L’uomo sulla strada (2022): Oltre le ombre del passato – RFF17

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L'uomo sulla strada locandina film

L’uomo sulla strada

Titolo: L’uomo sulla strada

Anno: 2022

Nazione: Italia

Genere: thriller, drammatico

Casa di Produzione: Eagle Pictures

Distribuzione: Eagle Pictures

Durata: 110 min

Regia: Gianluca Mangiasciutti

Sceneggiatura: Serena Cervoni, Mariano Di Nardo

Fotografia: Luca Ciuti

Montaggio: Francesco di Stefano

Musiche: Alessandro Bencini

Attori: Aurora GiovinazzoLorenzo Richelmy, Astrid Casali, Eugenio Gradabosco, Marit Nissen, Jozef Gjura, Elisa Lucarelli

https://youtu.be/Sl1E6D4yuv8
Trailer ufficiale del film L’uomo sulla strada

L’uomo sulla strada è un thriller made in Italy diretto da Gianluca Mangiasciutti, al suo primo lungometraggio. Il cineasta romano, classe ’77, dopo aver svolto il ruolo di assistente alla regia per numerosi film, serie e spot, scrive e dirige negli anni diversi cortometraggi apprezzati da pubblico e critica tra cui Dove l’acqua con altra acqua si confonde (2015), candidato ai David di Donatello, al Globo d’Oro, vincitore del premio Studio Universal e del premio Rai Play. Co-regista per la commedia In bici senza sella (2016), il director approda ora dietro la macchina da presa per girare un film dalle tonalità opache, impastate con l’irresistibile elemento del melo. Scritta da Serena Cervoni e Mariano Di Nardo a partire da un soggetto insignito, nel 2010, del Premio Solinas – Storie per il cinema, l’opera filmica racconta la storia di due vite in lotta con i traumi di un passato oscuro, che non smette di bussare alle porte del presente. Presentato il 15 ottobre 2022 in anteprima mondiale alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Panorama Italia di Alice nella Città, il film uscirà nelle sale a novembre, con Eagle Pictures.

Trama di L’uomo sulla strada

Irene (Aurora Giovinazzo) ha otto anni quando assiste come unica testimone alla morte del padre per mano di un pirata della strada che scappa via. Perseguitata, negli anni, dal senso di colpa per non riuscire a ricordare il volto dell’assassino, la ragazzina diventa una adolescente ribelle e introversa con l’unica ossessione di scoprire l’identità dell’uomo che le ha tolto per sempre l’affetto paterno. Incapace di gestire la sua vita e di dominare i suoi impulsi di rabbia, Irene decide di lasciare la scuola. Nel giro di poco tempo, così, riesce a trovare lavoro in una fabbrica, il cui proprietario è Michele (Lorenzo Richelmy) proprio il tizio sconosciuto che, anni fa, era al volante dell’auto che ha ucciso suo padre. È lui che la riconosce, non appena gli viene riferito il nome da un’operaia. Si tratta di una rivelazione destabilizzante, che lo catapulta indietro nel tempo al giorno di quell’orribile accaduto. Seppur scosso e disorientato dalla sua assidua presenza, il giovane imprenditore decide, comunque, di tenerla in prova. La sua, però, è una scelta pericolosa, che rischia d’infrangere il suo nuovo equilibrio esistenziale e, soprattutto, di far tornare alla luce una verità troppo dolorosa.

Recensione di L’uomo sulla strada

«Chi ben comincia è già a metà dell’opera», recita un famoso proverbio. E L’uomo sulla strada, come ogni thriller che si rispetti, comincia con il piede giusto. Con l’architettura di un incipit dall’atmosfera cupa e ricca di suspense, in cui il verificarsi degli eventi è così rapido e brutale che lo spettatore non può non rimanerne catturato. Una zona boscosa situata in un luogo di montagna imprecisato è il pungente setting d’avvio del racconto cinematografico. In scena compare una graziosa bambina che chiama il papà, con cui sta raccogliendo i funghi, durante una comune gita autunnale fuori porta. D’improvviso, però, il tempo cambia. Il sole cala, il cielo inizia ad annuvolarsi e un sottile presagio di sventura sembra farsi strada nell’aria e dintorni.

Nell’arco di pochi minuti, infatti, accade l’irreparabile: un rumore assordante scuote l’attenzione della piccola. Impaurita e disorientata, corre verso la strada nella speranza di vedere il padre venirle incontro. Ma l’immagine che gli si presenta davanti non è piacevole. Un urlo che risuona in ogni dove comunica allo spettatore una morte a bruciapelo. Quella di un uomo ucciso da un pirata della strada che, resosi conto dell’omicidio commesso, fugge senza prestare il dovuto soccorso. Prima, però, si assiste a un fugace scambio di sguardi tra il conducente e la bimba. E’ un contatto visivo fulmineo, che sembra preannunciare l’avvento di un incontro futuro, necessario a sistemare una faccenda che non può restare in sospeso.

E così, infatti, succede. Un salto temporale ci porta nel fluire di un presente anonimo, in cui a dominare la scena è la rabbia incondizionata di Irene, oramai diciottenne, cresciuta con un peso sul cuore troppo grande da sorreggere. Tutta la sua intera esistenza è focalizzata sul ricordo della morte del padre. Sulla mancata giustizia nei confronti di un uomo il cui assassino gira ancora a piede libero. E, nonostante lei si sforzi di ricostruirne la fisionomia su carta, proprio non riesce a ricordarselo. Così, Irene spende le sue giornate di gioventù alimentata dal rancore e dall’astio per una sorte ingrata e ingiusta, arrivando a gettare nel dimenticatoio persino la passione per il nuoto, l’unica cosa che riesce a farla stare a galla.

L’occhio filmico segue e registra con rigore la folgorante presenza scenica della protagonista dalle spalle larghe, alle prese con l’urgenza di scacciare via un malessere che le impedisce di vivere con serenità la sua età, nonché i suoi rimanenti rapporti familiari. Il suo, dunque, è un profilo caratteriale turbolento: il ritratto ben costruito di una ragazzina già donna, che cerca di esorcizzare i demoni del passato buttandosi a capofitto in un lavoro manuale e dandosi al sesso occasionale. Ergo, tutto fa brodo, se serve ad alleviare un dolore che non se ne va. Nonostante i turbamenti e la fatica professionale, Irene va avanti per la sua strada, a testa alta e con lo sguardo sempre fiero, tipico di chi ha imparato a cavarsela da sé. Insomma, vive in un mondo tutto suo, solitario e sregolato, fatto di silenzi loquaci e frenetiche valvole di sfogo.

Michele e Irene dialogano in un bar

La sua attitudine non può che destare l’attenzione di Michele, che, dapprima incarna il ruolo di accorato protettore, per poi trasformarsi, lentamente, in quello di amante inconsapevole. Ecco che, allora, lo spettatore si imbatte nel nucleo narrativo di maggiore interesse: il rapporto ambiguo – e per questo fascinoso – che si viene a creare fra i due personaggi in contatto. Inizialmente, Michele, come se volesse ripulirsi la coscienza per il misfatto commesso, cerca di assicurarsi che Irene stia bene. Così, non esita a spiarla, in silenzio, con fare sommesso, fino a quando non viene colto in flagrante dalla giovane. In breve tempo, tra i due nasce una chiara intesa. Una sintonia sospetta, manifestata principalmente a suon di frasi motivazionali e dialoghi notturni in un fast-food. Si tratta di occasioni quotidiane e private, che permettono ai personaggi di ritagliarsi un momento di innocua intimità e apertura personale. Ma il passaggio dal terreno della confidenza amicale a quello della seduzione è piuttosto rapido. Dunque, ecco innescarsi un gioco attrattivo-repulsivo che vivifica l’impianto della sceneggiatura e conquista chi sta dall’altra parte dello schermo.

Nonostante l’affetto amoroso aleggi nell’aria che entrambi respirano, Michele sa che non può darsi totalmente a Irene come vorrebbe. Non è unicamente una questione di potere, ma di rimorso di coscienza. Il pensiero ossessivo di averla privata del padre, in un modo così brusco e meschino, non gli dà pace. Non gli consente di guardare al presente e progettare il futuro dei suoi sogni. Per cui, per quanto sia difficile, è necessario confessare la verità, perché solo così sarà possibile dare spazio al sentimento libero dalle ombre del passato. Così, per gradi e attraverso una narrazione ritmata, priva di tempi morti, si giunge al momento della confessione finale. A quella sentenza cruciale che provoca, come naturale conseguenza, la catarsi interiore dei nostri personaggi, nonché l’esplosione liberatoria di un dolore filiale trattenuto troppo a lungo. Allora, scontata la colpa, è tempo di tornare a rincorrere i propri desideri. E’ ora di tornare a guardarsi. Solo che questa volta a scambiarsi l’anima nello spazio visivo di un fotogramma non sono due nemici, ma due innamorati.

Fotogramma di L'uomo sulla strada
Fotogramma di L’uomo sulla strada

In conclusione

Gianlunca Mangiasciutti gira un lungometraggio di notevole impatto, capace di tenere incollati allo schermo sino al termine della visione, grazie all’assemblaggio di elementi che dialogano in perfetta armonia: sceneggiatura, regia, fotografia e montaggio. Tutto è a servizio di una messa in scena coinvolgente, curata nella confezione dei dettagli visivi e narrativi e in grado di regalare al pubblico una buona carica di emozioni. Un plauso doveroso ad Aurora Giovinazzo, perfettamente all’altezza del ruolo, mai banale nel restituire il dolore e la passione sinceri del personaggio che interpreta. Non da meno, peraltro, è la prova attoriale di Lorenzo Richelmy, in grado di sfoggiare con efficacia le molteplici sfaccettature caratteriali del tipo tenebroso offuscato dai sensi di colpa . Al netto, rimane una storia che lascia il segno.

Note positive

  • Un film d’impatto emotivo
  • Interpretazione di Aurora Giovinazzo e Lorenzo Richelmy

Note negative

  • /
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