Polytechnique (2009): una fredda rappresentazione della crudeltà

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Trailer del film Polytechnique

Polytechnique di Denis Villeneuve racconta lo sconvolgente massacro avvenuto il 6 dicembre 1989 all’École polytechnique di Montréal, quando il venticinquenne Marc Lépine sparò a 28 persone, uccidendo 14 donne, per poi suicidarsi. Tale evento fu traumatizzante per la cultura canadese, al punto da contribuire alla promulgazione di leggi che avrebbero limitato l’uso delle armi. Si tratta del terzo lungometraggio del regista canadese, arrivato a 9 anni di distanza dal precedente Maelström. Tale pellicola si assicurò numerosi premi a livello locale, tra cui 9 Genie Awards.

Trama di Polytechnique (spoiler)

La narrazione è non cronologica e si struttura sulla base di tre diversi punti di vista, rispettivamente quello dell’assassino, quello dello studente Jean-François e quello della studentessa Valérie, sopravvissuta al massacro.

La mattina del 6 dicembre 1989 un giovane senza nome scrive, all’interno del suo appartamento condiviso, una lettera di addio misogina in cui accusa le femministe di avere privilegi e rivendicare per sé una parità che non le spetta. Prende quindi un fucile con le munizioni e si reca all’École polytechnique di Montréal, dove inizialmente passeggia per i corridoi per poi entrare in un’aula in cui separa maschi e femmine, fa uscire i primi e apre il fuoco sulle seconde. In seguito, esce dalla stanza e spara verso altre donne presenti nella scuola. Infine, il giovane si toglie la vita sparandosi alla testa.

Tra le donne presenti nell’aula si trova Valérie, giovane ragazza che quel mattino aveva avuto un colloquio di lavoro in cui erano state espresse delle perplessità a causa del suo sesso femminile, che non garantirebbe stabilità sul posto di lavoro. La giovane sopravvive alla furia nonostante le numerose ferite, ma rimane profondamente segnata dall’evento, tanto che ad anni di distanza, rimasta incinta, scrive una lettera in cui dichiara di avere paura e di dover ritrovare fiducia nella vita. Sorte diversa spetta all’amica Stéphanie, la quale soccombe nonostante l’iniziale resistenza e i tentativi di soccorso.

Di questa e delle altre morti si sente in colpa Jean-François, studente tra quelli fatti uscire dall’aula prima del massacro. Egli, dopo esser corso a chiamare i servizi di sicurezza, torna nella stanza ma viene creduto essere il killer dalle superstiti, le quali fingono di essere morte. Il rimorso per non essere stato in grado di aiutare le vittime lo inghiottirà fino al suicidio per avvelenamento da monossido di carbonio.

Il killer (interpretato da Maxim Gaudette) in una scena del film

Recensione di Polytechnique

Polytechnique è un film che riesce senza dubbio nel suo intento, ovvero mostrare la ferocia della strage e omaggiare le vittime e le loro famiglie, verso le quali il regista nutre un profondo rispetto dichiarato fin dai titoli di apertura del film, nei quali si specifica che tutti i personaggi sono fittizi.

Questo risultato è ottenuto mediante studiati accorgimenti narrativi e visivi. Dal punto di vista narrativo, la rappresentazione dell’evento secondo tre diverse prospettive permette di approfondire i singoli personaggi e mostrarne idee e conflitti. Dei tre, il personaggio volutamente più piatto è sicuramente l’assassino, del quale non è nemmeno rivelato il nome quasi a volerne negare ogni umanità. Per tutta la durata del lungometraggio egli viene rappresentato con uno sguardo cupo, reso efficacemente mediante inquadrature frontali del volto e degli occhi. Egli non esprime sentimenti diversi dall’odio e dalla rabbia cieca che lo porta a uccidere. Contrapposta a tale prospettiva è invece Valérie, la quale esprime inizialmente entusiasmo per la vita e passione per la sua carriera nel campo dell’ingegneria meccanica, sentimenti che però verranno traditi dal colloquio prima e dalla strage poi. La ragazza perde quindi progressivamente la fiducia nella vita, come la ragazza stessa affermerà esplicitamente nella lettera, che non verrà mai consegnata, alla madre del sicario. Nonostante questo non si è ancora arresa, tanto che afferma nella stessa lettera che se sua figlia sarà femmina, le insegnerà che il mondo è suo: troviamo qui quasi una ribellione, la volontà di non piegarsi e di combattere.

Stéphanie (Éveline Brochu) e Valérie (Karine Varnasse) a terra dopo l’aggressione

È proprio dal contrasto tra questi due personaggi e dalla traiettoria di Valérie che emerge un dolore psicologico prima ancora che fisico. Dolore psicologico che viene provato anche da Jean-François, il personaggio più combattuto del film, sospeso tra la paura e il desiderio di aiutare le compagne. Egli la fiducia nella vita la perde dopo la tragedia, come testimonia il suicidio. Il personaggio di Jean-François consente peraltro di mostrare come la violenza dell’assassino non colpisca solamente le donne uccise, ma anche le persone a loro vicine.

E proprio la prevalenza del dolore psicologico rispetto a quello fisico viene sottolineata dalla scelta del bianco e nero, che annulla i colori della violenza (come il rosso del sangue o le luci degli spari) e sembra proiettare la vicenda in una dimensione al di fuori del tempo e dello spazio, sospesa e priva di coordinate, come se non si volesse condannare solo la violenza di questo specifico caso ma la violenza immotivata più in generale. A dare questa impressione contribuisce anche l’inquadratura, nella parte iniziale del film, del quadro Guernica di Picasso, il cui proposito era proprio mettere a nudo la violenza dei bombardamenti sull’omonima cittadina spagnola. Le stesse inquadrature rallentate e le musiche gravi di pianoforte, oltre ai numerosi momenti di silenzio, contribuiscono a comunicare una sensazione di sfinimento e impotenza rispetto al massacro.

Quello che probabilmente manca e sarebbe stato desiderabile è un’analisi delle cause che hanno portato a un tale disprezzo delle donne (ad esempio, motivazioni culturali o politiche sociali) e alla carneficina (come l’eccessiva libertà nel possesso delle armi), in modo da poterne trarre degli insegnamenti su come prevenire ed evitare simili stragi. Questo è probabilmente dettato da una scelta dell’autore, che decide di focalizzarsi sul “come” anziché sul “perché”. Tutto sommato, però, al termine del film lo spettatore si ritrova sconcertato ma senza un messaggio propositivo, in una prospettiva pessimistica in cui la crudeltà sembra aver vinto.

Il killer, dopo essere uscito dall’aula, spara alle donne presenti nella scuola

Note positive

  • La narrazione da tre diverse prospettive
  • Il modo in cui è resa la disumanità del killer ed il contrasto con i personaggi di Valérie e Jean-François
  • La scelta del bianco e nero
  • Le musiche
  • L’interpretazione degli attori

Note negative

  • L’assenza di un’indagine più ampia sulle radici profonde dell’evento e sulle possibili azioni da intraprendere
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