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Un americano a Roma
Titolo originale: Un americano a Roma
Anno: 1954
Nazione: Italia
Genere: Commedia
Casa di produzione: Excelsa Film, Ponti-De Laurentiis Cinematografica
Distribuzione italiana: Minerva Film
Durata: 1h 34min
Regia: Steno (pseudonimo di Stefano Vanzina)
Sceneggiatura: Sandro Continenza, Lucio Fulci, Ettore Scola, Alberto Sordi, Steno
Fotografia: Carlo Montuori
Montaggio: Giuliana Attenni
Musiche: Angelo Francesco Lavagnino, Alessandro Cicognini
Attori: Alberto Sordi, Maria Pia Casilio, Ilse Peterson, Anita Durante, Giulio Calì, Galeazzo Benti
Trailer di Un americano a Roma
“Maccarone m’hai provocato e io ti distruggo” è la celebre battuta per la quale tutti ricordiamo Un americano a Roma, commedia del 1954 per la regia di Steno. Nando Mericoni, protagonista del film, interpretato da Alberto Sordi, è ispirato a uno dei vari personaggi della commedia a episodi Un giorno in pretura (1953), diretta anch’essa da Steno. Selezionato nei 100 film italiani da salvare Un americano a Roma vede alla sceneggiatura anche lo stesso Sordi. La pellicola è stata distribuita in anteprima mondiale il 10 dicembre del 1954, mentre negli Stati Uniti la prima del film avvenne solo il 20 novembre 1985, al Carnegie Hall di New York.
Trama di Un americano a Roma
Nella Roma del secondo dopoguerra, Nando Moriconi è un giovane fannullone che vive le sue giornate nel mito dell’America: si fa chiamare Santi Bailor, arreda la sua camera da letto con riferimenti al cinema americano e alla cultura hollywoodiana, indossa bracciali di cuoio, cinture da cowboy, jeans e berretti da baseball. Il giovane protagonista, per sentirsi un vero americano, storpia persino la sua lingua mescolando il dialetto romano a uno pseudo-inglese che ricalca ironicamente l’accento statunitense. Nando trascorre quindi le sue giornate imitando il costume americano perché è convinto che la terra oltreoceano gli possa offrire un futuro da sogno.

Recensione di Un americano a Roma
Con la sua commedia Steno ci riporta nell’Italia degli anni ’50, un paese che, mentre si rialza dalle macerie della guerra, vagheggia la terra oltre l’Atlantico: il popolo italiano infatti, all’indomani della fine del secondo conflitto mondiale, esperisce il mito dell’America, poiché esso, fin dallo sbarco delle truppe statunitensi nel 1944, offre la speranza di un futuro prospero. Un Americano a Roma propone una satira del costume italiano degli anni immediatamente precedenti al boom economico, descrivendo con maestria tutte le sfaccettature del mito italiano dell’America, la terra dalle mille opportunità, ma della quale si poteva fruire soltanto in modo grossolano: con il superficiale culto dei divi di Hollywood, con un modello inopportuno di abbigliamento che somiglia quello dei cowboy, e con qualche espressione in un inglese approssimativo.
Alberto Sordi ci regala qui la sua seconda interpretazione da “vitellone”: lo avevamo infatti visto nel ruolo del bighellone Alberto ne I vitelloni (1953) di Federico Fellini, lo ritroviamo qui nei panni di Nando Moriconi alias Santi Bailor, giovane romano scansafatiche che vive le sue giornate all’insegna del made in USA, nella speranza di poter un giorno attraversare l’oceano e vivere nella terra dei suoi sogni, Kansas City. Nando in Un americano a Roma rappresenta dunque l’italiano o ancor di più l’europeo medio, un sognatore ad occhi aperti, l’esempio di una società che arranca nel far fronte alla ripresa economica del dopoguerra e nel frattempo si illude di essere quello che ancora non è.

Ci viene mostrata una società ibrida, a metà tra la cultura italo-romanesca e quella americana, nella quale il grattacielo, simbolo del progresso americano, è spesso accostato al Colosseo, emblema di una Roma antica e storica. Inoltre, il tema principale del film, quello del “mito“, risulta qui ridicolizzato da Steno attraverso una satira che accosta le due culture, al tempo ancora molto diverse. Lo spettatore è certamente divertito nel vedere Nando cenare con il tipico cibo americano, pane tostato con yogurt e marmellata, per poi osservarlo preferire i “maccheroni” italiani. Una satira simile la ritroviamo anche nelle scene in cui Nando mescola il dialetto romano con diciture o slang di pronuncia americana: ne escono espressioni comiche come orrait orrai o addirittura inventate come auanagana.
L’opera quindi si sviluppa sul genere della commedia poiché intrattiene il pubblico facendolo ridere in più occasioni. La satira viene scatenata dalla continua simmetria tra la dimensione del mondo americano e di quello romanesco: l’opposizione delle due culture diverte lo spettatore che si immedesima nel Nando ingenuo e sognatore. Il destino di Nando è infine pieno di tragicità: che la sua voglia d’America fosse una mera consolazione alla disperazione del dopoguerra lo conferma il finale del film nel quale scopriamo che l’ambasciatore americano, l’unico che avrebbe potuto realizzare il sogno di Nando di raggiungere l’America, è la stessa persona che, qualche tempo prima, aveva subìto un pericoloso incidente in macchina, causato dal fingere di sapere l’inglese del nostro protagonista.

In conclusione
Un americano a Roma risulta essere un classico senza tempo della commedia italiana, capace di divertire ancora oggi a distanza di quasi settant’anni. Steno dirige un’opera che destruttura il mito dell’America vissuto dalla generazione italiana del post-guerra e lo fa tramite un sottotono dissacrante che nasconde un profondo dramma: quello del risveglio di un sogno a occhi aperti.
Note positive
- Attori
- Sceneggiatura
- Comicità
Note negative
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