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La Padrina – Parigi ha una nuova regina
Titolo originale: La Daronne
Anno: 2020
Paese: Francia
Genere: Commedia, Poliziesco
Produzione: Les Films du Landemain
Distribuzione: I Wonder Pictures
Durata: 106 min
Regia: Jean-Paul Salomé
Sceneggiatura: Jean-Paul Salomé
Fotografia: Julien Hirsch
Montaggio: Valérie Deseine
Musiche: Bruno Coulais
Attori: Isabelle Huppert, Hippolyte Girardot, Farida Ouchani, Liliane Rovere, Iris Bry, Nadja Nguyen, Rebecca Marder, Rachid Guellaz, Mourad Boudaoud, Abbes Zahmani, Yann Sundberg, Youcef Sahraoui.
La Padrina – Parigi ha una nuova regina (titolo originale, La Daronne) è una commedia poliziesca firmata da Jean-Paul Salomé. Tratto dall’omonimo romanzo di Hannelore Cayre (edito in Italia da Edizione leAssassine), il film vede protagonista una pietra miliare del cinema, Isabelle Huppert. Nelle sale italiane dal 14 ottobre 2021, La Padrina mostra una donna mentre, da sola, si destreggia in un labirinto di difficoltà, autoproclamandosi la “regina di Parigi”.

Trama de La Padrina – Parigi ha una nuova regina
Isabelle Huppert interpreta Patience Portefeux, nome che non rispecchia la personalità scoppiettante di colei che, nel corso del film, diverrà la nuova “regina” di Parigi. Patience è una traduttrice arabo – francese e lavora come interprete per la squadra antidroga di Parigi. Proprio durante un’intercettazione, Patience riconosce una persona a lei cara: l’infermiera della casa di riposo in cui vive la madre (Liliane Rovere). Così, col fine iniziale di aiutare l’amica, Patience sceglie di cogliere l’occasione per rivoluzionare la sua esistenza, fino a quel momento non senza problemi. In un maldestro ma astuto doppio gioco, Patience Portefeux conduce una vera e propria doppia vita, da cittadina modello a temuta e ricercatissima trafficante di un immenso carico di droga.

Recensione de La Padrina – Parigi ha una nuova regina
Il nuovo film di Jean-Paul Salomé sembra scritto appositamente per Isabelle Huppert. Probabilmente, senza di lei, il personaggio di una donna così apparentemente fragile, la quale da un giorno all’altro si trasforma in un boss della malavita, non sarebbe stato lo stesso. La storia sembra riprendere lontanamente la serie di grande successo Breaking Band, solo che tutto è volto al femminile; le vicende partono proprio dalla sensibilità di una donna capace di guardare oltre il confine del “giusto” e dello “sbagliato”, andando oltre – e contro – la contemporanea concezione di “delinquenza”, per aiutare e… aiutarsi. Non solo bontà d’animo e solidarietà femminile, Patience (nome quasi ridicolo, che già annuncia la vena comica della pellicola) è infatti anche molto, molto astuta. È altresì vero che, nel vedere le scelte e le azioni di Patience, allo spettatore risulta difficile giudicarla…un po’ perché lei in sé, c’è da dirlo, risulta “comica”. Insomma, non può che stare simpatica…anche se con una vita non proprio rosa e fiori; la leggerezza (almeno apparente) con cui Patience affronta tutto è quasi destabilizzante e non è facile capire se sia un’incurabile ottimista o talmente devastata – e ormai inaridita – da far sì che nulla la tocchi davvero.

Tutto quel che di male accade nella vita della donna e nel film, non viene percepito negativamente, perché coperto da un particolare velo di (non sempre) controllata ironia e, forse, spensieratezza. Il rischio è quello di andare nel ridicolo, o in scene alquanto surreali: davvero nessuno, nel dipartimento antidroga, durante intercettazioni importantissime, riesce ad accorgersi di traduzioni letteralmente improbabili e inventate? Se il filo conduttore della storia ha un sapore poliziesco, la vena di comicità è preponderante. Alle volte, fin troppo. O questa non è altro che una mossa ben studiata, ma non necessariamente – e sempre – ben riuscita: come quella di portare all’esagerazione alcuni dettagli, mostrando tutti i possibili pregiudizi su alcune etnie. Una scelta sempre molto rischiosa, dove non è mai sicuro dove finisca lo scherzo e dove possa iniziare l’offesa.
Vero è che ne La Padrina alla fine, trionfa sempre la solidarietà, prima femminile, poi umana. Certo, solidarietà bizzarra, perché proveniente da fatti e situazioni oltre al confine della legalità. Nel corso dell’intera storia, quel che viene continuamente da chiedersi è: ma il fine giustifica i mezzi? Se bello è vedere delle donne combattere insieme, senza mai lamentarsi e completamente indipendenti da figure maschili – anzi, sono le donne a “salvare” gli uomini – sono proprio le figure femminili a fare quel che non si dovrebbe, per quanto per motivi “comprensibili”. Intanto, gli uomini vengono continuamente illusi, intimiditi o, in un modo o nell’altro, messi sotto scacco: che essi siano poliziotti, spacciatori poco svegli o pericolosi trafficanti.
In conclusione
Se la storia in sé non è senza difetti e la trama, per quanto particolare, non sia poi così sorprendente, a vincere è l’insolito personaggio interpretato dalla magistrale Huppert. Una traduttrice dall’arabo al francese che lavora per una squadra di agenti della narcotici di Parigi, insospettabilmente pronta a prendere strade rischiose, con un curioso misto di egoismo e paradossale altruismo. Patience la “malavita” ce l’ha – letteralmente – nel DNA, anche se non si direbbe, ma come i più grandi boss dei film, quando ama, ama davvero e… guai a chi le tocca la famiglia.