche del romanzo di formazione. Prima di presentare Jumbo alla madre, quest’ultima tiene tra le mani Ragione e Sentimento di Jane Austen, come ad indicare la tensione fra queste due forze, egualmente potenti. La giostra stessa diventa metafora nella sua struttura semplice ma tendente alla completezza, che indica il tempo che passa e un sottile sentimento del destino legato ad un movimento continuo e inesorabile.

Jumbo (Zoé Wittock, 2020) - Flipboard
Jumbo di Zoé Wittock

Jumbo è un film profondamente metaforico, una sguardo lucido sulla maturità sessuale e l’amore, ma anche un superamento del rifiuto comunitario che dà vita ad una nuova consapevolezza. Il primo atto sessuale con la macchina racchiude in sé duplici significati, riuscendo con pochi fotogrammi a delineare una relazione nutritiva e al contempo destabilizzante, totalmente liquida nello spostamento tra polarità; soggetto e oggetto si scambiano i ruoli, scoprendo nuove funzioni e sensazioni. La Wittock riesce magistralmente a bilanciare i momenti con Jumbo e quelli con le persone che la circondano. Gli scontri con la madre, grazie anche alla splendida interpretazione di Noémie Merlant, risultano violenti quasi quanto lo sguardo sessualizzato del suo boss. Riusciamo infatti a percepire l’evolversi del personaggio attraverso il cambiamento comportamentale che sceglie di intraprendere.

Sul finale diventano chiare le scelte stilistiche e narrative prese dalla regista. Un lieto fine da fiaba sci-fi, che lascia qualche dubbio. Nonostante il film sia ai confini del genere, c’è un positivismo quasi didascalico che rischia di sdrammatizzare dei processi psicologici complessi e difficili. La stessa regista ha spiegato in un’intervista questa tensione tra la pretesa veridicità della storia e l’aspetto fiabesco del racconto. L’idea era di mettere lo spettatore nel punto di vista soggettivo di un oggettofilo moltiplicando le sue sensazioni sullo schermo, mantenendo però l’equilibrio tra il reale e il fantastico. Lei in primis vede il film come una favola moderna, una storia di iniziazione e persino una semplice storia d’amore. Jumbo rimane una prima opera coraggiosa e anarchica, uno specchio sincero sulla difficoltà del cambiamento e la forza rivoluzionaria dell’amore.

Note Positive

  • Narrazione lucida e bilanciata
  • Storia interessante
  • L’interpretazione di Noémie Merlant
  • Fotografia usata in funzione della storia e del genere scelto
  • Regia promettente

Note Negative

  • Finale che tende ad un positivismo didascalico quasi forzato
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