Un padre (2021): L’ardua risalita di una famiglia

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Trailer italiano di Un padre

Basato sul libro autobiografico scritto da Matt Logelin, dal titolo Two Kisses for Maddy (2011), Un padre, disponibile su Netflix dal 18 giugno, è diretto da Paul Weitz, regista nominato all’Oscar per la sceneggiatura (condivisa con Peter Hedges e Chris Weitz) di About a Boy (C. Weitz, P. Weitz, 2002). Adattato dallo stesso Weitz insieme a Dana Stevens (Gioco d’amore, S. Raimi, 1999; Vicino a te non ho paura, Lasse Hallström, 2013), il lungometraggio è curato dal direttore della fotografia Tobias Datum (Grandma, P.Weitz, 2015) e musicato dal 2 volte candidato ai Primetime Emmys Rupert Gregson-Williams (The Crown, 2016-2017; La battaglia di Hacksaw Ridge, M. Gibson, 2016; Wonder Woman, P. Jenkins, 2017). Nel cast figurano Kevin Hart (anche produttore del film), la candidata all’Oscar Alfre Woodard (La foresta silenziosa, M. Ritt, 1983; 12 anni schiavo, S. McQueen, 2013) e Paul Reiser (Innamorati pazzi, 1992-2019; Il metodo Kominsky, 2018-2021).

Melody Hurd e Kevin Hart

Trama di Un padre

Matt (Kevin Hart) si accinge ad affrontare il più bel giorno della sua vita. Ormai è tutto pronto in casa Logelin, con la moglie Liz (Deborah Ayorinde) in procinto di partorire la piccola Maddy (poi interpretata da Melody Hurd). In sala parto, tranquillizzati dalla calma attesa della futura nonna Anna (Thedra Porter), collegata a distanza, tutto procede alla perfezione, con Matt incaricato di procedere al taglio del cordone ombelicale. Tuttavia, soltanto il giorno dopo, Liz avverte un malore, lasciando improvvisamente il marito solo con Maddy. La scomparsa della moglie conduce Matt verso un periodo drammatico, in cui, pur con l’aiuto di Anna, Marion (Alfre Woodard) e Mike (Frankie Faison), le difficoltà non accennano a diminuire. Eppure, Matt prosegue nel suo tentativo di essere il miglior padre per Maddy, affrontando qualsiasi inconveniente come avrebbe fatto Liz…

Frankie Faison, Melody Hurd e Alfre Woodard

Recensione di Un padre

Di partenza, conoscendo soltanto cast tecnico e attori, era probabile – e aggiungerei lecito – attendersi un lungometraggio dal carattere originale, basato principalmente, sempre con un accurato equilibrio, sulle abilità già dimostrate dal cineasta Paul Weitz e da Kevin Hart, primo interprete di Un padre. Una previsione che in fondo viene resa attendibile dalle sequenze iniziali, di carattere drammatico ma velate di quel realismo, privo di (classici) incoraggiamenti fuori luogo e colmo di silenzi, istanti di sconforto in cui semplicemente si preferisce stare fermi, sdraiati su un letto a pensare a quel futuro così differente rispetto al passato. Weitz, in questo caso, riesce quindi a modificare un plot (quasi) tradizionale, affidandosi ad un attore, Kevin Hart, più conosciuto per i ruoli in Poliziotto in prova (T. Story, 2014) e Una spia e mezzo (R. M. Thurber, 2016).

Un fotogramma del film

Una scommessa che appare prossima alla vittoria proprio all’inizio del film, quando lo stesso attore nato a Philadelphia dimostra le sue capacità interpretative, recitando con un’eccellente empatia uno dei momenti più importanti. Tuttavia, ciò non definisce (purtroppo) il fil rouge del lungometraggio, caratterizzato di certo da interessanti sequenze ma, allo stesso tempo, dalla volontà, direi quasi spontanea, di definire un forzato mix tra momenti drammatici e non. Sia chiaro, l’originalità poteva consistere proprio in questo, discostandosi dalle tipiche atmosfere che contraddistinguono il genere, come già realizzato in About a Boy (C. Weitz, P. Weitz, 2002) e In Good Company (P. Weitz, 2004). Eppure, l’inserimento dello stesso Hart, interessato a rappresentare un ruolo (apparentemente) a lui poco congeniale, provoca un progressivo ammiccamento verso la commedia che è potenziale fonte di rischi.

DeWanda Wise

Perché il dramma è un genere particolare, capace di stonare facilmente ad ogni lieve modifica. Ciò che, parzialmente, accade anche nel film di Paul Weitz, volenteroso di rinnovare un filone cinematografico attraverso degli eccessi poco relazionati con la storia principale, nonostante la buona interpretazione corale degli attori. In tal senso, meritano un plauso la piccola Melody Hurd, Alfre Woodard e Frankie Faison, in grado di definire la buona strada non sempre seguita dal cast tecnico. Che definisce appunto un film a metà fra la commedia e il genere drammatico, non sfruttando completamente le (altre) potenzialità, finora ancora inespresse, da un attore come Kevin Hart. Interprete sospeso e direi addirittura costretto in una derivazione che allude ai suoi classici lungometraggi, oltreché compresso in una sceneggiatura che inserisce svariati temi secondari, come il rapporto con la nuova compagna (DeWanda Wise) e i problemi a scuola di Maddy.

Kevin Hart insieme alla piccola Melody Hurd

Note positive

  • La volontà di rinnovare un genere
  • Le interpretazioni (soprattutto) di Alfre Woodard e della piccola Melody Hurd

Note negative

  • L’eccessiva vena da commedia che caratterizza alcune sequenze
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