L’angelo della vendetta (1981). Il rape and revenge movie con Zoë Lund

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Trailer de L’angelo della vendetta

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Non so perché in Italia e in altri paesi europei, come la Francia, la pellicola sia stata rilasciata al cinema o nel mercato home video con il titolo “L’angelo della vendetta” al posto dell’originale e più accattivante “Ms. 45”. Se il titolo originale, scelto dal regista Abel Ferrara, racchiude l’essenza stessa della vicenda, ponendo la pistola al centro della scena, il titolo italiano “L’angelo della vendetta” non rappresenta la storia narrata all’interno del lungometraggio. Risulta essere un titolo pensato esclusivamente per scopi commerciali e per mettere in evidenza l’elemento vendicativo presente nel film. Oltre a questi cambiamenti nella nomenclatura del film, “Ms. 45”, appartenente al filone rape and revenge, è il terzo lungometraggio del regista americano Abel Ferrara, con la sceneggiatura di N.G. St.John, uno sceneggiatore che ha collaborato ampiamente con Ferrara, scrivendo undici dei suoi film, inclusi i suoi primi cortometraggi e lungometraggi, terminando la collaborazione nel 1996 con “Fratelli” (1996). Nel ruolo della protagonista troviamo la giovanissima Zoë Lund, all’epoca diciottenne, al suo debutto cinematografico. Lund, deceduta a soli trentasette anni per overdose a Parigi il 16 aprile 1999, ha interpretato anche un ruolo da protagonista nel thriller “Special Effects” di Larry Cohen, oltre a scrivere la sceneggiatura del cult movie noir di Abel Ferrara “Il cattivo tenente” (Bad Lieutenant), dove ha fatto la sua ultima apparizione attoriale, interpretando un personaggio secondario e di minor importanza nel film.

Trama de L’angelo della vendetta

Thana è una ragazza muta che lavora presso una sartoria, in un’America alquanto violenta, maschilista e sessista. Incapace di comunicare con gli altri e di stringere vere e proprie amicizie, un giorno, mentre sta tornando a casa dopo il lavoro, viene brutalmente violentata in un putrido vicolo da un uomo mascherato armato di pistola. Spaventata e sconvolta, Thana si reca a casa, dove l’attende una brutta sorpresa: un uomo è all’interno della sua abitazione per rapinarla. Quando il ladro la vede e si rende conto che non c’è nulla di valore da rubare, decide di stuprarla, minacciandola con la sua pistola. Thana si ritrova così a essere vittima, passiva e silente, di due abusi nella stessa giornata. Ma proprio quando l’assalitore sta per “godere” e la pistola gli cade dalle mani, Thana si ribella: lo colpisce prima con un fermacarte e poi, liberatasi dalla sua presa, lo colpisce alla testa con un ferro da stiro. Infine, raccoglie la pistola caduta a terra e gli spara, uccidendolo. Spaventata e in stato confusionale, Thana non chiede aiuto né si reca dalla polizia, ma decide di cavarsela da sola. Inizialmente mette l’uomo nella vasca da bagno e dopo qualche giorno decide di liberarsi del cadavere, tagliandolo e mettendolo nel frigo dentro dei sacchetti, per poi sbarazzarsene lentamente, depositando pezzi in vari angoli della strada, giorno dopo giorno. Questo atto, però, avrà conseguenze sulla psiche della giovane Thana, che si trasforma in un’assassina di uomini.

Fotogramma de L'angelo della vendetta
Fotogramma de L’angelo della vendetta

Recensione de L’angelo della vendetta

Abel Ferrara con “L’angelo della vendetta” realizza un b-movie dal forte impatto di critica sociale, che intende mostrarci e raccontarci uno spaccato realistico e senza orpelli della situazione drammatica che sta vivendo la società americana degli inizi degli anni ’80. Se Woody Allen, con la sua pellicola del 1979, ci aveva immerso in una Manhattan intimistica, riflessiva e avvolgente, fatta d’intellettualismo e di meraviglie architettoniche, Abel Ferrara fa esattamente il contrario, avvicinandoci maggiormente alla descrizione che Taxi Driver, pellicola citata all’interno di “Ms.45”, effettua sulla Grande Mela.

Un esempio lampante è l’uso antitetico dell’iconico Queensboro Bridge. Se nel film “Manhattan” Woody Allen lo rappresenta visivamente e fotograficamente come un luogo intriso di romanticismo, mostrandoci i due personaggi protagonisti seduti sulla panchina con il ponte sullo sfondo, creando un gioco di luci e d’ombre che ci donano la silhouette di Allen e Keaton, ecco che Ferrara lo trasforma in un luogo scioccante, cruento, privandolo di quella bellezza romantica e trasformando la panchina in un luogo tragico da film noir. Ciò avviene attraverso la decisione di ambientare la scena sotto una luce notturna e soprattutto con una fotografia e costumi dei personaggi che trasudano violenza e disperazione. Il cineasta gioca dunque con il ribaltamento atmosferico della città, andando contro quel tipo di cinema che la descriveva in maniera intellettuale che raccontava una città senza carattere e senza stonatura, trasformando la Grande Mela in un luogo romantico. Ferrara, come ha fatto Scorsese, ci racconta il marcio presente nell’America, dove la disperazione e la follia regnano sovrane. Per questo motivo e altri, definire “Ms.45” come un film di vendetta non è assolutamente corretto, poiché ciò che N.G. St.John ha sceneggiato è una storia di depravazione sociale che ci concentra su una donna che vive una situazione di disperazione interiore e che si ritrova, dopo eventi tragici, a vivere una condizione di profonda follia nata dalla sua solitudine, dove nessuno è veramente interessato al suo benessere ma solo al suo corpo.

Fin dal primo atto della pellicola ci rendiamo conto di essere all’interno di una società in decadenza, in una città intrisa di oscurità, degrado, malessere sociale e povertà. La metropoli di New York ci viene rappresentata, visivamente e non solo narrativamente, come un luogo dove vige la legge del più forte, dove il debole viene sottomesso e annientato dal marcio sociale. In una città dove le forze dell’ordine sembrano essersi dimenticate di fare il loro lavoro e di proteggere i suoi cittadini dalla criminalità, che avvolge e sembra penetrare in ogni fessura di Manhattan, sporca, sudicia e inquietante. Abel Ferrara dirige un lungometraggio marcatamente realistico, che fa della crudezza e dell’orrido i suoi elementi caratterizzanti, eliminando l’estetica della bellezza e dell’innocenza, ponendoci fin dal primo atto in un viaggio nella follia psicologica di una civiltà sociale americana in forte decadenza morale. Fin dal primo atto viene messo in evidenza e viene sottolineato in maniera perfino didascalica il tema centrale del lungometraggio. Non a caso, attraverso un congeniale movimento di macchina a carrello, osserviamo la protagonista Thana e le sue colleghe di lavoro camminare per il marciapiede di una strada transitata e non periferica della città. Abbiamo uno scambio rapido d’inquadrature: da una parte vediamo la nostra timida e fragile Thana camminare terrorizzata e infastidita per la strada; dall’altra, vediamo una lunga sequenza di uomini squallidi e volgari che dichiarano apertamente e senza nessun tipo di pudore il loro desiderio di scoparla.

Una scena che dimostra chiaramente il tema centrale della pellicola è quella in cui delle donne, più o meno belle, giorno dopo giorno, devono affrontare gli sguardi indiscreti e desiderosi di uomini che ritengono normale provarci spudoratamente con una donna e costringerla ad andare a letto con loro, quasi come se fossero dei prostituti. Prima di questa scena, però, ne abbiamo un’altra, meno volgare e più sottile, che ci mostra un’altra difficile situazione che Thana deve affrontare. Siamo nel luogo di lavoro e Thana, prima di uscire dall’ufficio, viene chiamata dal suo capo “honey” (dolcezza). Inoltre, l’uomo, trattandola come un cane docile, le batte una mano sulla testa come se fosse un gesto del tutto normale, costringendo la povera ragazza muta, che mostra fin dalle primissime inquadrature uno stato psicologico fragile, a subire silenziosamente e senza alcuna protezione l’atteggiamento maschilista del suo capo, simbolo della società americana patriarcale che vede nelle donne non dei soggetti con un proprio intelletto, ma solo dei corpi per il proprio piacere sessuale, come asserterà anche l’uomo con cui Thana intratterrà un dialogo sul Queensboro Bridge.

Thana: tra follia e omicidio

Lo sceneggiatore ci introduce alla giovane Thana attraverso alcune brevi scene di routine, mostrandola mentre lavora e fa la spesa. Tuttavia, la storia non perde tempo a entrare nel vivo, immergendoci subito nella devastazione psicologica di Thana dopo che diventa vittima di un abuso sessuale per strada e subisce una violentazione a casa poche ore dopo, durante la quale uccide il suo aggressore. Thana, inizialmente presentata come una ragazza mentalmente fragile, sola, innocente e pura, si trova improvvisamente in una situazione complessa dove le sue scelte post-omicidio avranno un forte impatto sulla sua personalità. Sotto shock e sconvolta dagli eventi dei due stupri e dell’omicidio, Thana non chiama la polizia né chiede aiuto ai suoi vicini, ma commette l’impensabile: taglia il corpo dell’aggressore, lo mette in vari sacchetti e lo inserisce nel frigorifero, per poi, giorno dopo giorno, disseminare quei sacchetti in giro per la città. L’omicidio diventa per Thana il punto di non ritorno, il momento in cui inizia il suo viaggio nella follia, non tanto come una vendetta conscia e consapevole, ma come un tragitto verso una pazzia omicida e irrazionale alla Travis Bickle. Non è un caso, infatti, che nel momento in cui Thana si immerge completamente nel suo mondo oscuro e pazzo, travestendosi da suora alla fine del film, facciamo riferimento a Taxi Driver. Thana punta la pistola allo specchio, giocando con essa e fingendo di sparare, una scena che richiama esplicitamente l’iconica sequenza del cult del 1976 di Martin Scorsese, in cui vediamo Travis, nella sua follia, parlare al suo riflesso allo specchio puntando la pistola verso di sé.

Il personaggio di Thana compie un viaggio che è l’antitesi di quello di un eroe, passando dall’essere una donna fragile e buona a diventare una donna sicura di sé, crudele e spietata, che non perde tempo a uccidere gli uomini che le capitano a tiro. Nei film di vendetta, il personaggio femminile diventa spesso una sorta di eroina che uccide coloro che le hanno fatto del male, risultando in ultima analisi un personaggio positivo. Tuttavia, in “Ms.45” questo non accade, poiché Thana non compie una vendetta effettiva, ma commette dei veri e propri omicidi ingiustificati. Va a uccidere non solo persone meritevoli, come i banditi che cercano di aggredirla nel cuore della notte, ma anche individui “buoni” che si sono avvicinati a lei, come ad esempio lo sceicco che, in cambio di sesso, le offre dei soldi. Questo personaggio non è del tutto positivo, ma effettivamente non fa nulla di male nei confronti di Thana, la quale avrebbe potuto tranquillamente rifiutare l’avanzata di quell’uomo ricco in cerca di una prostituta. In questo senso, Thana diventa un assassino indiscriminato, una donna che uccide mossa dalla follia e dall’odio che prendono forma dai traumi subiti e dalla sua situazione sociale. Thana non ha amici, è sola e vive una vita di isolamento, dove non ha nessuno con cui confidarsi, il che la porta sempre più nel mondo della pazzia e della perdizione.

Zoë Lund in L'angelo della vendetta (1981)
Zoë Lund in L’angelo della vendetta (1981)

Tra recitazione e sceneggiatura

Il film si basa interamente sulla performance attoriale di Zoë Lund, un’attrice che ci ha lasciato troppo presto a causa della sua dipendenza da eroina. Lund è l’interprete perfetta per il ruolo di Thana, la protagonista de “L’angelo della vendetta”. Questa attrice, indubbiamente bella e affascinante, possiede un fascino che mescola ingenuità e seduzione da femme fatale, due caratteristiche che si fondono perfettamente all’interno del film. Se inizialmente ci viene presentata una Thana spaventata, insicura e piena di timori, nel corso del film assistiamo alla sua lenta trasformazione, dalla purezza alla seduzione, un cambiamento evidente non solo negli sguardi intensi dell’attrice, che offre un’espressività straordinaria senza l’uso del dialogo per delineare il suo personaggio. La trasformazione di Thana è resa in modo eccellente anche attraverso il cambiamento dei suoi abiti, che passano da quelli più semplici a quelli più sexy, dapprima dominati da tonalità bianche che poi virano verso il rosso e infine il nero, abiti che mettono in risalto la sua bellezza fisica.

Dal punto di vista registico, Abel Ferrara sfrutta inquadrature tipiche del cinema d’autore, posizionando la macchina da presa in modo non convenzionale, permettendoci di entrare in contatto con la psiche dei protagonisti. Particolarmente efficaci sono le inquadrature utilizzate per lo stupro, che vengono mostrate nella loro brutalità con primi piani sul volto della donna durante l’atto sessuale, così come quelle che descrivono la scena del taglio, utilizzando un gioco di svela e nascondi che risulta potente. Tuttavia, se nella prima parte il regista riesce a mantenere un buon ritmo visivo, nella seconda parte questo si riduce, soprattutto nella rappresentazione degli omicidi, che vengono mostrati con semplicità, senza molte artificiosità. Thana uccide con la pistola, sparando alle sue vittime in un modo che manca di quel senso di orrore e spavento per il pubblico. Le musiche, marcatamente jazz e raffinate, avrebbero potuto osare di più, con alcuni brani che ricordano quelli di Dario Argento, ma che non riescono a creare la suspense necessaria per la storia. Nonostante ciò, il film mantiene un buon ritmo, anche se la tensione avrebbe potuto essere più presente. L’unico piccolo difetto della trama è un buco significativo: Thana uccide sparando, ma da dove prende i proiettili? Sono infiniti? Forse mostrare la donna in difficoltà, senza proiettili, avrebbe aggiunto interesse alla storia.

Zoë Lund è Thana in L'angelo della vendetta (1981)
Zoë Lund è Thana in L’angelo della vendetta (1981)

In conclusione

“L’angelo della vendetta” di Abel Ferrara emerge come un potente b-movie con un forte impatto sociale, offrendo uno sguardo crudo e privo di fronzoli sulla decadenza della società americana degli anni ’80. Attraverso una regia che ribalta le convenzioni estetiche e una performance straordinaria di Zoë Lund, il film ci trascina in un viaggio nella follia e nell’orrore psicologico di una donna abusata e sola. Ferrara dipinge un ritratto disperato di una New York corrotta e degradata, in cui la violenza e il maschilismo regnano sovrani, mentre Thana, la protagonista, si trasforma da vittima a carnefice, incarnando la tragedia di una società che non offre speranza né giustizia. Nonostante alcuni difetti nella sceneggiatura e nell’esecuzione, il film rimane un poderoso esempio di cinema d’autore che sfida le convenzioni e mette in discussione le norme sociali.

Note Positive:

  • Critica Sociale Incisiva: Il film offre una critica sociale senza compromessi, mostrando in modo crudo e realistico il degrado e la disperazione che pervadono la società americana degli anni ’80.
  • Performance Attoriale: Zoë Lund offre una performance straordinaria nel ruolo di Thana, catturando perfettamente la trasformazione psicologica del personaggio.
  • Regia suggestiva: Abel Ferrara utilizza inquadrature suggestive e posizioni della macchina da presa non convenzionali per immergere lo spettatore nella psiche dei personaggi e nell’atmosfera cupa del film.
  • Colonna Sonora Raffinata: La colonna sonora, seppur raffinata, contribuisce a creare un’atmosfera avvolgente e a enfatizzare i temi del film.

Note Negative:

  • Buco di Trama: La sceneggiatura presenta un piccolo buco di trama riguardante l’approvvigionamento di proiettili da parte di Thana, che potrebbe risultare poco plausibile per alcuni spettatori.
  • Mancanza di Suspense in alcune scene: Nonostante la regia suggestiva, alcune scene potrebbero mancare di suspense e tensione, soprattutto durante gli omicidi commessi da Thana.
  • Poca Variazione nella Colonna Sonora: La colonna sonora, seppur raffinata, potrebbe risultare monotona in alcune parti del film, mancando di variazione e contrasto emotivo.
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