Lost Girl (2021). La discesa nella disperazione 

Recensione, trama e cast del film russo Lost Girl (2021), dal titolo originale Gerda. Un lungometraggio presentato al Locarno Film Festival 2021
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Trailer di Lost Girl

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Terzo lungometraggio della cineasta russa Natalya Kudryashova (Pioneer Heroes, Berlinale 2015), “Lost Girl”, conosciuto a livello internazionale con il titolo “Gerda”, è stato presentato in anteprima mondiale al Locarno Film Festival 2021 nella sezione “Concorso internazionale”. Il film ha ottenuto il Junior Jury Award – “Environment Is Quality of Life” e il premio per la miglior attrice, assegnato alla giovanissima Anastasiya Krasovskaya, una modella bielorussa alla sua prima esperienza cinematografica. La regista Kudryashova ha impiegato un anno per trovare l’interprete del personaggio principale, effettuando molteplici casting con attrici professioniste senza successo. Alla fine, ha deciso di organizzare un flash mob sui social network, a cui ha risposto proprio Anastasiya Krasovskaya.

Natalya Kudryashova

Circa un anno prima dell’inizio delle riprese, ho iniziato a cercare Gerda. Ho cercato in tutto il teatro di Mosca, così come a San Pietroburgo, molte attrici, ma nessuna era adatta. Molte persone si sono unite alla ricerca, e sono molto grato a coloro che mi hanno sostenuto con un flash mob su Instagram. Alla fine, la mamma di Anastasiya Krasovskaya ha visto il post di Maxim Vitorgan riguardo la ricerca dell’attrice, e ha convinto la figlia a inviare una lettera, senza sperare in nulla. Quando abbiamo invitato Anastasiya ad un casting a Mosca, si è spaventata e ha rifiutato all’improvviso. Alla fine, mio marito e il cameraman del film Vasily Grigoliunas hanno passato quasi un’ora al telefono con la madre di Anastasiya Krasovskaya e l’hanno convinta che questa era una grande opportunità per mettersi alla prova. Avevo grossi dubbi sul fatto di prendere una non attrice per il ruolo principale. Anastasiya Krasovskaya non sapeva affatto ballare e non aveva idea di come si girasse un film. Ma ho guardato Anastasiya Krasovskaya e ho capito intuitivamente che avrei potuto fare di lei la mia eroina. E ho corso il rischio. 

Dopo essere stata presentata in anteprima al festival svizzero l’8 agosto 2021, la pellicola “Lost Girl” è stata distribuita nei cinema russi a partire dal 14 ottobre 2021. In Italia, è stata resa disponibile al pubblico direttamente in home video, attraverso un’edizione DVD distribuita da Blue Swan insieme a Eagle Pictures, a partire dal 29 maggio 2024.

Trama di Lost Girl

In una cittadina russa grigia e povera, Lera (Anastasiya Krasovskaya), una giovane studentessa silenziosa e introversa che studia all’Università di Scienze Sociali, fatica a raggiungere una vita felice a causa della sua drammatica situazione familiare. I suoi genitori, recentemente separati, non riescono a mantenere un rapporto equilibrato a causa di alcuni problemi psicologici che li affliggono. Suo padre, interpretato da Darius Gumauskas, è un uomo violento e alcolizzato, disposto a spaccare la porta di casa pur di entrare nella sua vecchia abitazione e vedere nuovamente la sua famiglia. La madre di Lera, interpretata da Yulija Marchenko, è incapace di prendersi cura di sé stessa e della figlia, costringendo Lera a fargli da madre, a causa della sua salute mentale molto precaria che la rende instabile psicologicamente, fino ad avere istinti suicidi. Lera si occupa così di loro mentre porta avanti gli studi universitari e, per un esame di sociologia, deve condurre un sondaggio, trovandosi costretta a bussare ai vari appartamenti della squallida città russa e interagire con persone sconosciute. Se di giorno Lera è una ragazza introversa priva di vere amicizie, a esclusione di quella con un pittore-becchino, di notte si trasforma in Gelda, una ragazza che lavora in uno strip club esibendosi in pole dance e spogliandosi per uomini paganti. In questa routine infinita trascorrono le tristi giornate di Lera, che trova un piccolo sollievo alla sua vita infelice solo nei sogni.

Anastasiya Krasovskaya in Lost Girl (2021)
Anastasiya Krasovskaya in Lost Girl (2021)

Recensione di Lost Girl

Blue Swan Entertainment presenta la sua edizione home video di “Lost Girl” come una pellicola di genere thriller, ma di thriller non c’è assolutamente nulla in questo lungometraggio. “Lost Girl”, o come andrebbe meglio chiamato “Gerda” (scelta del titolo italiano difficile da comprendere), è un film che ci immerge in un realismo sociale dalle tinte fiabesche, spirituali, metafisiche e oniriche, al fine di raccontare uno spaccato crudo e sociologico di una provincia russa, non meglio specificata nella narrazione. Il racconto complesso riesce a citare e rifarsi concettualmente a testi filosofici, come quello di Platone e il suo pensiero sull’anima, fino a evidenti similitudini e connessioni tra la protagonista del film e quella della fiaba danese “La regina delle nevi” di Hans Christian Andersen del 1844. La regista ha ripreso volutamente scelto di dare all’alter ego della sua protagonista del film, il nome di Gerda, un riferimento evidente alla protagonista della fiaba del 1844, dove se il personaggio maschile è chiamato Kay quello femminile è proprio Gerda. Il pubblico comprenderà, in seguito, che la natura e la scelta di questo nome da parte di Lera, proviene proprio da questa fiaba quando all’interno del night club affermerà, come quel nome gli fosse stato dato da sua madre, grande appassionata di fiabe.

Sebbene Natalya Kudryashova non sia stata interessata a effettuare una rivisitazione moderna della fiaba di Andersen, è evidente come abbia fatto riferimento alla Gerda de “La regina delle nevi” per delineare il carattere e l’interiorità di Lera. Se Gerda è una bambina che intraprende un lungo e difficile viaggio per salvare un amico, incontrando vari individui lungo il percorso, Lera non è così divergente, anzi. Lera, come Gerda, risulta essere un personaggio altruista, una ragazza che si preoccupa più degli altri che della propria felicità, una ragazza che cerca di aiutare gli altri a superare i loro problemi e dolori senza ricevere come avviene proprio nella fiaba, nessun tipo di ringraziamento da parte di coloro che aiuta e che, praticamente, salva.

Nel corso della drammaturgia filmica, Lera tenta in tutti i modi di salvare e rendere felice sua madre, una donna affetta da problemi psichiatrici, occupandosi completamente di lei, tanto da mantenerla economicamente lavorando come spogliarellista notturna. Oltre ad aiutare la madre, Lera non si tira indietro nemmeno quando altre persone si trovano in difficoltà o in situazioni di grande disagio e infelicità. Questo è il caso di una bambina incontrata casualmente durante un sondaggio o di una collega di lavoro che, a causa della sua dipendenza dalla droga, si trova una sera tra la vita e la morte e solo l’altruismo di Lera le impedisce di perdere la vita.

Nonostante il suo aiuto rivolto agli altri, Lera, a causa della gelosia o della malattia mentale altrui, non riceve nessun segno di gratitudine. Questa condizione la relega sempre più in una situazione di solitudine e tristezza interiore, dove si trova, da sola, a dover farsi carico della protezione degli altri, non tanto per scelta, ma per costrizione e necessità. Il suo intervento salvifico, come se fosse un angelo custode – non a caso viene mostrata una foto in cui sembra avere due ali angeliche dietro di lei – è necessario per impedire agli altri (padre, madre e collega di lavoro) di distruggersi. La vita di Lera è una vera e propria tragedia per lei, una tragedia da cui non riesce a uscire. Il film ci parla proprio di questio suo viaggio, risultando una sorta di particolare pellicola di formazione a tinte di dramma familiare.

La pellicola presenta evidenti scene oniriche, come le riprese subacquee che rappresentano visivamente i sogni in una scenografia che unisce il mondo della foresta a quello acquitrinoso, creando scene suggestive. Tuttavia, il lungometraggio funziona soprattutto nella rappresentazione della condizione sociale e della tristezza che pervade le persone di questa provincia russa. Gli elementi onirici appaiono più come interessanti espedienti visivi piuttosto che approfondimenti narrativi utili, risultando più estetici che significativi. La loro eliminazione non avrebbe minimamente compromesso la comprensione del film. Se un film inserisce elementi onirici, dovrebbe farlo con maggiore profondità, conferendo un senso emotivo a queste sequenze, che invece in “Lost Girl” hanno un valore esclusivamente estetico.

A livello estetico, la pellicola è ben realizzata sia registicamente che fotograficamente, con una fotografia che diventa espressione narrativa. Le scelte scenografiche trasmettono il senso di tristezza e frustrazione della protagonista e delle persone che vivono in questa provincia, mostrate attraverso i sondaggi che la ragazza effettua con vari sconosciuti, tutti individui interiormente spezzati. La pellicola predilige colori grigi, freddi e cupi nelle scene quotidiane, sia all’esterno che all’interno dell’abitazione della protagonista. Per quanto riguarda il mondo dello Strip Club, la regista ha scelto una luce rossa e scura per le scene più hot e una luce gialla nel camerino. Queste scelte cromatiche sono molto significative e donano una maggiore profondità filmica. Le scene notturne nel club sono valorizzate, dunque, da colori tenui e caldi, mentre nelle scene diurne, soprattutto quelle casalinghe e rivolta alla sua famiglia, sono realizzate attraverso l’uso di palette fredde e cupe, creando un contrasto netto e significativo: il lavoro che Lera svolge, per quanto degradante, è per lei necessario per evadere da una vita di totale infelicità, nonostante la vita di Gerda sia tutt’altro che semplice a causa dei problemi che ha con le altre colleghe di lavoro che non fanno altro che attaccarla e bullizzarla.

“Lost Girl” a tratti può risultare un film prolisso, impiegando molto tempo prima di entrare nel vivo dell’azione e raccontando una storia piccola che si concentra sul risveglio interiore della protagonista, la quale deve prendere una decisione netta sulla propria vita: continuare ad aiutare gli altri o inseguire la propria felicità? Il ritmo del film è abbastanza lento, a tratti eccessivamente, consentendo allo spettatore di immergersi gradualmente all’interno della narrazione fino alla sua conclusione con una scena piuttosto espressiva e onirica che conferisce un significato profondo alla storia, soprattutto a livello filosofico e concettuale sul tema dell’anima secondo Platone.

Nonostante il ritmo a tratti eccessivamente lento e la tendenza della pellicola a soffermarsi troppo su sé stessa, dando l’impressione che la storia non stia progredendo. Ciò che colpisce è l’abilità attoriale dell’emergente Anastasiya Krasovskaya, tanto che si ha la sensazione che Lera sia il personaggio perfetto da interpretare per questa giovane modella bielorussa. L’attrice, che ha dovuto imparare la lap dance per interpretare il personaggio, riesce a esprimere tutto il dolore del suo personaggio, incarnando una ragazza intrappolata e bloccata in una vita di infelicità dalla quale non riesce ad uscire. Vedremo raramente un sorriso sul suo volto, ma quasi esclusivamente una faccia neutra, quasi inespressiva, simbolo del suo stato di blocco emotivo.

Fotogramma di Lost Girl (2021)
Fotogramma di Lost Girl (2021)

In conclusione

“Lost Girl” si distingue per la sua narrativa che fonde realismo sociale e elementi fiabeschi, offrendo uno sguardo penetrante sulla provincia russa e sulle sue persone. Sebbene il film si allontani dalle aspettative di un thriller, la sua forza risiede nell’approfondimento dei temi sociali e psicologici, con evidenti riferimenti alla fiaba di Hans Christian Andersen. La protagonista, Lera, incarna un altruismo struggente, lottando per la felicità degli altri mentre affronta la sua solitudine interiore. Sebbene il ritmo possa essere considerato lento e alcune sequenze oniriche siano più estetiche che significative, la pellicola brilla per le performance degli attori e per la sua rappresentazione visiva della condizione umana. “Lost Girl” si rivela un viaggio emotivo e concettuale, che affronta con profondità temi universali come la ricerca di sé e il significato dell’altruismo.

Note positive:

  • Profondità sociale e psicologica: Il film offre uno sguardo approfondito e realistico sulla vita in una provincia russa, esplorando temi come la solitudine, la frustrazione e il desiderio di fuga da una realtà oppressiva e infelice.
  • Interpretazione dell’attrice protagonista: Anastasiya Krasovskaya offre una performance toccante e coinvolgente nel ruolo di Lera, trasmettendo efficacemente il dolore e la tristezza del personaggio attraverso espressioni facciali e gesti emotivi.
  • Estetica cinematografica: La regia e la fotografia del film sono lodate per la loro capacità di creare un’atmosfera cupa e avvolgente, attraverso l’uso di colori freddi e cupe, che contribuiscono a enfatizzare lo stato d’animo dei personaggi e l’ambientazione della storia.
  • Riferimenti filosofici e simbolici: La presenza di elementi onirici e metafisici aggiunge profondità al film, offrendo spunti di riflessione sui temi dell’anima, della libertà e della ricerca della felicità, con riferimenti a Platone e alla fiaba di Hans Christian Andersen.

Note negative:

  • Ritmo narrativo lento: Alcuni spettatori potrebbero percepire il ritmo del film come troppo lento e prolisso, con una narrazione che impiega del tempo ad entrare nel vivo dell’azione e a sviluppare la trama principale.
  • Elementi onirici non pienamente sfruttati: Sebbene le sequenze oniriche aggiungano un tocco di fascino estetico al film, alcuni potrebbero ritenere che non siano pienamente integrate nella narrazione e che non contribuiscano in modo significativo allo sviluppo dei personaggi o della trama.
  • Personaggi secondari troppo superficiali
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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.

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