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La congiura dei Boiardi
Titolo originale: Ivan Groznyj II
Anno: 1958
Paese: URSS
Genere: Storico-biografico
Produzione: URSS
Distribuzione: Mosfilm International
Durata: 85 minuti B/N (con una sequenza a colori)
Regia: Sergej Michajlovič Ejzenštejn
Sceneggiatura: Sergej Michajlovič Ejzenštejn
Fotografia: Eduard Tissé e Andrej Moskvin
Montaggio: Sergej Michajlovič Ejzenštejn
Musiche: Sergej Sergeevic Prokof’ev
Attori: Nikolaj Kostantinovic Cerkasov,Serafima Birman , Pavel Kadochnikov
Trama de “La congiura dei Boiardi”
Ivan IV, incoronato nel 1547 e autoproclamatosi “zar di tutte le Russie”, dopo aver sconfitto i Tartari e aver rotto l’Ordine teutonico, viene tradito dai suoi alleati e dal suo fedele amico, il principe Adrei Kurbsky, il quale spinto dalla gelosia nei confronti del suo signore per via del matrimonio con la zarina Anastasia e per via del suo potere, si reca presso la corte del re di Polonia, nemico del sovrano russo. A convincere il principe è stato determinante l’intervento di Efrosinia Staritskaya, zia carnale e al contempo grande antagonista dello zar in quanto appartenente alla classe dei Boiardi, ovvero membri dell’alta aristocrazia che aspirano alla spartizione del dominio sul paese.
Per annientare la supremazia di Ivan e porre sul trono suo figlio Vladimir Andreyevich, un giovanotto tutt’altro che perspicace, la Boiara cerca di allontanare tutti coloro che possano sostenere suo nipote: dopo aver manipolato Kurbsky, la malvagia donna avvelena Anastasia, costringendo l’ignaro zar, ormai rimasto solo, a fuggire da Mosca e rintanarsi in un convento. Dimostrando una profonda fedeltà nei confronti di Sua Maestà, il popolo moscovita si dirige in processione nel luogo occupato dall’autorità convincendolo a tornare nella capitale, dove ad accoglierlo, oltre alla guardia popolare nazionale di cui egli si fida ciecamente, c’è l’accanimento dei Boiardi fortemente intenzionati a spodestarlo anche grazie all’aiuto e l’appoggio della classe clericale. Le inimicizie interne porteranno Ivan a essere sempre più solitario e abbandonato, costringendolo a diventare “il Terribile”.
Recensione de “La congiura dei Boiardi”
Le disavventure di Ejzenštejn e Ivan
Secondo capitolo di quella che sarebbe dovuta essere una trilogia, La congiura dei Boiardi segue la narrazione, iniziata con il film “Ivan il Terribile” (1944), della storia dello zar Ivan IV. Come spesso era già accaduto nella carriera dell’immortale regista sovietico Sergej Michajlovič Ėjzenštejn in pellicole come “Que viva Mexico!”, “Il prato di Bezin” e l’ultimo atto della trilogia in questione (il quale non fu mai portato a termine e ne esistono soltanto poche sequenze), anche in quest’occasione il destino della sua opera fu sfortunato: Stalin non l’apprezzò affatto e ne bloccò la distribuzione, tanto che, realizzato nel 1946, il lungometraggio uscì sugli schermi soltanto nel 1958, anno in cui sia il dittatore che l’artista sovietico erano già morti.
Il personaggio di Ivan è interpretato da Nikolaj Kostantinovic Cerkasov, celeberrimo per aver recitato nelle vesti di numerose personalità storiche di grande rilievo. Dopo averlo conosciuto con “Pietro il Grande” (1937-1939) di Vladimir Petrov, Ejzenstejn gli concesse prima il ruolo da protagonista nel precedente “Aleksandr Nevskij” (1938), e poi ancora in questa incompleta trilogia che racconta le vicende al potere del tanto temuto zar vissuto nel XVI secolo.
Il fulcro della storia è proprio questo: il potere di un uomo, mosso nelle sue intenzioni dall’amore per la propria patria e dalla volontà di procurare benessere al popolo, viene continuamente messo a repentaglio da chi vi si trova attorno, ossia dalla classe aristocratica dei Boiardi, da sempre nemici dello zar e rappresentati dalla figura della sua zia carnale Efrosinia Staritskaya (Serafima Birman), la quale allo stesso modo di tutti quelli del ceto a cui appartiene non è molto interessata a opporsi verso chi minaccia la grandiosità del suo paese, piuttosto si preoccupa attraverso subdoli stratagemmi e con l’aiuto del clero di concedere il trono al suo ingenuo figliolo Vladimir (Pavel Kadochnikov), in modo da privilegiare gli interessi propri e dei membri della nobiltà. Tormentato dai dissidi interni e dalle continue congiure a lui rivolte, Ivan, va incontro alla tremenda condizione di chi se la deve vedere con il mostro della solitudine, alternando quindi ai momenti di forte ispirazione, stimolati dal compito divino assegnatogli di render grande la Russia, l’abbattimento generato dalla mancanza di una spalla con la quale condividere gioie e dolori. Tutto ciò lo porterà anche a compiere atti d’ingiustificata violenza, aspetto, tra l’altro, che critica in maniera geniale e sopraffina la figura del dittatore Stalin, oltre a glorificarlo come egli in realtà voleva.
La forma de “La congiura dei Boiardi”
Lo svolgimento della trama non presenta degli incredibili colpi di scena inaspettati, al contrario le vicissitudini sono spesso premeditate, tuttavia l’attenzione dello spettatore viene mantenuta alta grazie alla magistrale costruzione di un montaggio con ritmo cadenzato che dà vita ai momenti di maggiore pathos e all’impeccabile messa in scena.
La recitazione di Cerkasov oltre che espressiva è molto fisica e quindi simbolica del suo stato d’animo: nei momenti di maggior esaltazione volge il mento verso l’alto con la sua barba a punta che vuol essere quasi una metafora del suo innalzamento emotivo, mentre quando i sentimenti sono di disperazione, l’attore esterna il suo malumore prostrandosi letteralmente a terra. Di tali frangenti ne gode e cerca di trarne vantaggio Efrosina, avvolta nel suo copricapo nero che ne evidenzia la malvagità e la brama di vincere su Ivan, mentre appare quasi ignaro di tutto ciò il giovane Vladimir, del quale anche i lineamenti del viso simili a quelli di un bambino sembrano denotarne l’innocenza. Seppur a tratti grottesca per via dell’eccessiva enfatizzazione teatrale, l’interpretazione dei personaggi in generale può funzionare poiché in linea con la liricità dei tempi di cui si sta trattando.
Ad accentuare la sensazione di prigionia percepita dal sovrano è l’utilizzo studiato delle scenografie, in particolare la composizione della reggia la quale è composta da un insieme di gallerie intersecate tra loro che vanno a raffigurare una sorta di labirinto dal quale sembra sia impossibile sfuggire. Inoltre i chiaroscuri e quindi le ombre della fotografia di Eduard Tissè accompagnati dalle musiche di Prokof’ev, entrambi storici collaboratori dell’autore del film, vanno a intensificare le scene di maggior drammaticità.
Impossibile infine non citare la straordinaria sequenza della festa, girata a colori in contrasto con il bianco e nero del resto della pellicola, e resa quindi un ibrido tra il primo capitolo totalmente privo dell’uso del colore e l’ultima parte mai realizzata, la quale si dice dovesse farne un pieno utilizzo. L’esplosione improvvisa principalmente del rosso va a sottolineare la dinamicità e l’euforia del momento che anticipa il solenne finale, una scelta artistica che però costò a Ejzenstejn le antipatie del dittatore Stalin poiché in contrasto con i categorici stilemi del periodo, ma ne determina comunque il suo spirito innovativo e rivoluzionario che gli permetterà di raggiungere l’Olimpo della storia del cinema.
Note positive
- Montaggio
- Messa in scena;
- Uso del colore.
Note negative
- Recitazione a tratti spiccatamente teatrale.