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Shutter
Titolo originale: Shutter
Anno: 2004
Nazione: Thailandia
Casa di produzione: GMMTV Company Limited
Distribuzione italiana: Lucky Red
Durata: 92 minuti
Regia: Banjong Pisanthanakun, Parkpoom Wongpoom
Sceneggiatura: Banjong Pisanthanakun, Parkpoom Wongpoom, Sopon Sukdapisit
Fotografia: Niramon Ross
Montaggio: Manop Boonvipat, Lee Chatametikool
Musiche: Chartchai Pongprapapan
Trailer di Shutter
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
Nel Settembre 2004 vedeva la luce il progetto d’esordio “Shutter” dei registi thailandesi Banjong Pisanthanakun e Parkpoom Wongpoom, progetto che nel 2024 può finalmente spegnere le 20 candeline. La pellicola approda il 30 giugno 2006 nei cinema italiani andando incontro a una tiepida accoglienza.
Nel 2008, il regista giapponese Masayuki Ochiai partorisce il decisamente meno riuscito remake dal titolo Ombre dal passato. Del resto il remake di un film orientale che non rende giustizia al prodotto originale non è certo un unicum (la mente va subito a Oldboy, ma la lista è lunga).
Trama di Shutter
Tun è un esperto fotografo thailandese. Una sera, lui e la fidanzata Jane, investono una ragazza con la macchina. Per non incorrere in complicazioni, i due scappano lasciandola accasciata sull’asfalto.
Dal giorno dopo, Tun si accorge che nelle sue fotografie c’è qualcosa che non va: strane ombre non riconducibili a difetti della macchina fotografica. L’evolversi della storia porterà a scoprire che la cosa ha radici ben più profonde di quanto sembrava. Ci sono cose del suo ragazzo che Jane ignora del tutto.
Recensione di Shutter
Già dalle prime righe di trama si nota come Shutter si muova su un campo già seminato. Ricorre a elementi e tematiche di Onibaba di Kaneto Shindo (caposaldo del j-horror basato su leggende popolari) e Jikogu di Nakagawa (da cui proviene l’espediente dell’incidente in auto). Inoltre non fa mistero dei riferimenti visivi a Ringu (1998) e Two sisters di Kim Ji-woon. Nonostante questo, Shutter si difende più che bene dalle accuse di scarsa originalità, unendo le sue influenze per formare qualcosa di diverso.
Una fotografia dominata da colori freddi suggerisce un mondo privo di speranza e soffocato dal rimorso. Mentre i frequenti coni d’ombra presenti negli interni danno la sensazione di non essere mai al sicuro. Solo la stanza di sviluppo dei negativi del fotografo viene meno a questa scelta, essendo illuminata di rosso, a indicare l’estrema importanza del luogo.
La tensione è lenta a venir fuori ma finisce per avvolgere lo spettatore in un asfissiante abbraccio da cui egli non si libererà fino ai titoli di coda. Il ritmo è costante e la tensione non cala mai. I jump-scares funzionano e non sono che ciliegine sulla torta per scene di paura ben congeniate e preparate. La messa in scena è lugubre al punto giusto e l’uso di effetti non digitali dà al paranormale una dimensione realistica. Inoltre la produzione ci tiene a sottolineare come le foto di spiriti siano reali e non ricreate appositamente per il film.
I temi del film
Da una parte Shutter racconta la storia di un uomo che cerca di andare avanti senza aver fatto i conti col proprio passato e del senso di colpa che grava come un macigno sulla sua coscienza. Dall’altra una donna caduta vittima dell’ingiustizia, una madre che non riesce ad accettarne la dipartita, un bambino che – nella sua purezza – riesce a vedere qualcosa che gli adulti sembrano ignorare.
Nel film sono ritratte le conseguenze dell’ignavia e dell’indifferenza, le cattiverie che siamo disposti a perpetrare per sentirci parte di un gruppo. La leggerezza con cui una persona può ferire qualcuno e l’ipocrisia con cui finge di non esserne responsabile. La macchina fotografica diventa simbolo della coscienza di Tun, sporcata dalle colpe del passato.
A differenza di quanto accadeva a Chris sul finale di Match Point, il senso di colpa non smette di attanagliare il protagonista di Shutter, come a voler segnalare la presenza di una giustizia naturale che Woody Allen – nel suo film – escludeva. Un film che lascia una certa amarezza, insieme all’idea che – dopotutto – siamo meno diversi dal protagonista di quanto ci piacerebbe pensare.
In conclusione
Chi ha amato Ringu e la saga di Ju On troverà nelle atmosfere di Shutter il suo habitat naturale. Chi invece è in cerca di un horror leggero e adolescenziale potrebbe trovare le tematiche di questo film troppo impegnate. Infine, chi è abituato all’horror cerebrale di Ari Aster o a quello sociopolitico di Romero potrebbe trovare la formula proposta da Shutter troppo semplice e scontata.
Si tratta però di una pellicola che merita assolutamente la visione e che – dietro l’apparente semplicità – nasconde una narrazione lucida e tutt’altro che superficiale.
Note positive
- Immagini evocative
- Brillante crescendo di tensione
- Storia semplice ma d’impatto
Note negative
- Concept derivativo che potrebbe risultare già visto