La notte (1961): la crisi di coppia

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La notte locandina

La notte

Titolo originale: La notte

Anno: 1961

Paese: Italia

Genere: drammatico

Distribuzione: Dino De Laurentiis Distribuzione

Durata: 122 minuti

Regia: Michelangelo Antonioni

Sceneggiatura: Michelangelo Antonioni, Ennio Flaiano, Tonino Guerra

Fotografia: Gianni Di Venanzo

Montaggio: Eraldo Da Roma

Musiche: Giorgio Gaslini

Attori: Marcello MastroianniJeanne Moreau, Monica Vitti, Bernhard Wicki, Rosy Mazzacurati

Trailer italiano de La Notte

La notte è ispirato da un racconto di Joyce situato all’interno della raccolta Gente di Dublino, pubblicata nel 1914. C’è da leggere questo racconto per capire i rapporti che abbiamo con gli altri. Ognuno di questi raccontini sono delle epifanie, nel senso che in ogni racconto si crea una situazione in cui una persona rivela quello che è, casualmente o intenzionalmente, in maniera profonda. Il primo riguarda la perdita della fede (muore un sacerdote, il suo educatore extra – scolastico, che gli ha insegnato tante cose, e questo ragazzino prova anche un certo sollievo, perché ora essendo solo potrà pensare con la sua testa; la seconda scoperta/rivelazione (epifania), scopre che anche quell’uomo, che era stato il suo maestro, era solo e in età avanzata aveva perso la fede).

Il lungometraggio italiano è stato applaudito dalla critica che gli ha permesso di vincere L’orso d’oro a Berlino, il Nastro d’Argento e il David Di Donatello per la regia e miglior film. Inoltre risulta il capitolo centrale della trilogia esistenziale o dell’incomunicabilità con L’avventura, film precedente, e L’eclisse.

Trama de La Notte

Seguiamo le vicende di una coppia nell’arco di una giornata. Giovanni è uno scrittore che insieme alla moglie Lidia va a visitare presso una clinica un loro amico gravemente malato. In seguito partecipano al ricevimento di presentazione del nuovo libro. Lidia annoiata se ne va presto e inizia a girovagare per la città mentre il marito la sta attendendo a casa. In serata, per rompere la monotonia della loro vita si recano in un Night Club.

Recensione de La Notte

Giovanni Fontana, il marito della protagonista Lidia che è uno scrittore di successo, presenta il suo libro e vediamo proprio il direttore della collana Bompiani e anche Salvatore Quasimodo, il vero che interpreta se stesso. Questo intellettuale di successo vede nell’arco di 24 ore dissolvere sia la situazione familiare che la sua stessa figura, come nel personaggio di Blow up che si dissolve fisicamente e metaforicamente dentro il parco. Antonioni inserisce una piccola sfasatura, una piccola scorrettezza grammaticale che sarà l’indice del precipitare del rapporto tra lui e la moglie, e della sua stessa condizione d’intellettuale e scrittore; anche qui la visione del mondo è assolutamente incerta, non c’è possibilità di vedere le cose nella loro sostanza, ma si percepisce solo il riflesso e le sensazioni che la concede ai personaggi e con loro agli spettatori. Sono posti nella stessa situazione d’incertezza, un po’ come chi guarda un quadro come quello di Magritte, La condizione umana in cui vediamo la realtà al di là della finestra, ma la finestra è una cornice, e le tende ai lati sono simili a quelle del teatro, o ancor meglio al teatro dei burattini, come se la realtà fosse come uno spettacolo da guardare e da osservare, come se ha bisogno dello spettatore, sia ipotizzato nell’interno del quadro, sia quello esterno che si accinge ad ammirare il dipinto. La realtà  al di là della finestra è poi praticamente piatta, ha poca prospettiva. Quindi essendo lo spettacolo un artificio, anche la realtà potrebbe esserlo. Quindi potrebbe essere anch’essa una finzione, ovvero qualcosa che non esiste di per se, ma che può avere bisogno di un regista, di un ente superiore, ma che, come nel teatro o nel cinema, può essere in grado di donare delle vere emozioni. Molto surreale infatti il cappello sopra il filo elettrico, immobile, senza la presenza di nessun personaggio. Si può cogliere il surreale, ma non il reale, il vero senso delle cose.

La storia de “La notte” è quella tra marito e meglio che in una giornata, dalla mattina alla mattina del giorno seguente, attraversano Milano, un po’ insieme, spesso ognuno per proprio conto, fino a che arrivano a una festa, dove abbiamo l’esplosione di questa coppia, finendo il film con lui che cerca di riabbracciare lei sul prato all’uscita della villa dove la festa è organizzata da un’industriale che dovrebbe assumere lo scrittore come direttore della comunicazione della sua azienda; a fine del film, Antonioni abbandona all’interno del paesaggio i due ex amanti ed ex coniugi con una carrellata o un dolly che li fa perdere di vista e uscire dal quadro. Nel girovagare di lei, si imbatte in una rissa tra due ragazzi in cui cominciano a picchiarsi alla periferia S. Giovanni, parte desolata di Milano.

La storia non mostra però un montaggio e una scelta d’inquadrature attente alle regole cinematografiche ma vuole, forse esagerando, disturbare e scuotere lo spettatore con attacchi o scelte registiche piuttosto particolare e che risultano fortemente evidenti all’interno della narrazione. In una scena, dopo un ora del film, abbiamo uno sfasamento de La Notte, in cui la cornice ci manda Antonioni risulta quasi impercettibile.

E’ Bello qui, vero?

La Notte

A tale frase la donna e lei annuisce e avviene una sovrapposizione dell’inquadratura, overlapping, sovrapposizione del solito momento da due punti di vista diversi, si ripete l’azione; il montaggio interrompe la linearità temporale, come se fosse un errore di montaggio. Ci dice Antonioni che ha forte consapevolezza di aver commesso degli errori di grammatica, con le inquadrature che anche non si connettono bene tra loro, per spiazzare lo spettatore attento, per far capire che il cinema era una costruzione formalizzata. Inserisce anche piccole ellissi temporali, rendendo il tutto più instabile e irreale.

La macchina da presa alla fine abbandona questi due ex amanti nel parco, non interessandosene più di questi personaggi, un po’ come succede nel finale apparentemente classico di loro che sia abbracciano, che sembra che ritornino a mettersi insieme, ma la parola fine non esce da questo abbraccio, ma la cinepresa si sposta, va da un’altra parte, finendo su un vigile urbano, negando la struttura classica, del cinema americano. La dissoluzione del personaggio di Giovanni sta anche in piccoli indizi che ci dà Antonioni, ad un certo punto lui dice di essere soltanto memoria, e lei alla fine gli legge una lettera e lui gli domanda chi l’ha scritta, e lei risponde lui, quindi alla fine non è manco più memoria.   

La notte ha un’andatura ritmica, speculare, ripetitiva molto forte. Abbiamo due personaggi, una matta di un coma che viene trovata all’ospedale e la stravagante figlia dell’industriale, una seduce l’altra che vorrebbe essere sedotta dal protagonista, e avvengono in due ambienti contrapposti; da una parte la stanza dell’ospedale che è solo una parete bianca in cui ci sono questi due corpi, soprattutto quello della donna, dall’altro una parte della casa dell’industriale, con riflessi sui vetri, punti di fuga, scale che salgono, vetrate, quindi non c’è la nudità come per la prima seduzione. Ma sono due facce della stessa medaglia nei confronti del protagonista.

Le tematiche de La Notte

  1. La storia della coppia: l’uomo che si sgretola, la donna che nasce
  2. La vecchia cultura (in cui l’intellettuale non aveva lo scopo di diventare una figura garante del potere istituzionale o economici; la nuova cultura (l’ornamento dei poteri economici). Questa contrapposizione è espressa in un libro molto bello di uno scrittore francese, il primo a cogliere questa trasformazione in atto, Julien Bendat, 1957, il tradimento dei chierici, che una volta erano molto vicini ai problemi della chiesa, erano anche sacerdoti del medioevo che vagano per imparare qualcosa, la cultura. Il vecchio intellettuale era la figura che occupava tutta la sua vita nella ricerca del sapere, che desse senso alla vita sua e a quelli degli altri, non del successo, e questi sacerdoti vagavano e viaggiavano per tutta l’Europa. Lo scopo degli intellettuali era conoscere la migliore comprensione dell’uomo, e d’insegnarlo. L’intellettuali non sono più persone che lottano per i poveri, contro i poteri, diventando i garanti e i fiori all’occhiello dei poteri economici. La morte del vecchio intellettuale che aveva lavorato tutta la vita per cercare di capire i difetti della società, per poi combatterli.
  3. Milano che cambia; la vecchia e la nuova Milano, già dalla prima inquadratura del film. Il caricamento dell’immagine: La capacità di caricare dentro l’immagine una serie di simboli e anche conflitti, una serie di oggetti che rappresentano un contrasto. Nell’incipit della storia vediamo la liberty, molto ornamentale, e a destra la forme geometrica bianca più assottigliata e snella, del grattacielo Pirelli, monumento simbolo del miracolo economico, pieno di uffici, che si sviluppa in verticalità, e considerato all’epoca come il grattacielo più alto d’Europa. La natura dell’albero piuttosto povera, quasi indifferente, un edificio della vecchia Milano, liberty uno dei momenti più belli tra arte e architettura, e poi il simbolo della modernità. Natura/ Vecchia Milano/ Nuova Milano; la natura è sempre un mistero, e lui ha della natura un interesse straordinario ma anche pieno di timore, di paura e di mistero. Bellissima discesa lungo il grattacielo Pirelli, un pezzo di virtuosismo tecnico, che realizza tramite un ascensore costruito appositamente che scende lungo le pareti e finestre, e che ci permette d’inquadrare tutto come in uno specchio, come se tutto fosse falso, un’apparenza. Mentre passano i titoli di testa, e vediamo una Milano in costruzione, piena di cantieri, come se volesse dirci in maniera ancora oscura all’essere vs all’ apparire. Poi con uno stacco si passa al personaggio morente che chiede la morfina, e poi si passa da una strada con l’automobile con i due protagonisti che giungono alla clinica, dove una macchina demolitrice demolisce una casa, quindi Tommaso morente è il simbolo della vecchia Milano morente. Giovanni lo tratta come ignorando la morte, che se la cava con poco, e Lidia che non riesce a trattenere le lacrime.

Il finale de La Notte

La notte è passata, ognuno dei due ha fatto il suo percorso; lei durante la notte telefona in clinica e ha saputo della morte di Tommaso, Giovanni ha continuato a fare la corte a Valentina, ha ricevuto l’offerta milionaria da parte del commendatore che intende fargli scrivere la storia della ditta, garantendogli un posto fisso, e utilizzandolo per scopi auto – celebrativi, ben pagato dal potere economico dell’industria. Al mattino, l’orchestra continua a suonare, gli ospiti alla festa sono mezzi addormentati, anche ubriachi, e i due si avviano verso il prato; lei gli racconta l’importanza che Tommaso aveva avuto nella sua vita, che Tommaso non si era mai stancato d’insegnarle di avere fiducia in se stessa, di credere nelle sue proprie capacità, lui la guarda stupito e poi c’è la storia tremenda della lettera che lei gli legge per intero, e che lui non riconosce, anche se fu proprio lui a scriverla. Questa natura che all’inizio del film appariva come un punto scuro, adesso sta per invadere tutto, fino a cancellare i personaggi. C’è un montaggio strepitoso, perché Giovanni viene guardato sempre da un unico punto di vista una quindicina di volte, mentre Lidia è come accarezzata dalla mdp, che la guarda da tutti i punti di vista possibili, da vicino, da lontano, ci gira intorno, tutto il corpo. In blow up il tempo della narrazione, della storia, dura 24 ore, qui ancora meno      

Note positive

  • Sceneggiatura
  • Interpretazioni
  • Scena finale

Note negative

  • Montaggio che manca di ritmo narrativo e di coinvolgimento nella storia
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