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Mosul
Titolo originale: Mosul
Anno: 2019
Paese: USA
Genere: Guerra, drammatico
Produzione: AGBO, Conde Nast Entertainment
Distribuzione: Netflix
Durata: 101 min
Regia: Matthew Michael Carnahan
Sceneggiatura: Matthew Michael Carnahan
Fotografia: Mauro Fiore
Montaggio: Alex Rodriguez
Musiche: Henry Jackman
Attori: Suhail Dabbach, Adam Bessa, Is’Haq Elias, Thaer Al-Shayei, Waleed Elgadi, Hayat Kamille, Anouar H. Smaine
Trama de Mosul
2014. La città irachena di Mosul è disastrosamente occupata dall’ISIS. L’unità di polizia SWAT, privata ormai di ogni tipo di affetto o possedimento personale, senza più casa e famiglia, scende direttamente in campo per combattere e contrastare in maniera diretta l’organizzazione jihadista.
La squadra, guidata da Jasem (Suhail Dabbach) salva la vita a un giovane poliziotto Kawa (Adam Bessa) sopravvissuto a uno scontro a fuoco in un’operazione che ha visto invece la morte dello zio dello stesso giovane. Spinti, ognuno di loro, dal dolore della perdita di cose o persone care, faranno della vendetta personale il loro unico credo nella lotta contro l’ISIS, nel tentativo di liberare la città da morte e distruzione.
Recensione de Mosul
Ispirato all’articolo del New York Times “The desperate battle to destroy ISIS”, Mosul è l’incredibile esordio alla regia di Metthew Michael Carnahan, padre di note sceneggiature quali The Kingdom, Leoni per agnelli e World War Z, che vanta, tra i ben 17 diversi produttori, i popolari fratelli Anthony e Joe Russo.
Basato sulla reale vicenda del capoluogo d’Iraq, cominciata nel 2014 e conclusasi a favore “dei buoni” il 9 luglio 2017 a un prezzo di circa 40.000 vittime, Mosul condivide, con i precedenti script nati dalla penna di Carnahan, uno sviluppo in seguito a importanti reportage di guerra internazionali e a uno studio approfonditamente storico e dettagliato della vicenda narrata. La pellicola si apre con una serie d’inquadrature dall’alto, che fanno da establishing shot, su una città ampiamente distrutta e rasa al suolo, di cui vivida sensazione percepibile è solo una: distruzione.
E’ un prodotto che ha alla base la necessità di restituire una verità, assumendo in sé tutte le connotazioni profondamente realistiche quali quelle di un romanzo naturalista. A livello visivo ciò è ben espresso, tramite scelte registiche che contrappongo con tempistiche assolutamente centrate, l’alternarsi di tipiche scene di guerriglia immancabili nel cinema di genere e a momenti di sospensione ordinaria e quotidiana. Il tutto, poi, è perfettamente incorniciato da riprese a mano che conferiscono quel tono documentaristico romanzato alla De Seta. La regia, pertanto, tenendo conto che si tratta di un esordio, risulta perfettamente presente a sé e coerente con una sceneggiatura che potremmo definire terrena, per la sua totale aderenza a una realtà neanche troppo lontana, ed estremamente coinvolgente nella linearità e semplicità di dialoghi.

Nel complesso è un prodotto perfettamente riuscito nelle dimensioni in cui è stato ideato e realizzato; un esordio registico e un budget senza troppe concessioni sono riusciti ad riportare un lavoro dignitoso e pienamente focalizzato nel suo intento primario: delineare con un crudo e disarmante realismo gli effetti a breve e lungo termine di una tanto cruenta distruzione a cui molto spesso si è in grado di reagire solo con assoluta freddezza e straniamento, stessa freddezza con cui lo stesso Kawa, dopo la morte di suo zio a cui era tanto affezionato, si sente domandare: “E allora perché non piangi?”
Note positive:
- Sceneggiatura non banale
- Ottimo esordio registico di Carnahan
Note negative:
- Poco spazio lasciato alle interpretazioni attoriali