La ciénaga (2001). L’uso della coralità per mostrare lo stato decadente di una classe sociale.

La Ciénaga (The Swamp) è il film d'esordio di Lucrecia Martel, presentato in anteprima al Festival di Berlino nel 2001.

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Trailer di La ciénaga

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

“La Ciénaga”, conosciuto anche con il titolo “The Swamp”, opera prima della regista argentina Lucrecia Martel, ha vinto il NHK Award al Sundance Film Festival per la sceneggiatura nel 1999 prima di debuttare al Festival del Cinema di Berlino nel 2001 dove vince il premio Alfred Bauer per la miglior opera prima.

Trama di La Ciénaga

Durante una torrida estate nella cittadina argentina la Ciénaga, due famiglie del ceto medio cercano di sopportare il calore nei migliori dei modi; Mecha insieme a quello che ormai è l’ombra di quello che un tempo era stato suo marito, decide di bere alcol dalla mattina alla sera a bordo piscina nella villa Mandrágora avvolta nella natura, lasciando i propri figli a cavarsela come meglio possono e Tali che cerca di mantenere il proprio ruolo di famiglia perfetta occupandosi della casa e dei propri figli. Ma una volta che queste due cugine si ritroveranno insieme dopo diverso tempo, l’apparente benestare delle loro vite inizierà come a sciogliersi vittima del caldo e mostrerà la reale superficie decadente delle loro esistenze.

Fotogramma di La Ciénaga
Fotogramma di La Ciénaga

Recensione di La Ciénaga

In La Ciénaga, primo capitolo di quella che poi verrà definita come la trilogia di Salta, Lucrecia Martel racconta e mostra, utilizzando una struttura narrativa di tipo corale, la decadenza e le tensioni del ceto medio argentino. Tema che la regista prende dalla sua infanzia.

I cittadini della città, da cui prende il titolo il film, ci vengono presentati mentre cercano di non soccombere al caldo umido e asfissiante. Un caldo che rimane costante per l’intera durata del film e che risulta come una rappresentazione del declino a cui si assiste.

La storia si articola sulle vicende di due famiglie legate dall’amicizia delle due madri, Mecha e Tali. Due donne ormai sopraffatte dall’evoluzione del rapporto con i loro mariti; Mecha spinta dalla delusione per il marito Gregorio e dalla sua vita, inizia a darsi completamente all’alcol insieme a lui, Tali invece cerca di non affrontare il maniacale controllo del marito occupandosi dei figli. La caduta di Mecha su dei cocci di vetro, mentre si trovava a bordo piscina in uno dei suoi incontri alcolici è l’evento che spinge Tali a tornare da lei. La visita di quest’ultima è guidata sia da un senso di preoccupazione che da un desiderio di evadere dalla sua vita. Le due amiche si ricongiungono e di conseguenza anche i loro figli iniziano a passare del tempo insieme.

Nella storia la caduta di Mecha oltre a portare a uno sviluppo del personaggio è l’evento che permette di approfondire le dinamiche tra i vari personaggi. Tra questi ci sono le storie di Momi, una delle figlie di Mecha e della domestica di origine indigena Isabella, una storia che mostra un rapporto guidato dall’infatuazione di Momi per Isa (nomignolo che le dà Momi) e che permette anche di mostrare il razzismo che quest’ultima, come tutti gli altri personaggi di origine indigena, patiscono da parte delle famiglie di origine europea appartenenti al ceto medio. Un razzismo che Lucrecia Martel inserisce in maniera tagliente, in quanto non viene accentuato ma è parte integrante di quello che viene mostrato, in quanto una delle cose che colpisce del film è l’approccio di tipo osservativo, ovvero l’autrice catapulta lo spettatore nella storia, dandogli l’impressione di ritrovarsi a osservare la vita quotidiana di queste due famiglie e sta a lui decidere cosa considera giusto e cosa sbagliato.

Altra storia basata su un attaccamento tra due personaggi è quella tra i due fratelli Verónica e José. Lui, il figlio maggiore torna alla villa di famiglia dopo aver saputo della caduta della madre. Un ritorno che causa felicità tra i vari membri della famiglia. Il ritorno del figlio maggiore che però si comporta nel modo più infantile. Veró e José hanno un tipo di rapporto differente da quello con gli altri fratelli, al punto che guardandolo spetta allo spettatore decidere se tra i due ci sia un interesse, forse ingenuo, per qualcosa che vada oltre al solo amore tra fratelli.

Oltre al caldo asfissiante come metafora della decadenza di queste due famiglie, anche alla natura, in particolare, l’azione della caccia nelle colline che circondano la villa di Mecha, spetta questo ruolo. Sin dalla prima sequenza con il suono del colpo di uno sparo, lo spettatore viene portato in quest’ambiente, la natura delle foreste nelle colline che circondano la villa Mandrágora, dove bambini e ragazzini si dilettano nell’uccisione di animali, come fosse un gioco. Tra questi c’è Joaquín, figlio di Mecha, che a causa di questo suo gioco ha perso un occhio. Quest’ambiente ci viene mostrato in una maniera tetra tanto che i corpi di questi ragazzini e l’ambiente trovano delle somiglianze con quelli che si possono vedere nella cittadina di Xenia del film Gummo di Harmony Korine.

Questa sorta di gioco della caccia nel corso della storia inizia a rivelarsi come una metafora del rapporto tra ceto medio e indigeni e di come Joaquín, influenzato dal comportamento dei suoi genitori, trova del tutto normale insultare gli indigeni e vederli come delle persone al di sotto di lui.

Fotogramma di La Ciénaga
Fotogramma di La Ciénaga

Come già accennato tutto quello che viene visto nel corso del film, viene mostrato allo spettatore senza alcun tipo di punto di riferimento, in un certo senso si è come degli intrusi che non riescono a distogliere lo sguardo da tutto quello che si ritrovano davanti agli occhi.

Un minimo di speranza per i personaggi la si può trovare in un servizio televisivo, che irrompe nella loro quotidianità, un servizio sull’apparizione della vergine. Il servizio viene visto con curiosità da i personaggi in particolare da Mecha.

La storia e le sue sensazioni ci vengono mostrate attraverso uno stile registico dove l’attenta composizione dell’immagine mette in risalto lo sguardo della regista, e un uso della camera che alterna dei movimenti ondeggianti, come per mostrare il costante stato di ubriachezza di Mecha e una camera fissa con uno stile di regia quasi più classico. Quest’utilizzo della camera da parte dell’autrice è l’elemento che permette di avere la sensazione di star osservando la storia non al suo inizio ma nel suo mezzo.

Fotogramma di La Ciénaga
Fotogramma di La Ciénaga

Note di regia (tratte dal pressbook del film)

LA CIÉNAGA non rispetta la forma classica della struttura narrativa. Non c’è una verità nascosta che deve essere rivelata dai personaggi, né alcun collegamento casuale tra gli eventi che colpiscono le famiglie di Mecha e Tali. Al posto di un crescendo drammatico, c’è un accumularsi di situazioni che potrebbero semplicemente svanire o risolversi drammaticamente. I personaggi de LA CIÉNAGA hanno un rapporto vagamente scomodo con la natura. Questo si evidenzia particolarmente nelle riprese in esterni. Non ho mai avuto l’intenzione di descrivere il paesaggio in modo ‘pittoresco’. Al contrario, la natura non è amica, né ospitale. Io respingo la visione romantica per cui la vicinanza con la natura è sinonimo di armonia. Gli atteggiamenti, i modi di fare provinciali hanno un ruolo importante ne LA CIÉNAGA. A Buenos Aires, la gente si trova davanti ai propri problemi in modo moderno e li affronta più o meno direttamente. Chi vive in provincia, in qualche modo, ha la tendenza a raccontare lunghi e complicati aneddoti, spesso assurdi, per farsi compatire. Il loro ripetere il racconto è uno sforzo, a volte coronato dal successo, per superare le ansie. Se c’è un elemento chiave ne LA CIÉNAGA, dovrebbe essere la sensazione di non sentirsi a proprio agio. LA CIÉNAGA presenta una classe sociale che non ha né una tradizione su cui basarsi, né i mezzi per comprarsi quella sicurezza che solo la tradizione può fornire. Una classe che vive al di fuori della propria sessualità, senza delle regole ben definite. Una classe sociale che vuole che le cose restino come sono pur temendo, paradossalmente, la storia che si ripete.

In conclusione

La Ciénaga è un’opera prima struggente in cui la regista utilizza la scrittura, il suo sguardo ed il suono per trasmette allo spettatore una sensazione di spaesamento e di minaccia. Il titolo stesso del film, l’autrice lo decide ispirandosi ai film horror di serie B (scelta che poi fa anche per gli altri due capitoli della trilogia “La Nina Santa”, “La Mujer Sin Cabeza), ma più che di un film horror la Ciénaga si può definire un film di tensione, una tensione non visibile perché scaturita dai conflitti interiori dei personaggi e degli ambienti da loro frequentati, ma un film di tensione che la regista invece considera una commedia. La struttura corale della sceneggiatura permette allo spettatore di avere una visione d’insieme, dandogli l’impressione di assistere alle vicende di un’intera specifica società, ovvero quella del ceto medio argentino, tramite le storie di pochi personaggi.

Note positive

  • Forte impatto visivo grazie ad un’attenta composizione dell’immagine.
  • Sceneggiatura con strutturale corale che permette di immergersi nella storia.
  • Storia che permette di osservare uno spaccato di vita non a tutti conosciuto.

Note negative

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Emanuele Igbinomwanhia
Emanuele Igbinomwanhia

Regista e Autore con anche un interesse verso la sperimentazione video. Dopo gli studi in cinema gira un documentario e si diletta nella scrittura di storie.

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