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Piccole cose come queste
Titolo originale: Small Things Like These
Anno: 2024
Nazione: Irlanda, Stati Uniti d’America, Belgio
Genere: Drammatico
Casa di produzione: Artists Equity, Big Things Films
Distribuzione italiana: Teodora Film
Durata: 1h 24 min
Regia: Tim Mielants
Sceneggiatura: Enda Walsh, Claire Keegan
Fotografia: Frank Van Den Eeden
Montaggio: Alain Dessauvage
Musiche: Senjan Jansen
Attori: Cillian Murphy, Eileen Walsh, Michelle Fairley, Emily Watson, Clare Dunne, Helen Behan, Agnes O’Casey
Trailer di “Piccole cose come queste”
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
Presentato come titolo d’apertura all’ultimo Festival di Berlino, dove Emily Watson si aggiudicò l’Orso d’argento per la miglior interpretazione da non protagonista, “Piccole cose come queste” è il primo lungometraggio interpretato da Cillian Murphy dopo il trionfo agli Oscar con Oppenheimer (2023). Prodotto, tra gli altri, anche da Matt Damon e Ben Affleck, il film diretto da Tim Mielants (“Peaky Blinders“) è ispirato al libro “Piccole cose dal nulla” di Claire Keegan, ed esce nelle sale italiane il 28 novembre 2024 con Teodora Film.
Trama di “Piccole cose come queste”
Bill Furlong (Cillian Murphy) è un uomo tranquillo e taciturno: ha dedicato la vita al suo lavoro come commerciante di carbone e trascorre la restante parte della giornata insieme alla moglie Eileen (Eileen Walsh) e alle loro cinque figlie. Quando scopre un terribile segreto nascosto nel convento locale diretto da Suor Mary (Emily Watson), Bill dovrà decidere se voltarsi dall’altra parte o ascoltare il proprio cuore e sfidare il silenzio dell’intera comunità.

Recensione di “Piccole cose come queste”
Il personaggio interpretato da Cillian, Bill Furlong, vive una sorta di vuoto esistenziale, combinato con un’estrema vulnerabilità. È silenzioso, non parla molto. È il tipo di persona che cerca di proteggersi e di tenersi tutto dentro. Non è un ruolo facile ma Cillian per me è semplicemente uno dei migliori attori del pianeta: non devi dirgli molto, dargli molte indicazioni. Poiché la storia mi toccava da vicino l’ho semplicemente invitato a trovare una connessione personale con il personaggio. Non gli ho mai detto come interpretarla, ho solo condiviso con lui le mie stesse vulnerabilità. Da regista, lavorare con un attore come lui è come ricevere le chiavi di una macchina davvero straordinaria.
Tim Mielants
Cillian Murphy non è più Robert Oppenheimer: depone l’aura da grande scienziato in virtù di un carattere onesto e taciturno, alla cui direzione viene meno l’altisonante regia delle grandi occasioni per lasciare spazio a un’interpretazione più intima e sommessa. Ciononostante, l’attore irlandese non perde il suo sguardo magnetico e diviene la principale attrazione di una storia che varca le limitazioni dello schermo e fa del non detto il suo tratto comunicativo di maggior rilevanza.
Tratto dal manoscritto firmato da Claire Keegan, “Piccole cose come queste” riflette sul delicato tema delle Case Magdalene, una delle pagine più oscure della storia d’Irlanda, negli anni già trattata dall’industria cinematografica con produzioni opportunamente acclamate. In materia di questo lungo e triste segmento della cronaca europea, gli esperti parlano di oltre trentamila ragazze trattenute all’interno delle Magdalene Laundries dietro il benestare del governo irlandese e le sovvenzioni della Chiesa cattolica, con l’obiettivo di “purificare” madri nubili, donne brutte o particolarmente affascinanti che avrebbero rappresentato un disonore per il nome della propria famiglia. Muovendosi a cavallo tra finzione narrativa e trame ispirate ad avvenimenti reali, nel computo di questi numeri imponenti, troviamo citate le protagoniste di “Magdalene”, pellicola del 2002 vincitrice del Leone d’oro al Festival di Venezia, e Philomena Lee, personaggio interpretato da Judi Dench nell’omonimo film del 2013. Se, in un modo o nell’altro, i titoli sopra citati scelgono di raccontare la storia dall’interno, Tim Mielants individua una trama di ampie vedute, prendendosi la libertà di trattare la medesima vicenda veicolato dallo sguardo di un mero spettatore.
Non è un caso, in tal senso, che i pochi ma significativi dialoghi proposti sullo schermo vengano ripresi in campo totale da una stanza all’altra di uno spazio limitante, che altre immagini non si vedano direttamente ma si mostrino riflesse sul vetro di una finestra e che alle lunghe camminate notturne si affianchino carrelli all’occorrenza incapaci di seguire il soggetto. Tale distacco appare quasi inviolabile, o per meglio dire risulta esserlo per i comprimari in scena, ai quali la vicenda resta estranea come se non gli appartenesse. Un diverso trattamento è invece riservato allo spettatore, il quale si concede penetranti primissimi piani utili a scovare sguardi e sospiri di grande significato e profondità.
La già citata intimità del racconto si erge sulla focalizzazione inerente al Bill Furlong prestato allo schermo da un Cillian Murphy in forma smagliante, il cui carattere emerge nelle fattezze dell’uomo comune: diviso tra dedizione al lavoro e attaccamento alla famiglia. Commerciante di carbone, rincasando fa tappa nel suo bagno di modeste dimensioni per lavarsi le mani e raggiungere la moglie e le figlie a cena. Nell’atto di cancellare gli effetti della sua dura occupazione, non mancano i tentativi di rimuovere ricordi lontani ma ancora vividi nella memoria. Il fortuito incontro con una delle Fallen Women e il successivo confronto con la spietata Suor Mary (meravigliosamente interpretata da un’Emily Watson che fa tesoro di un minutaggio non così cospicuo) fanno scattare in Bill qualcosa di inedito per tutta la comunità. Nell’animo del protagonista si espande quel sentimento di giustizia che lo aveva portato a donare una manciata di monete a un bambino che raccoglieva legna sul ciglio della strada. La sorte riservata a quelle ragazze non può lasciarlo indifferente, perché grato a quella donna facoltosa che permise a sua madre di piegarsi a un destino meno duro e altrettanto sagace nel guardare alle sue cinque figlie come un modello non così distante.
Nell’umile e anacronistica cittadina irlandese che contrappone l’oscurità delle cupe notti invernali alle accoglienti luminarie natalizie, riecheggia il silenzio omertoso dei suoi abitanti. Tale incomunicabilità è oculatamente esposta da una sceneggiatura che rinuncia a cospicui dialoghi in forza di un efficace racconto per immagini, in cui battute e movenze assumono un significato più ampio e complesso. In questo clima, lo sguardo di Mielants supera una semplice rappresentazione tragica degli eventi, adagiando l’obiettivo della macchina da presa all’osservazione giudicante di chi sceglie di rimanere estraneo nella convinzione di non essere responsabile.

In conclusione
“Piccole cose come queste” è un titolo filtrato dallo sguardo intimo e profondo del proprio regista, che pone lo spettatore nella posizione di astante e, contemporaneamente, nelle condizioni di scovare dettagli più complessi nell’analisi di sguardi e sospiri. Cillian Murphy ed Emily Watson reggono sulle proprie spalle il minutaggio di un film da vedere, scoprire e analizzare.
Note positive
- Interpretazioni del cast
- Sceneggiatura per nulla didascalica
- Fotografica
Note negative
- Alcuni dettagli avrebbero richiesto un maggior approfondimento