Revolutionary Road: Aspettative e dissidi di una coppia americana (ma non solo)

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Trailer italiano di Revolutionary Road

Il celebre regista Sam Mendes, premiato con l’Oscar nel 2000 per American Beauty, dirige un film tratto dal romanzo Revolutionary Road (1961) scritto da Richard Yates. La sceneggiatura, a cura di Justin Haythe, e le musiche di Thomas Newman (che ha più volte collaborato con Mendes) realizzano un lungometraggio capace di ottenere 4 nomination ai Golden Globe e 3 agli Oscar. Nel cast, oltre a Kate Winslet (vincitrice del Golden Globe come migliore attrice in un film drammatico) e Leonardo DiCaprio, figurano anche Kathy Bates, Michael Shannon (candidato all’Oscar per la sua interpretazione in Revolutionary Road) e Zoe Kazan. Una particolarità riguarda la coppia DiCaprio – Winslet, riunita dopo Titanic (James Cameron, 1997) ed entrambi nominati al Golden Globe.

Trama di Revolutionary Road

Sono gli anni Cinquanta e Frank (Leonardo DiCaprio) e April Wheeler (Kate Winslet) rappresentano l’ideale coppia americana: giovani, con due figli e una elegante abitazione lungo Revolutionary Road, una tranquilla strada nel classico (e labirintico) suburbio statunitense. La loro relazione sembra apparentemente perfetta, tuttavia, per via di alcune delusioni e del trascorrere del tempo, April percepisce sempre più la costrizione verso quel luogo, divenuto ormai la sua “prigione”. L’incontro con John (Michael Shannon), figlio di Helen Givings (Kathy Bates), porta alla luce proprio tale situazione, rendendo ancora più labile il già compromesso rapporto tra Frank e April, e obbligando i due a trovare qualsiasi soluzione pur di ricostruire il loro legame.

Recensione di Revolutionary Road

Trasporre cinematograficamente il capolavoro di Richard Yates, con tutte le sue bellezze e difficoltà, era senz’altro la principale ambizione di Sam Mendes. E questo non solo per la responsabilità nei confronti di un romanzo che, nel 1962, ha raggiunto la fase finale del prestigioso National Book Award (vinto da L’uomo che andava al cinema di Walker Percy), ma anche per la resa filmica di quegli straordinari, complessi e così reali personaggi ideati dallo scrittore nato a Yonkers. In tal senso sono eccelse le interpretazione del cast, a partire dagli attori protagonisti Leonardo DiCaprio e Kate Winslet, con una doverosa menzione alle performances di Kathy Bates e Michael Shannon. I primi due, del resto, riescono a rendere autentiche le sinusoidali variazioni che caratterizzano la vita dei Wheeler, rimandando, attraverso alcune sequenze, al classico cinema alleniano, ma allo stesso tempo “aprendo” la prospettiva del film verso (ampi) temi di carattere sociale.

Perché i Wheeler rappresentano la classica famiglia che corrisponde all’American Dream anni ‘50: una giovane coppia di buoni costumi con due figli, una bella macchina e una casa “sbarazzina” al di sopra di una collinetta. Una coppia che appare, accolta proprio per il suo status dai vicini che abitano il tipico suburbio statunitense: distesa infinita di case, giardini, casalinghe indaffarate, uomini che si recano al lavoro. Come il Frank Wheeler che interpreta DiCaprio, puntuale nel raggiungere la stazione per salire sul treno diretto verso la città. Un marito abilmente “automatizzato” dalla regia di Sam Mendes con inquadrature a campo largo che lo ritraggono circondato da decine di persone simili per vestiario, comportamento e abitudini; copie infinite di quell’uomo che simboleggia il successo apparente e la scontentezza interiore. Quella che comincia a erodere il rapporto tra Frank e April, capace poi di trasformarlo in un vuoto; lo stesso che rischia di far sprofondare la loro vita, conducendoli verso continui conflitti, riappacificazioni, delusioni e speranze.

Ma i Wheeler, intrappolati in un profondo dramma, sono anche l’emblema di ciò che accade all’interno di un rispettabile quartiere ben poco “rivoluzionario”. Dietro le bianche pareti di una bella casa si consuma infatti il declino della loro relazione, un esito fortemente dissonante con quello che invece viene comunicato all’esterno. Così, allo stesso modo (pur con temi diversi) del più recente Suburbicon (George Clooney, 2017), Mendes presenta allo spettatore un accostamento stridente, scovando l’infelicità dove sembra non poterci essere. Perché in fondo casa Wheeler lungo Revolutionary Road non è altro che un nuovo avamposto di quella non vita da cui, inizialmente, Frank e April volevano prendere le distanze. Non certo provocando il sistema dell’esistenza “tradizionale”, ma tentando di fare ciò che più amano. In questo senso, il racconto di Frank riguardante il conflitto bellico in cui ha preso parte, così come i ricordi di April riguardo i primi incontri con il marito, raffigurano l’idea di partecipare a qualcosa, farne parte, essere decisivi e trovare un ruolo (ben preciso) nel mondo. Un ruolo che non può essere, secondo April, governare la casa o lavorare, come Frank, per la Noxt & Co. E questo non per senso di superiorità nei confronti dei vicini, ma per quella spontanea ricerca della felicità che non l’abbandonerà mai.

Un’estenuante ricerca con cui cercherà di spezzare le convinzioni dell’epoca, sforzandosi di convincere Frank a uscire da quell’illusione dorata per trasferirsi a Parigi, città libertina fortemente contrapposta al rigido sobborgo del Connecticut. Il suo pensiero, sorprendentemente compreso da John Givings (Michael Shannon), ambisce a ritrovare una libertà che sembra ormai persa, la stessa che, con grande suggestione, il regista Mendes abbina a Frank Wheeler in una scena del film. Una sequenza che rimanda ai sogni della giovinezza e alle belle aspettative, frantumando quelle “barriere” che, seppur invisibili, riescono a tramutare un’esistenza in puro dramma. Quello da cui vuole disperatamente sfuggire l’imprigionata April. Ma anche quello che fa dire allo spettatore: Corri, Frank. Corri. E non voltarti più indietro.

Note positive

  • Le interpretazioni di Leonardo DiCaprio, Kate Winslet, Kathy Bates e Michael Shannon
  • La regia di Sam Mendes
  • La scenografia

Note negative

  • Nessuna da segnalare
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